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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio

Una Azienda Sanitaria Locale ha ridotto la retribuzione variabile di un dirigente medico con un taglio forfettario del 30%. La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima tale modalità. Il metodo corretto per la riduzione del trattamento accessorio deve essere proporzionale alla diminuzione del personale, come previsto dalla legge, e non basato su una percentuale arbitraria. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo calcolo delle somme effettivamente dovute.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Riduzione Trattamento Accessorio: la Cassazione Boccia i Tagli Forfettari

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9098/2024, è intervenuta su un tema di grande attualità nel pubblico impiego: la riduzione trattamento accessorio dei dirigenti. La sentenza chiarisce i limiti imposti alle Pubbliche Amministrazioni, stabilendo che i tagli alla retribuzione variabile non possono essere effettuati in modo forfettario e arbitrario, ma devono seguire precisi criteri normativi. Il caso specifico riguardava un dirigente medico che si era visto decurtare lo stipendio del 30% da parte della sua Azienda Sanitaria Locale.

I Fatti del Caso: un Taglio Lineare del 30%

Una Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.), per far fronte a esigenze di contenimento della spesa e riduzione dei fondi contrattuali, decideva di modificare il trattamento economico variabile dei propri dirigenti medici. In particolare, con un provvedimento del 2012, disponeva una diminuzione lineare del 30% della remunerazione variabile aziendale.

Un dirigente medico, ritenendo illegittima tale decurtazione, conveniva in giudizio l’Azienda. Sosteneva che la condotta fosse arbitraria e in contrasto con la contrattazione collettiva e con le normative sulla spesa pubblica, le quali prevedono sì la possibilità di una riduzione dei fondi, ma secondo criteri specifici e non attraverso un taglio indiscriminato.

Mentre il Tribunale di primo grado rigettava la domanda del lavoratore, la Corte d’Appello ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado accoglievano l’appello del dirigente, dichiarando l’illegittimità della decurtazione e condannando l’A.S.L. alla restituzione delle somme indebitamente trattenute. L’Azienda, non condividendo la sentenza, proponeva quindi ricorso in Cassazione.

La Normativa di Riferimento per la Riduzione Trattamento Accessorio

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 9, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2010. Questa norma, introdotta per contenere la spesa pubblica, stabilisce due principi fondamentali:

1. Cristallizzazione dei fondi: L’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio non può superare quello corrispondente all’anno 2010.
2. Riduzione proporzionale: Tale importo deve essere automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.

Questo significa che la legge non autorizza un taglio percentuale fisso, ma impone un meccanismo dinamico: se il numero dei dipendenti diminuisce, anche il fondo per i loro stipendi accessori deve diminuire in proporzione. L’obiettivo è evitare che, a parità di fondo ma con meno personale, i singoli dipendenti ricevano un aumento ingiustificato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’A.S.L. “per quanto di ragione”, cassando la sentenza d’appello con rinvio. Sebbene i giudici di legittimità abbiano confermato l’illegittimità del taglio forfettario del 30%, hanno individuato un errore nel ragionamento della Corte d’Appello.

La Suprema Corte ha affermato che la riduzione operata dall’Azienda attraverso un taglio percentuale fisso contrasta con la lettera della norma. Un’operazione del genere è illegittima perché non segue le dinamiche previste dalla legge, ovvero il ricalcolo dei fondi basato sulla “cristallizzazione” al 2010 e sulla riduzione proporzionale legata alle cessazioni dal servizio.

Tuttavia, la Corte d’Appello aveva sbagliato nel condannare l’A.S.L. alla semplice e totale restituzione di quanto trattenuto. Secondo la Cassazione, l’illegittimità della modalità di taglio non implica automaticamente che al lavoratore spetti l’intera somma. È necessario, invece, procedere a un ricalcolo contabile per determinare il corretto “dare-avere” tra le parti.

In altre parole, il giudice del rinvio dovrà:
1. Ricalcolare l’ammontare corretto dei fondi per il trattamento accessorio per gli anni in questione, applicando i principi di cristallizzazione e riduzione proporzionale.
2. Determinare quanto sarebbe spettato al dirigente medico sulla base di questi fondi correttamente calcolati.
3. Confrontare tale importo con quanto effettivamente percepito dal lavoratore.

Solo la differenza, se esistente, costituirà il credito del dirigente nei confronti dell’Azienda.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto fermo per la gestione del salario accessorio nel pubblico impiego. La Corte di Cassazione ribadisce che le esigenze di contenimento della spesa pubblica, pur legittime, devono essere perseguite nel rispetto delle regole. La riduzione del trattamento accessorio non può avvenire tramite scorciatoie come i tagli lineari, ma deve seguire un processo trasparente e conforme alla legge. Al contempo, si chiarisce che l’illegittimità di un provvedimento datoriale non comporta automaticamente il diritto a una restituzione integrale, ma impone una verifica puntuale della corretta applicazione delle norme per stabilire l’esatto ammontare delle spettanze.

Una Pubblica Amministrazione può ridurre il trattamento economico accessorio dei dipendenti con un taglio percentuale fisso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una riduzione operata con un taglio percentuale forfettario (in questo caso del 30%) è illegittima perché non rispetta i criteri previsti dalla legge.

Qual è il metodo corretto per ridurre i fondi destinati al trattamento accessorio secondo la legge?
La normativa (art. 9, comma 2-bis, d.l. n. 78/2010) prevede la “cristallizzazione” dei fondi all’importo del 2010 e una successiva riduzione automatica in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.

Se un taglio forfettario è illegittimo, il lavoratore ha diritto alla restituzione integrale delle somme trattenute?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che, pur essendo il taglio illegittimo nella sua modalità, bisogna comunque ricalcolare quanto sarebbe spettato al dipendente se l’amministrazione avesse applicato il corretto criterio di riduzione proporzionale. Il lavoratore ha diritto solo all’eventuale differenza, non alla restituzione automatica di tutto l’importo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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