Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29643 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29643 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 33216-2019 proposto da:
PRINCIPI NAZARENO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 47/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 06/05/2019 R.G.N. 259/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con sentenza n.47/19, l a Corte d’appello di Ancona confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto la domanda di COGNOME COGNOME svolta nei
Oggetto
Pensione RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/10/2025
CC
confronti della RAGIONE_SOCIALE a favore dei RAGIONE_SOCIALE e avente ad oggetto la riliquidazione del proprio trattamento pensionistico di anzianità decorrente dal 2012. La riliquidazione era domandata sulla base di due ragioni: il computo del trattamento retributivo (c.d. quota A) sulle 24 migliori annualità andava compiuto a ritroso dalla data di pensionamento e non dal 2003, epoca del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo e, inoltre, non poteva applicarsi il coefficiente di neutralizzazione previsto dalla normativa regolamentare della RAGIONE_SOCIALE.
Secondo la Corte d’appello entrambi i profili andavano disattesi, trattandosi di trattamento pensionistico maturato successivamente al primo gennaio 2007, epoca di vigenza dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995 nella formulazione introdotta dall’art. 1, comma 763, l. n. 296 del 2006, che ha attenuato il rigore del rispetto del regime del pro -rata.
Avverso la sentenza, COGNOME COGNOME ricorre per quattro motivi, illustrati da memoria.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
All’odierna adunanza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce violazione dell’art.50 del Regolamento di esecuzione della RAGIONE_SOCIALE e/o dell’art. 3, co.12 l. n.335/95, per non
avere la Corte d’appello considerato che le 24 migliori annualità di reddito sono da computarsi a ritroso dalla data del pensionamento.
Con il secondo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce violazione dell’art.3, co.12 l. n.335/95, rispetto al quale sarebbe in contrasto l’art.53 del Regolamento di esecuzione della RAGIONE_SOCIALE, sicché non dovrebbe applicarsi alcun coefficiente di neutralizza zione sull’importo del trattamento pensionistico.
Con il terzo motivo di ricorso, NOME COGNOME propone questione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117 Cost. in relazione all’art. 6 CEDU, 3 Cost. e 76 e 77 Cost., 1, comma 763, l. n. 296 del 2006 e 1, comma 488, l. n. 147 del 2013, che hanno attenuato il rigore del rispetto del regime del pro -rata, se intesi nel senso di aver equiparato al valore della legge qualsivoglia Regolamento.
Con il quarto motivo di ricorso, NOME COGNOME propone, in alternativa alla questione di cui al precedente motivo, qualora si ritenga che le norme regolamentari antecedenti alla legge del 2006 siano legittime solo a condizione che siano conformi ai nuovi criteri introdotti dall’art. 1, comma 763, l. n. 296 del 2006, violazione dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995 come modificato dalla l. n. 296 del 2006, mediante l’adozione dell’art. 50 del Regolamento di esecuzione della RAGIONE_SOCIALE.
Premesso che il ricorso non è inammissibile per difetto di specificità essendo le censure sufficientemente enucleate, il primo, terzo e quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, attenendo alla stessa questione giuridica.
Essi sono infondati.
Va qui richiamato quanto già affermato da questa Corte (Cass.25431/2023) in analogo precedente, avente ad oggetto un trattamento pensionistico maturato successivamente al 2007.
In particolare, si è specificato che il regolamento della RAGIONE_SOCIALE ha modificato il sistema di gestione, passando, gradualmente, dal sistema di calcolo reddituale a quello contributivo, con individuazione, nella tabella ad esso allegata, di diversi periodi di riferimento, a seconda della decorrenza della pensione. Tale regolamentazione è stata giudicata coerente con l’obbligo di assicurare l’equilibrio di bilancio di cui alla l. n.335 del 1995, art. 3, comma 12, e posta a salvaguardia delle posizioni degli assicurati che possano far valere un periodo di effettiva iscrizione e contribuzione antecedente il 1° gennaio 2004; infatti, le Sezioni Unite della Corte, nella Sentenza n. 17742 del 2015, optando per la soluzione già offerta da Cass. n. 24221 del 2014, hanno ritenuto che, in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, la liquidazione dei trattamenti pensionistici, a partire dal 1 gennaio 2007, è legittimamente operata sulla base della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, riformulato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che, nel prevedere che gli enti previdenziali adottino i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario, impone solo di aver presente e non di applicare in modo assoluto – il principio del “pro rata”, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti, e comunque tenendo conto dei
criteri di gradualità e di equità tra generazioni, con salvezza degli atti approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006 e che, in forza della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488 (il quale ha contenuto chiarificatore del dettato legislativo e non viola i canoni legittimanti l’intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo), si intendono legittimi ed efficaci purché siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine (il principio è stato ribadito da Sez. U, Sentenza n. 18136 del 2015).
Quanto poi alla violazione dell’art.50 del Regolamento, e alla interpretazione dello stesso secondo cui dovrebbe aversi riguardo agli ultimi 24 redditi annuali decorrenti a ritroso dalla data del pensionamento, basti dire che il rilievo è inammissibile. I Regolamenti adottati dalla RAGIONE_SOCIALE allo scopo di disciplinare il rapporto contributivo degli iscritti e le prestazioni previdenziali e assistenziali da corrispondere, non si configurano come previsioni regolamentari in senso proprio, ma come fonti negoziali, nonostante la successiva approvazione con decreto ministeriale. Il sindacato di questa Corte è dunque limitato all’ipotesi in cui venga dedotta una violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 c.c. (Cass.8592/2025, Cass.27541/2020). Ora, il motivo non prospetta alcuna violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 ss. c.c., assumendo, nella sostanza, il Regolamento come norma direttamente violata.
Per quanto fin qui detto non si ravvisano i presupposti per promuovere l’incidente di costituzionalità richiesto.
Il secondo motivo è infondato. Occorre dare continuità ai principi espressi da questa Corte che, in tema di trattamento pensionistico dei RAGIONE_SOCIALE e dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha più volte considerato legittima la previsione di un coefficiente di neutralizzazione (v. Cass. n.36709 del 2023). Questa Corte ha poi chiarito che non soggiace al principio del pro rata il coefficiente introdotto dalle delibere della RAGIONE_SOCIALE a favore dei RAGIONE_SOCIALE del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003 e disciplinato dal Regolamento in vigore dal 1° gennaio 2004 (Cass. n.28253 del 2018).
Le spese di lite seguono la soccombenza di parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 3.000,00 per compensi, €200 ,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge; i sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.