Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31716 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31716 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1126-2018 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 663/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 20/06/2017 R.G.N. 393/2016;
Oggetto
R.G.N. 1126/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Messina, in riforma della decisione di prime cure, ha rigettato la domanda volta ad ottenere la riliquidazione della pensione di vecchiaia in godimento non commisurata a tutta l’attività di lavor o dipendente svolta in Svizzera nell’arco di circa 35 anni e di quella autonoma di artigiano , svolta in Italia in limitati periodi, e l’errata attribuzione della pensione di anzianità per lavoro autonomo, in luogo di quella di vecchiaia per lavoratore dipendente;
per la Corte di merito, in applicazione della L. n. 296 del 2006, art.1, comma 777, in ipotesi di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata in conformità dei criteri stabiliti dalla anzidetta disposizione;
ricorre avverso tale sentenza NOME COGNOME con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso l’INPS;
CONSIDERATO CHE
oggetto del contendere è la legittimità o meno delle modalità di liquidazione della pensione spettante ai cittadini italiani che hanno prestato attività lavorativa in Svizzera: il ricorrente, infatti, si duole del fatto che l’INPS gli abbia liquidato la pensione assumendo come base di calcolo non già la retribuzione effettivamente percepita in tale Paese (come a suo avviso avrebbe dovuto fare in virtù
del disposto dell’art. 1, L. n. 283/1973, che, nel ratificare la Convenzione stipulata tra l’Italia e la Svizzera in materia di sicurezza sociale del 4.7.1969 aveva fissato il principio secondo cui il calcolo della loro pensione sarebbe stato effettuato come se l’assicurato avesse lavorato in Italia), bensì una retribuzione teorica, ottenuta rapportando la retribuzione effettiva al maggior importo dei contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti qualora essi avessero effettivamente lavorato in Italia, secondo modalità poi consacrate dall’art. 1, comma 777, L. n. 296/2006, che, nel dettare l’interpretazione autentica dell’art. 5, comma 2°, d.P.R. n. 488/1968, ha previsto che esso s’interpreti nel senso che «in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono», facendo salvi «i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge»;
il primo motivo, con il quale si devolve violazione di legge, è infondato alla stregua del consolidato orientamento di legittimità;
questa Corte già chiarito (v. Cass. n. 1649/2018 ed ivi ulteriori precedenti) che la vicenda per cui è causa, concernendo il trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti
previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, e non già la totalizzazione dei contributi prevista dal Regolamento cit. quale unica misura rilevante ai fini pensionistici, inerisce ad una disciplina normativa peculiare ai rapporti fra Italia
e Confederazione Svizzera, estranea all’ambito previsionale della legislazione comunitaria in tema di sicurezza sociale (Cass. nn. 11406/2013, 22551/2013, 22798/2013, 22874/2013 e 22877/2013);
si è affermato, infatti, che gli artt. 3, n. 1, e 10 del Regolamento CE n. 1408/1971, si limitano ad affermare la regola, rispettivamente, secondo cui «le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni del presente regolamento, sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato» e che «le prestazioni in danaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, le rendite per infortunio sul lavoro o per malattia professionale e gli assegni in caso di morte acquisiti in base alla legislazione di uno o più Stati membri, non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice»;
contrari argomenti non possono desumersi da quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 15.1.2002, C-55/00, COGNOME secondo la quale, «nel mettere in pratica gli impegni assunti in virtù di convenzioni internazionali, indipendentemente dal fatto
che si tratti di una convenzione tra Stati membri ovvero tra uno Stato membro e uno o più paesi terzi, gli Stati membri devono rispettare gli obblighi loro incombenti in virtù del diritto comunitario»: come già rilevato da questa Corte nella pronuncia dianzi cit., trattasi infatti di decisione adottata in una vicenda in cui oggetto del contendere era precisamente il diritto della pensionata ad ottenere la totalizzazione dei contributi rivenienti dal lavoro svolto in Italia, in Francia e nella Confederazione Svizzera, negatole dall’INPS sul (solo) presupposto che non avesse cittadinanza italiana, e dunque in fattispecie affatto differente da quella per cui è causa, nella quale, ripetesi, si controverte circa le modalità della ricongiunzione dei contributi e non della loro totalizzazione;
il secondo motivo è inammissibile, non essendo spendibile il novellato vizio di motivazione in presenza di doppia decisione conforme;
in conclusione, la sentenza impugnata è immune da censure;
le spese seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del l’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.