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Rifiuto lavoro straordinario: licenziamento legittimo

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore che si era opposto a una richiesta di lavoro straordinario per poi svolgere, nello stesso weekend, un’attività concorrenziale per un terzo. La sentenza chiarisce che il rifiuto lavoro straordinario è ingiustificato se la richiesta del datore è legittima e basata su reali esigenze produttive, e che la condotta assume particolare gravità se abbinata alla violazione dell’obbligo di fedeltà.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Rifiuto lavoro straordinario e attività concorrenziale: licenziamento per giusta causa

Un dipendente può legittimamente opporsi a una richiesta di lavoro straordinario? E cosa accade se, dopo il diniego, utilizza quel tempo per svolgere un’attività concorrenziale? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21176/2024, ha affrontato un caso emblematico, confermando la legittimità di un licenziamento per giusta causa basato su un duplice addebito: l’ingiustificato rifiuto lavoro straordinario e la violazione dell’obbligo di fedeltà. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui doveri del lavoratore e sui limiti del potere del datore di lavoro.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda un imbianchino licenziato da un’impresa edile. La società, a causa dell’urgenza di terminare alcuni cantieri, aveva chiesto ai dipendenti di prestare lavoro straordinario il sabato. Il lavoratore si era rifiutato di sottoscrivere l’ordine di servizio. Successivamente, l’azienda scopriva che, proprio durante quel fine settimana (sabato e domenica), il dipendente aveva svolto lavori di edilizia presso l’abitazione di un privato.

Secondo la contestazione aziendale, questa condotta integrava un duplice illecito disciplinare:
1. L’ingiustificato rifiuto di eseguire la prestazione di lavoro straordinario, legittimamente richiesta per far fronte a indifferibili esigenze produttive.
2. Lo svolgimento di attività in concorrenza, in violazione del regolamento aziendale e del generale obbligo di fedeltà, peraltro eseguita indossando la divisa aziendale.

Il lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo che fosse illegittimo e ritorsivo. Tuttavia, sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello respingevano il suo ricorso, confermando la validità del recesso datoriale.

La decisione e le motivazioni sul rifiuto lavoro straordinario

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, ritenendo infondati tutti i motivi di doglianza. L’analisi della Suprema Corte si è concentrata sui due pilastri del licenziamento.

La Legittimità della Richiesta di Lavoro Straordinario

Il lavoratore sosteneva che la richiesta di straordinario fosse illegittima perché impartita senza il preavviso di 48 ore previsto dal contratto collettivo e senza specificare le condizioni. La Cassazione ha respinto questa tesi, allineandosi alla valutazione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che le ragioni di urgenza, dettate dalla necessità di completare i lavori per la committenza, giustificavano pienamente la deroga al preavviso. La richiesta, inoltre, non era indeterminata (sine die), ma funzionale alla chiusura di uno specifico cantiere. Il potere del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie, se esercitato nel rispetto dei canoni di correttezza e buona fede e delle previsioni contrattuali, è legittimo e il rifiuto del dipendente, se privo di giustificato motivo, costituisce un inadempimento disciplinarmente rilevante.

L’Attività Concorrenziale e la Violazione dell’Obbligo di Fedeltà

Il secondo punto cruciale era l’attività svolta dal lavoratore nel fine settimana. Il dipendente si era difeso sostenendo che si trattasse di un favore gratuito reso a un amico. Tuttavia, la Corte ha ritenuto irrilevante la qualificazione giuridica (lavoro o favore) data dal lavoratore all’attività. Ciò che contava era il fatto storico, non contestato: il lavoratore, dopo aver negato la propria disponibilità all’azienda, aveva impiegato il suo tempo in un’attività analoga a quella prestata per il datore di lavoro, peraltro in modo organizzato e utilizzando la divisa aziendale. Questo comportamento è stato considerato una palese violazione dell’obbligo di fedeltà, che vieta al dipendente di svolgere attività in concorrenza con l’imprenditore.

Le Conclusioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha concluso che la gravità della condotta del lavoratore non risiedeva in uno solo dei due addebiti, ma nella loro combinazione. La valutazione di proporzionalità del licenziamento è stata correttamente effettuata dai giudici di merito, che hanno sottolineato la stretta correlazione tra il rifiuto lavoro straordinario e lo svolgimento, nella stessa giornata, di un’attività concorrenziale. Questo duplice comportamento ha minato in modo irreversibile il rapporto di fiducia, elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato, giustificando così il licenziamento per giusta causa.

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il lavoratore non può sottrarsi arbitrariamente ai propri doveri contrattuali, come la prestazione di lavoro straordinario richiesta per legittime esigenze aziendali, per poi dedicarsi ad attività che danneggiano o si pongono in concorrenza con gli interessi del proprio datore di lavoro.

Un lavoratore può sempre rifiutare di fare lavoro straordinario?
No. Il rifiuto è ingiustificato se la richiesta del datore di lavoro è legittima, ovvero basata su reali esigenze tecnico-produttive, e conforme alle disposizioni di legge e del contratto collettivo. Come stabilito nel caso di specie, comprovate ragioni di urgenza possono giustificare anche una deroga al termine di preavviso.

Svolgere un’attività per un amico nel tempo libero può essere causa di licenziamento?
Sì, se tale attività si configura come concorrenziale rispetto a quella del datore di lavoro. Secondo la Corte, ciò che rileva è la violazione dell’obbligo di fedeltà, a prescindere dal fatto che l’attività sia retribuita o resa a titolo di cortesia. La gravità aumenta se tale condotta avviene in concomitanza con un ingiustificato rifiuto di una prestazione lavorativa.

Il licenziamento è stato considerato valido solo per il rifiuto del lavoro straordinario?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la giusta causa di licenziamento derivava dalla gravità del “duplice addebito”. È stata la combinazione tra l’ingiustificato rifiuto di prestare lavoro straordinario e lo svolgimento, nello stesso periodo, di un’attività in concorrenza a rendere la condotta del lavoratore talmente grave da ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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