Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6870 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6870 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
Oggetto
Lavoro pubblicoriduzione fondi contrattuali
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/3/2024
PU
sul ricorso 24967-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore , domiciliata come da pec registri di giustizia presso l’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME e NOME COGNOME;
– intimati- avverso la sentenza n. 3218/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 7/7/2021 R.G.N. 2999/2019;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 5/3/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
1.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, dirigenti medici della RAGIONE_SOCIALE, hanno convenuto in giudizio quest’ultima dinanzi al Tribunale di Santa NOME Capua Vetere, impugnando la nota del 5 novembre 2012, recante modifica del trattamento economico variabile aziendale per riduzione dei fondi contrattuali, con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva disposto la diminuzione del 30% della remunerazione variabile aziendale del trattamento economico, procedendo al recupero dell’importo indicato attraverso la trattenuta in busta paga; secondo i ricorrenti tale condotta contrastava con quanto disposto nell’articolo 39 del CCNL 2002 2005 area della dirigenza RAGIONE_SOCIALE professionale, tecnica la retribuzione di posizione costituisce una componente del trattamento economico dei dirigenti, in relazione ed amministrativa, il quale stabiliva che alla graduazione delle funzioni;
il comportamento aziendale risultava arbitrario, atteso che per la determinazione dei fondi aziendali per gli anni 2011, 2012 e 2013 erano stati adottati criteri di calcolo incongrui, che avevano portato all’illegittimità riduzione della retribuzione dei dirigenti, sicché era stata errata l’ applicazione degli interventi per ottenere i risparmi di spesa;
l’articolo 9, comma 2bis , del d.l. n. 78 del 2010, consentiva infatti la decurtazione del trattamento accessorio e non già di quello fondamentale ed in particolare era contestata la individuazione quale
base di calcolo per la riduzione dei fondi contrattuali dell’intera consistenza dei fondi anziché delle sole voci destinate al finanziamento del trattamento accessorio, in quanto in tal modo si era realizzata un’indebita decurtazione dei fondi relativi ad indennità rientranti nel trattamento fondamentale, senza esservi oltretutto proceduto alla prescritta preventiva revisione della graduatoria delle funzioni dirigenziali, quale prevista dalla contrattazione collettiva;
i ricorrenti chiedevano, quindi, che fosse dichiarata l’illegittima decurtazione effettuata dall’RAGIONE_SOCIALE e conseguentemente fosse pronunciata sentenza di condanna alla restituzione delle somme indebitamente sottratte per le suddette causali; 2.
il giudice di primo grado ha accolto parzialmente il ricorso, dichiarando l’illegittimità della decurtazione effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE dal RAGIONE_SOCIALE previsto dall’art. 9 del CCNL dirigenza medica e veterinaria, secondo biennio economico 2008-2009, per la parte eccedente la somma di euro 433.409,82 per l’anno 2011, di euro 1.383.037,96 per l’anno 2012 e di euro 2.130.092,54 per l’anno 2013, ma ritenendo che la trattenuta operata dalla RAGIONE_SOCIALE fosse legittima, quale misura temporanea in vista delle revisione della graduazione delle funzioni con modalità compatibili con le risorse del RAGIONE_SOCIALE Contrattuale; 3.
la Corte d’Appello di Napoli, dinanzi alla quale ha
proposto impugnazione principale la RAGIONE_SOCIALE e impugnazione incidentale i lavoratori, ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE e, accogliendo il gravame incidentale, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle somme indicate in dispositivo in quanto illegittimamente decurtate;
la motivazione della sentenza di appello ha richiamato l’art. 9, comma 2 -bis , del d.l. n. 78 del 2010, conv., con mod., dalla legge n. 122 del 2010, che ha stabilito che l’ammontare complessivo delle risorse annualmente destinate al trattamento accessorio del personale non poteva superare il corrispondente importo dell’anno 2010 e che lo stesso era comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio;
la ratio della norma andava rinvenuta nell’esigenza di fissare un tetto alle risorse destinate al trattamento economico accessorio e la Corte territoriale ha censurato il fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva operato una riduzione forfettaria identica del 30% per tutti i lavoratori;
il criterio utilizzato dall’RAGIONE_SOCIALE era dunque illegittimo e non consentiva alla stessa di operare le trattenute che dovevano essere rimborsate;
doveva essere quindi cura dell’azienda conformarsi ai principi del decreto-legge 78 del 2010, operando le corrette decurtazioni, nel rispetto della normativa primaria, anche all’esito della graduazione delle funzioni dirigenziali;
la Corte territoriale ha quindi condannato la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione di quanto trattenuto in eccedenza; 4. per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’RAGIONE_SOCIALE, prospettando due motivi di ricorso, mentre i lavoratori sono rimasti intimati; la ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.
con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di legge della sentenza impugnata in relazione al d.l. n. 78 del 2010, conv., con mod., dalla legge n. 122 del 2010 e del decreto n. 63 del 2010 del Commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro del settore RAGIONE_SOCIALE per la regione Campania (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.);
l’RAGIONE_SOCIALE prospetta che la Corte d’Appello non ha tenuto conto delle necessità di risanamento del RAGIONE_SOCIALE della Regione Campania e delle norme del contratto collettivo che regolano la retribuzione di posizione, sottolineando come, con il provvedimento di nomina del Commissario ad acta , erano state stabilite misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa per il personale e richiamando il decreto n. 63 del 2010, con il quale il Commissario ad acta aveva approvato le Linee regionali di indirizzo per la determinazione dei fondi
contrattuali per le aziende sanitarie della Campania, al fine di pervenire a procedure omogenee tra le medesime;
secondo la RAGIONE_SOCIALE non era ravvisabile un diritto soggettivo in capo ai ricorrenti originari, in quanto non era stata intaccata la componente minima e fissa della retribuzione di posizione e del resto la retribuzione di posizione variabile aziendale, quale componente della retribuzione accessoria e non di quella fondamentale era suscettibile di riduzione per effetto e applicazione delle norme citate;
2.
con il secondo motivo di ricorso è proposta la violazione e falsa applicazione di legge e dei contratti e accordi collettivi nazionali in relazione all’art. 39 del CCNL 8 giugno 2000, area medico veterinaria e all’art. 55, comma 6, del CCNL 5 dicembre 1996, area medico veterinaria (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.);
secondo la ricorrente nella specie si era in presenza della necessità di una riduzione proporzionale per tutti i dirigenti medici, senza che tanto abbia colpito il valore economico minimo contrattuale, in quanto da parte della RAGIONE_SOCIALE era stata rispettata la funzione svolta dai dirigenti medici, avendo effettuato una riduzione che ha inciso in modo proporzionale rispetto al percepito a titolo accessorio, che a sua volta era già ab origine differente a seconda delle specifiche funzioni rivestite;
la componente variabile della retribuzione era stata
infatti determinata e poi ridotta del 30% a seguito delle necessità legate al risanamento del sistema RAGIONE_SOCIALE, della Regione Campania;
la riduzione del 30% della componente variabile era poi intervenuta in uguale maniera per tutti dirigenti, così rispettando la diversa graduazione delle funzioni come stabilita, anche con la partecipazione di organizzazioni sindacali;
la sentenza, nella parte in cui ha affermato l’illegittimità del criterio adottato, non implicava che nessun intervento potesse essere operato sulla parte variabile della retribuzione di posizione dei ricorrenti originari e dunque ne sarebbe dovuta derivare, al massimo, una trattenuta minore rispetto a quella disposta e pari al 30%, mentre invece la Corte territoriale aveva condannato l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento per intero di quanto trattenuto;
3.
i motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione;
4.
questa RAGIONE_SOCIALE, con un serie di pronunce riguardanti il medesimo contenzioso, alle cui motivazioni si fa rinvio ai sensi dell’art 118 disp. att. c.p.c., ha fissato il principio secondo cui in tema di trattamenti retributivi dei dirigenti medici, ove non sia stata fatta tempestiva applicazione delle regole per la riduzione dei fondi contrattuali, prevista dall’art. 9, comma 2bis , del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122 del 2010, l’operazione
rideterminativa ex post va compiuta nel modo che segue: 1) innanzitutto, va effettuato il ricalcolo del fondo con cristallizzazione nell’importo corrispondente a quello dell’anno 2010; 2) successivamente, l’importo così ricalcolato va riproporzionato in conseguenza della riduzione del numero dei dirigenti cessati dal servizio; 3) infine, occorre procedere alla suddivisione dell’ammontare complessivo delle risorse per i trattamenti accessori, come cristallizzato e riproporzionato, per il numero dei dirigenti in servizio in ragione della graduazione; ne consegue che, qualora le somme percepite dai dirigenti siano superiori a quanto ad essi spettante in virtù del ricalcolo così effettuato, occorrerà detrarre dal percepito il minor importo spettante, così individuando, per ciascun dirigente medico, gli importi da restituire (Cass. 23 novembre 2023, n. 32557 e altre conformi);
5.
in sostanza, per dare attuazione alla previsione ‘ridotto in misura proporzionale’ e quindi al criterio indicato dal legislatore, l’ammontare annuo complessivo delle risorse per il trattamento accessorio, come cristallizzato e mano a mano riproporzionato, va quindi suddiviso per il numero dei lavoratori in servizio in ragione della graduazione esistente;
contrasta con la lettera della norma una riduzione operata attraverso un taglio percentuale come quello effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE in misura del 30%;
è indubbio che, se non si sia proceduto ad applicare la ‘cristallizzazione’ al 2010, con riduzione proporzionale alle cessazioni dal servizio, la suddivisione del RAGIONE_SOCIALE può avere portato, negli anni dal 2011 in avanti, al pagamento di somme eccedenti quanto dovuto;
tuttavia, non è legittimo che si sia provveduto ad un taglio del 30% della quota variabile per ciascun medico, anche perché, come stabilito da questa S.C. (Cass. n. 6930/2021, punto 64), ‘il trattamento economico complessivamente goduto … non poteva certo aumentare ma nemmeno essere riformato in peius ‘:
in mancanza di una tempestiva applicazione della regola di cui all’art. 9, co. 2 -bis cit, l’operazione rideterminativa ex post deve invece seguire le dinamiche normative e contrattuali e quindi procedere attraverso:
-il ricalcolo dei Fondi secondo il disposto dell’art. 9, co. 2 -bis , depurando gli stessi dalle quote riguardanti il personale cessato;
-il calcolo di quanto spettante a ciascun medico;
-la detrazione dal percepito di quanto così calcolato come spettante a ciascun medico;
-la conseguente individuazione degli importi che ciascun medico avrebbe dovuto restituire; tale ricalcolo non attiene in sé alla determinazione economica dei Fondi, ma al diritto soggettivo di ciascun medico a che non si determini una riduzione
rispetto a quanto spettante nel 2010 e dunque si tratta di pretesa che non esorbita dalla competenza del giudice ordinario;
viene in rilievo, infatti, la lesione di diritti soggettivi rispetto ai quali la legittimità del comportamento datoriale è censurata in via del tutto incidentale; come già affermato da questa Corte a Sezioni Unite (in fattispecie relativa al pagamento delle differenze arretrate in relazione alla quote residue di fondi contrattuali), il diritto soggettivo dei ricorrenti, nella prospettazione degli stessi e sulla base delle richieste avanzate, non necessita per assumere consistenza della rimozione provvedimenti di macroorganizzazione (Cass., S.U., n. 33365 del 2022);
potrà semmai essere valutato se un tale calcolo possa avvenire più semplicemente prendendo a base gli importi della componente variabile di interesse corrisposta annualmente dal 2011 in avanti e detraendo quanto attribuito annualmente per essa nel 2010; la differenza tra il primo importo ed il secondo essendo quanto la RAGIONE_SOCIALE aveva in ipotesi diritto a recuperare sulla base di una corretta applicazione della normativa;
è dunque su tali basi che si deve procedere alla valutazione dell’esistenza o meno di un dare -avere tra le parti;
6.
non può poi dirsi che, a giustificare il taglio del 30%, possa addursi un generico intento di rivedere le graduazioni;
la revisione delle graduazioni in sé riguarda solo le proporzioni, attraverso punteggi ponderati, in cui i Fondi vanno divisi tra gli aventi diritto (v. art. 51 CCNL 26.11.1996) e dunque non ha a che vedere con l’ammontare di tali Fondi;
l’attuazione di una revisione postula di regola l’avvio di un procedimento identico a quello di originaria graduazione (art. 51, cit. co. 3), se del caso con fissazione di una data ex tunc da cui far decorrere tale rideterminazione;
ma se anche se volesse ammettere che il datore di lavoro possa dare corso a misure provvisorie in attesa dell’iter proprio delle nuove graduazioni, ciò dovrebbe evidentemente avvenire richiamando le ragioni di un tale necessità di revisione dell’assetto ponderale e dando contestualmente avvio al procedimento di revisione;
presupposti tutti che nulla hanno a che vedere con la rideterminazione dei Fondi che sta alla base del taglio a forfait del 30% per tutti i dipendenti interessati, quale attuato dalla RAGIONE_SOCIALE;
7.
la Corte d’Appello, pur avendo correttamente ritenuto legittima la riduzione delle risorse disposta dall’art. 9, comma 2 -bis , del d.l. n. 70 del 2010, ha ritenuto che non sia stata corretta la modalità della riduzione del trattamento accessorio variabile, operata attraverso una trattenuta percentuale del 30%, ma ha poi calcolato il dovuto prendendo a base quanto erogato fino al novembre 2012 e
quanto erogato dopo quel mese, determinando la differenza, ma senza mostrare di avere considerato l’avvenuta riduzione dei Fondi per effetto delle cessazioni dal servizio, profilo che è in sostanza contestato in chiusura del secondo motivo e che va viceversa verificato per avere certezza di una corretta determinazione del dare-avere; pertanto, la sentenza di appello deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che nella decisione della controversia si atterrà ai principi sopra indicati, eseguendo le necessarie verifiche contabili.
PQM
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5