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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio

La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima la riduzione del trattamento accessorio operata da un’azienda sanitaria tramite un taglio forfettario del 30%. La sentenza stabilisce che le norme sul contenimento della spesa pubblica impongono di “cristallizzare” i fondi al livello del 2010 e di ridurli solo in misura proporzionale alla diminuzione del personale, non attraverso tagli lineari e indifferenziati. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questi principi.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Riduzione trattamento accessorio: il taglio forfettario è illegittimo

In un contesto di contenimento della spesa pubblica, la questione della riduzione del trattamento accessorio dei dipendenti pubblici è spesso al centro di contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: le pubbliche amministrazioni non possono applicare tagli salariali forfettari e indifferenziati, ma devono seguire le specifiche procedure previste dalla legge. Questo principio tutela i diritti dei lavoratori e garantisce che i sacrifici richiesti siano equi e proporzionati.

I Fatti di Causa

Un gruppo di dirigenti medici di un’Azienda Sanitaria Locale si è opposto a una decisione del proprio datore di lavoro che, nel 2012, aveva disposto una decurtazione del 30% della loro remunerazione variabile aziendale. L’azienda giustificava tale misura con l’esigenza di ridurre i fondi contrattuali per rispettare i vincoli di spesa pubblica. I medici, ritenendo il taglio arbitrario e illegittimo, hanno adito le vie legali per ottenere la restituzione delle somme trattenute.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le loro ragioni, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo legittima la riduzione in quanto considerata ‘provvisoria’ e finalizzata a una futura riorganizzazione. I lavoratori hanno quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: la riduzione del trattamento accessorio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei dirigenti medici, cassando la sentenza d’appello e stabilendo un principio di diritto cruciale. I giudici hanno chiarito che la normativa sul contenimento della spesa (in particolare l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010) non autorizza un taglio percentuale fisso e indiscriminato sul trattamento economico accessorio dei singoli dipendenti.

La legge prevede, invece, un meccanismo diverso: la ‘cristallizzazione’ dei fondi destinati a tale trattamento all’importo del 2010. Questo importo funge da tetto massimo per gli anni successivi e deve essere automaticamente ridotto, ma solo in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio. Un taglio del 30% ‘a forfait’, come quello applicato dall’Azienda Sanitaria, contrasta direttamente con la lettera e la finalità della norma.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che l’obiettivo del legislatore è contenere la spesa pubblica agendo sull’ammontare complessivo delle risorse, non penalizzando in modo arbitrario i singoli lavoratori. Il metodo corretto per dare attuazione alla norma è il seguente:

1. Ricalcolare i Fondi: I fondi per il trattamento accessorio devono essere ricalcolati partendo dal valore del 2010.
2. Depurare i Fondi: Da questo importo vanno sottratte le quote relative al personale cessato dal servizio.
3. Calcolo Individuale: Solo a questo punto si può determinare quanto spetta a ciascun medico in servizio, sulla base delle graduazioni esistenti.

Un taglio lineare del 30% è illegittimo perché non segue questa procedura e lede il diritto soggettivo del lavoratore a una retribuzione calcolata secondo le regole normative e contrattuali. Sebbene l’amministrazione possa avere la necessità di recuperare somme eventualmente pagate in eccesso, non può farlo attraverso una trattenuta forfettaria, ma deve procedere a una corretta rideterminazione del dare-avere tra le parti.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela dei diritti dei dipendenti pubblici. Stabilisce che le esigenze di bilancio non possono giustificare misure unilaterali e arbitrarie da parte del datore di lavoro pubblico. La riduzione del trattamento accessorio è possibile, ma solo nel rispetto delle procedure specifiche indicate dal legislatore, che garantiscono proporzionalità e correttezza. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà ora conformarsi a questi principi e procedere alle necessarie verifiche contabili per stabilire le esatte somme dovute ai lavoratori.

È legittimo per una Pubblica Amministrazione ridurre lo stipendio accessorio dei dipendenti con un taglio percentuale fisso (es. 30%) per contenere la spesa?
No, secondo la Corte di Cassazione un taglio forfettario e percentuale sul trattamento accessorio individuale non è legittimo, in quanto la normativa prevede un meccanismo specifico basato sulla riduzione proporzionale del fondo complessivo.

Qual è il metodo corretto per ridurre i fondi per il trattamento accessorio secondo la legge?
Il metodo corretto consiste nel ‘cristallizzare’ l’ammontare complessivo dei fondi a quello dell’anno 2010 e, successivamente, ridurlo in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio. Il fondo così ricalcolato viene poi distribuito tra i dipendenti aventi diritto.

Cosa succede dopo che la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello?
La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, procedendo a quantificare correttamente la riduzione del fondo e a determinare l’eventuale dare-avere tra l’azienda sanitaria e i dirigenti medici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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