Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27609 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27609 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28151-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 669/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/07/2018 R.G.N. 195/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Avvocati cassa previdenza rivalutazione
R.G.N. 28151/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/05/2024
CC
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME di riliquidazione della loro pensione previa rivalutazione dei loro redditi a partire dal 1980 e quindi mediante applicazione dell’indice di rivalutazione Istat per l’anno 1979/1980, anziché a partire dal 1983, come fatto dalla RAGIONE_SOCIALE.
Riteneva la Corte che l’art.27, ult. co. l. n.576/80 si applicasse anche alle pensioni maturate successivamente al 1980; né la riliquidazione poteva essere negata per il fatto che i pensionati, dal 1980 in poi, non avevano pagato il maggior importo della contribuzione parametrato alla rivalutazione decorrente dal 1980. Il Regolamento della RAGIONE_SOCIALE che vietava il computo ai fini del calcolo della pensione degli anni di iscrizione nei quali vi è stata una parziale omissione contributiva – precisava la Corte – non era applicabile, in quanto approvato nel 2006 e stante la regola di irretroattività. Infine, la Corte respingeva la domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE di condanna al pagamento delle differenze contributive, siccome prescritta, trattandosi di contributi maturati prima del 2000.
Avverso la sentenza, la RAGIONE_SOCIALE ricorre per quattro motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso, illustrato da memoria.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2, 10, 15, 16, 26, 27 l. n.576/80 e 2116 c.c. per non avere la Corte ritenuto che la rivalutazione decorresse dal 1983 anziché dal 1980.
Con il secondo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 10 l. n.576/80 per avere la Corte riliquidato il trattamento pensionistico nonostante non fossero stati versati i maggiori contributi dovuti a seguito di rivalutazione decorrente dal 1980.
Con il terzo motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e 2116 c.c., degli artt.2, 9, 10 l. n.576/80 e dell’art.3, co.9 l. n.335/95, in relazione al Regolamento della RAGIONE_SOCIALE 16.12.2005, approvato nel 2006, per non avere la Corte applicato il Regolamento ad NOME COGNOME, andato in pensione nel 2009, e quindi dopo la sua entrata in vigore. Quanto stabilito dal Regolamento, inoltre, era già deducibile dall’art.2 l. n.576/80.
Con il quarto motivo di ricorso, la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2, 10, 11, 12 l. n.576/80, dell’art.3, co.9 l. n.335/95, e degli artt.1362 e 2116 c.c. Il motivo contesta che fosse maturata la prescrizione delle differenze contributive.
Il primo motivo è infondato.
Diversamente da quanto argomenta la RAGIONE_SOCIALE, questa Corte, a Sezioni Unite (sentenza n.7281/04), ha affermato che l’art.27, ult. co. l. n,576/80 è una norma non di carattere transitorio ma avente portata generale. Essa cioè si applica per tutte le pensioni: sia per quelle antecedenti alla data di entrata in vigore della legge, sia per quelle maturate successivamente e, in particolare, per quelle maturate dopo il 1982; per queste si deve far riferimento all’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della legge e quindi all’indice medio annuo del 1981, contenente i dati di svalutazione del 1980 (v. da ultimo Cass.16586/23).
Da tale orientamento non v’è ragione di discostarsi, non offrendo il motivo argomenti decisivi in senso contrario. Considerato che le pensioni di cui si tratta, come accertato dalla sentenza impugnata, hanno decorrenza dal 2000, e quindi da data successiva al 1982, è corretta la decisione della Corte d’appello di applicazione della rivalutazione a partire dal 1980.
Il secondo motivo è fondato.
Va premesso che, ai sensi del combinato disposto degli artt.16, co.3 e 27, ult. co. l. n.576/80, la rivalutazione dei redditi percepiti a far data dal 1980 operava non solo ai fini del calcolo del trattamento pensionistico, ma anche ai fini dell’aumento del reddito su cui applicare la percentuale del contributo soggettivo (art.10 l. n.576/80). Quindi, a decorrere dal 1980, in base all’art.16 si ebbe un correlato aumento della contribuzione dovuta (tramite la rivalutazione dei redditi su cui applicare l’aliquota contributiva).
È pacifico che tale maggiorazione contributiva non fu applicata dalla RAGIONE_SOCIALE e che, dunque, per tutti gli anni di
anzianità successivi al 1980 e fino al pensionamento, si ebbe una contribuzione solo parziale.
Ciò nonostante, la Corte d’appello ha riliquidato la pensione parametrandola a una ipotetica contribuzione piena, come se non vi fosse stata omissione contributiva. In tal modo, la Corte ha violato il principio più volte affermato da questa Corte (Cass.5672/12, Cass.7621/15, Cass.15643/18) secondo cui la parziale contribuzione, se non vale ad azzerare l’anzianità, incide comunque sul calcolo dell’ammontare della pensione, la quale va commisurata alla sola contribuzione effettivamente versata, escludendosi ogni automatismo delle prestazioni in assenza di contribuzione, poiché il principio di automatismo della prestazione vige per il lavoro dipendente ma è inapplicabile alla previdenza dei liberi professionisti.
L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento dei restanti.
In conclusione, la sentenza va cassata in relazione al secondo motivo, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione per i conseguenti accertamenti e per la statuizione sulle spese di lite del presente giudizio di cassazione.