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Riduzione retribuzione accessoria: no a tagli forfettari

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13179/2024, ha stabilito l’illegittimità di un taglio forfettario del 30% sulla retribuzione accessoria di alcuni dirigenti medici di un’Azienda Sanitaria. La Corte ha chiarito che la normativa sulla spending review (d.l. 78/2010) non consente riduzioni lineari, ma impone un preciso meccanismo di ‘cristallizzazione’ dei fondi al 2010 e una successiva riduzione proporzionale legata alla diminuzione del personale in servizio. La sentenza è stata cassata con rinvio per un corretto ricalcolo del dare-avere tra le parti, applicando il corretto criterio normativo per la riduzione retribuzione accessoria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Riduzione retribuzione accessoria: la Cassazione boccia i tagli forfettari

La questione della riduzione retribuzione accessoria nel pubblico impiego è un tema delicato, che bilancia le esigenze di contenimento della spesa pubblica con la tutela dei diritti dei lavoratori. Con la recente ordinanza n. 13179 del 14 maggio 2024, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo l’illegittimità dei tagli lineari e forfettari operati da una Pubblica Amministrazione e delineando il corretto percorso normativo da seguire.

I fatti del caso

La vicenda trae origine dal ricorso di alcuni dirigenti medici di un’Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) contro la decisione del loro datore di lavoro di decurtare del 30% la loro remunerazione variabile aziendale. Questa misura era stata adottata dall’A.S.L. nel 2012, con trattenute in busta paga a partire dal 2013, come intervento per la riduzione dei fondi contrattuali, in aderenza alle normative di contenimento della spesa pubblica e ai decreti di un Commissario regionale.

I lavoratori sostenevano che tale taglio a forfait fosse arbitrario e illegittimo, in quanto contrastante con la normativa nazionale (in particolare l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. 78/2010) che, pur prevedendo un contenimento delle risorse, non autorizzava una decurtazione percentuale indiscriminata su tutti i dipendenti. La Corte d’Appello aveva dato ragione ai lavoratori, ma l’A.S.L. ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La decisione della Cassazione sulla riduzione retribuzione accessoria

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, ma solo ‘per quanto di ragione’. In altre parole, ha confermato l’illegittimità del metodo utilizzato (il taglio del 30%), ma ha anche corretto l’impostazione della Corte d’Appello, cassando la sentenza e rinviando il caso a un nuovo giudizio.

Il punto centrale della decisione è che la normativa sulla spending review non dà alle amministrazioni il potere di operare tagli discrezionali. Al contrario, stabilisce un meccanismo tecnico e preciso che deve essere seguito scrupolosamente. Il taglio forfettario del 30% è stato quindi ritenuto una modalità non conforme alla legge.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un’attenta analisi dell’art. 9, comma 2-bis, del d.l. 78/2010. Le motivazioni possono essere riassunte nei seguenti punti chiave:

1. Cristallizzazione dei Fondi: La norma impone di ‘cristallizzare’ l’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale all’importo dell’anno 2010. Questo importo diventa un tetto massimo invalicabile per gli anni successivi (nel caso di specie, dal 2011 al 2014).

2. Riduzione Proporzionale: La legge prevede un’ulteriore, automatica riduzione di questo fondo ‘cristallizzato’. La riduzione deve essere ‘proporzionale’ alla diminuzione del personale in servizio. In pratica, se dei dipendenti cessano il servizio (ad esempio per pensionamento), le risorse che erano destinate alla loro retribuzione accessoria devono essere decurtate dal fondo generale e non possono essere ridistribuite per aumentare la paga degli altri.

3. Illegittimità del Taglio Lineare: Un taglio percentuale fisso, come quello del 30% applicato dall’A.S.L., è in contrasto con la lettera e la finalità della norma. È un metodo arbitrario che non tiene conto della dinamica effettiva del personale. La corretta operazione, seppur complessa, richiede un ricalcolo dei fondi anno per anno, depurandoli delle quote relative al personale cessato, e solo successivamente suddividendo le risorse residue tra il personale in servizio.

4. Errore della Corte d’Appello: Sebbene la Corte territoriale avesse giustamente ritenuto illegittimo il taglio del 30%, secondo la Cassazione ha commesso un errore nel calcolare le somme dovute ai lavoratori. Non ha considerato che i fondi, anche in assenza del taglio del 30%, avrebbero comunque dovuto essere ridotti per effetto delle cessazioni dal servizio. Il rinvio è stato disposto proprio per effettuare questo complesso ricalcolo contabile e determinare il corretto ‘dare-avere’ tra le parti.

Le conclusioni

La pronuncia della Cassazione stabilisce un principio di fondamentale importanza per tutto il pubblico impiego. La riduzione retribuzione accessoria, pur essendo uno strumento previsto dalla legge per il controllo della spesa, non può avvenire in modo arbitrario e generalizzato.

Le Pubbliche Amministrazioni non hanno la discrezionalità di applicare tagli percentuali forfettari. Devono, invece, attenersi a un rigoroso procedimento tecnico-contabile che prevede la cristallizzazione dei fondi a un anno di riferimento e la loro successiva e automatica decurtazione in proporzione alla riduzione del personale. Questa sentenza tutela i diritti dei lavoratori da interventi indiscriminati, riaffermando al contempo l’obbligo per le amministrazioni di applicare correttamente le norme di finanza pubblica, garantendo così un equilibrio tra la salvaguardia delle retribuzioni e la sostenibilità dei conti pubblici.

Una Pubblica Amministrazione può ridurre la retribuzione accessoria dei dipendenti con un taglio percentuale fisso (es. 30%) per contenere la spesa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un taglio lineare e forfettario è un metodo illegittimo, poiché la legge non lo prevede. La riduzione deve seguire i criteri specifici dettati dalla normativa.

Qual è il metodo corretto per la riduzione retribuzione accessoria secondo il d.l. 78/2010?
Il metodo corretto prevede due passaggi: primo, la ‘cristallizzazione’ dei fondi per il trattamento accessorio all’importo dell’anno 2010; secondo, una riduzione automatica e proporzionale di tali fondi in base alla diminuzione del personale in servizio (es. pensionamenti).

Il taglio illegittimo della retribuzione dà diritto alla restituzione integrale delle somme trattenute?
Non automaticamente. La Corte ha chiarito che è necessario un ricalcolo per determinare il corretto ‘dare-avere’. Bisogna calcolare quale sarebbe stato il fondo disponibile applicando il metodo corretto (inclusa la riduzione per le cessazioni dal servizio) e confrontarlo con quanto effettivamente percepito dai lavoratori. La restituzione riguarderà solo l’eventuale differenza a loro sfavore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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