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Ricusazione temeraria: sanzioni e abuso del diritto

La Corte d’Appello rigetta una istanza di ricusazione ritenendola temeraria. La parte ricorrente, autrice di 16 ricusazioni seriali, viene condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria di € 250,00. La Corte segnala inoltre il comportamento alla Procura della Repubblica, ipotizzando un’attività delittuosa volta a paralizzare il servizio giustizia tramite una ricusazione temeraria.

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Pubblicato il 29 aprile 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricusazione Temeraria: Quando l’Abuso del Diritto Porta a Sanzioni

L’istituto della ricusazione è un fondamentale presidio di imparzialità del giudice, ma cosa accade quando viene utilizzato in modo distorto e seriale? Una recente ordinanza della Corte d’Appello di Lecce offre una risposta netta, sanzionando una parte per ricusazione temeraria e segnalando i fatti alla Procura della Repubblica. Questo provvedimento mette in luce le gravi conseguenze derivanti dall’abuso degli strumenti processuali, finalizzato non a tutelare un diritto, ma a ostacolare il corso della giustizia.

I Fatti: Una Raffica di Ricusazioni per Paralizzare il Processo

Il caso esaminato dalla Corte nasce da un’istanza di ricusazione presentata da una parte processuale nei confronti di un magistrato. Tuttavia, non si trattava di un episodio isolato. Come evidenziato dalla stessa Corte, la parte istante aveva depositato ben 16 istanze di ricusazione nel medesimo giudizio e altre 6 in un procedimento connesso.

Questo comportamento seriale ha avuto l’effetto concreto di provocare la sospensione del processo, come previsto dall’articolo 52 del codice di procedura civile. La Corte ha interpretato questa condotta non come un legittimo esercizio del diritto di difesa, ma come una strategia deliberata per bloccare l’attività giudiziaria, qualificandola come una potenziale attività delittuosa finalizzata all’interruzione di un pubblico servizio.

L’Uso Distorto della Ricusazione Temeraria

Il ricorrente basava la sua istanza, tra le altre cose, sulla presunta “inimicizia” del giudice, che si sarebbe manifestata con la mancata adozione di un provvedimento di sospensione del giudizio. La Corte ha respinto fermamente questa argomentazione, chiarendo che i motivi di ricusazione sono tassativi e non possono essere desunti da semplici scelte processuali del magistrato.

Citando consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. n. 18976/2015; Cass. Sez. Un. n. 16627/2014), i giudici hanno ribadito che spetta alla parte che ricusa fornire la prova concreta di fatti e circostanze che dimostrino un’effettiva avversione o un rancore personale del giudice, estranei alla dinamica processuale. In assenza di tale prova, l’istanza si rivela infondata e, se reiterata, può configurare una ricusazione temeraria.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto che i fatti addotti dal ricorrente non rientrassero in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 51 c.p.c. che obbligano il giudice ad astenersi. In particolare, il concetto di “inimicizia” richiede prove concrete di un’ostilità personale, non potendosi dedurre dalla normale gestione del processo. La strategia processuale del ricorrente, caratterizzata da una serialità di ricusazioni, è stata interpretata come un abuso del diritto, finalizzato a creare un’interruzione del pubblico servizio della giustizia. Per questo, oltre a rigettare il ricorso, la Corte ha condannato la parte al pagamento di una pena pecuniaria di € 250,00 come sanzione per la proposizione di un ricorso infondato. Inoltre, data la gravità e la reiterazione della condotta, ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per le valutazioni di competenza in ordine al possibile reato di interruzione di pubblico servizio.

Conclusioni

La decisione della Corte d’Appello di Lecce è un importante monito contro l’abuso degli strumenti processuali. La ricusazione è un diritto sacro a tutela dell’imparzialità, ma il suo utilizzo pretestuoso e seriale non solo è destinato all’insuccesso, ma espone la parte a conseguenze severe: sanzioni pecuniarie e potenziali procedimenti penali. Questo provvedimento riafferma il principio secondo cui il processo non può essere trasformato in uno strumento di ostruzionismo, e che l’ordinamento giuridico possiede gli anticorpi per contrastare e sanzionare chi tenta di paralizzare la funzione giurisdizionale.

Quando un’istanza di ricusazione del giudice può essere considerata temeraria?
Un’istanza di ricusazione è considerata temeraria quando è manifestamente infondata, non basata su prove concrete dei motivi legali (come l’inimicizia), e viene utilizzata in modo seriale con il probabile scopo di ostacolare e ritardare il processo.

Cosa succede se si presentano numerose istanze di ricusazione infondate?
Se si presentano ricusazioni infondate e seriali, la Corte può rigettare l’istanza, condannare la parte proponente al pagamento di una pena pecuniaria e, nei casi più gravi, segnalare il comportamento alla Procura della Repubblica per valutare l’ipotesi di reati come l’interruzione di un pubblico servizio.

L’omessa adozione di un provvedimento da parte del giudice è prova di inimicizia?
No, secondo l’ordinanza, l’omessa adozione di un provvedimento (come la sospensione del giudizio) non è di per sé sufficiente a dimostrare l’inimicizia del giudice. La parte che ricusa ha l’onere di provare, con fatti e circostanze concrete, l’esistenza di un’avversione o un rancore personale estranei alla normale dialettica processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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