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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25532/2024, ha stabilito l’illegittimità del taglio forfettario applicato da un’azienda sanitaria locale sul trattamento accessorio dei suoi dirigenti medici. La Corte ha chiarito che la normativa sulla revisione della spesa pubblica impone una riduzione delle risorse destinate ai salari accessori in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio, e non attraverso un taglio percentuale generalizzato. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame che applichi correttamente tale principio di calcolo.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

La riduzione del trattamento accessorio: quando è legittima?

La questione della riduzione del trattamento accessorio nel pubblico impiego è un tema delicato, che contrappone le esigenze di contenimento della spesa pubblica con la tutela dei diritti retributivi dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui criteri che le amministrazioni devono seguire, bocciando i tagli forfettari e indiscriminati.

I Fatti di Causa

Due dirigenti medici di un’azienda sanitaria locale si sono visti decurtare il loro trattamento economico variabile aziendale. L’ente pubblico aveva giustificato tale taglio come applicazione delle norme sulla spending review, in particolare l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. 78/2010. Questa norma mirava a contenere la spesa per il personale bloccando (‘cristallizzando’) i fondi per i salari accessori al livello del 2010 e riducendoli in proporzione alla diminuzione del personale.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai dirigenti medici. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo legittima la decurtazione operata dall’azienda sanitaria. Secondo i giudici d’appello, la riduzione rientrava in un quadro normativo di contenimento della spesa pubblica, attuato attraverso specifici decreti commissariali. I dirigenti hanno quindi presentato ricorso in Cassazione.

La questione giuridica sulla riduzione del trattamento accessorio

Il nodo centrale della controversia era il metodo utilizzato per la riduzione del trattamento accessorio. I ricorrenti sostenevano che la legge prevede una riduzione dei fondi complessivi (‘il monte salari’) in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. L’azienda sanitaria, invece, aveva applicato un taglio forfettario direttamente sulla retribuzione individuale dei dirigenti, senza un ricalcolo basato sulla variazione del numero dei dipendenti. Si contestava quindi la legittimità di un taglio lineare, che non teneva conto dei criteri stabiliti dalla fonte normativa primaria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi dei dirigenti medici, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo giudizio. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio già espresso in precedenza (sentenza n. 32594/2023), chiarendo l’esatta interpretazione dell’art. 9, comma 2-bis del d.l. 78/2010.

Il ragionamento della Corte si basa su due punti fondamentali:

1. Cristallizzazione e Riduzione Proporzionale: La norma impone prima di tutto di ‘cristallizzare’ l’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio a quello del 2010. Successivamente, questo importo deve essere ‘automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio’. Ciò significa che se il personale diminuisce, i fondi liberati dalle cessazioni non possono essere redistribuiti tra i dipendenti rimasti, ma devono essere decurtati dal monte salari complessivo per generare un risparmio per l’erario.

2. Illegittimità del Taglio Forfettario: Un taglio percentuale fisso (come quello del 30% applicato nel caso di specie) sulla quota variabile di ogni singolo medico contrasta con la lettera e la finalità della norma. La riduzione deve agire sul fondo complessivo e non sulla retribuzione individuale in modo arbitrario. L’operazione corretta, seppur complessa, consiste nel ricalcolare i fondi anno per anno in base alle cessazioni e poi suddividere le risorse così rideterminate tra il personale in servizio, secondo i criteri di graduazione previsti dalla contrattazione collettiva.

La Corte ha specificato che il giudice ordinario ha piena competenza nel valutare la lesione del diritto soggettivo del lavoratore a una corretta retribuzione, anche se ciò richiede di verificare incidentalmente la correttezza del calcolo dei fondi da parte dell’amministrazione.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei dipendenti pubblici contro tagli retributivi non conformi alla legge. La riduzione del trattamento accessorio è legittima solo se rispetta il criterio della proporzionalità rispetto alla diminuzione del personale, come voluto dal legislatore per contenere la spesa pubblica. Le amministrazioni non possono ricorrere a scorciatoie come tagli lineari e forfettari, ma devono applicare un metodo di calcolo rigoroso che parta dalla rideterminazione del monte salari complessivo. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, dovrà ora quantificare il ‘dare-avere’ tra le parti, accertando quanto effettivamente spettava ai dirigenti medici in base a una corretta applicazione della normativa.

È legittimo per una Pubblica Amministrazione applicare un taglio forfettario sul trattamento accessorio dei propri dipendenti per contenere la spesa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un taglio forfettario (ad esempio, una percentuale fissa applicata a tutti) è illegittimo perché non rispetta il criterio stabilito dalla legge.

Come deve essere calcolata correttamente la riduzione dei fondi per il trattamento accessorio?
La riduzione deve essere calcolata in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio. L’ammontare dei fondi, fissato a quello del 2010, deve essere ridotto in base alle cessazioni avvenute, e solo successivamente le risorse residue possono essere distribuite tra i dipendenti rimasti in servizio.

Cosa possono fare i dipendenti che hanno subito un taglio illegittimo?
I dipendenti possono agire in giudizio per far accertare il loro diritto a una corretta retribuzione. Il giudice dovrà disporre il ricalcolo delle somme spettanti secondo i criteri di legge, determinando l’eventuale credito del lavoratore nei confronti dell’amministrazione per il periodo contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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