Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29907 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29907 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
nel procedimento iscritto al n. 28798/2017 R.G., avente ad oggetto il ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME, che li rappresenta e difende;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 5455/2017 depositata il 23/08/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME.
Udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.-Nel procedimento avente ad oggetto il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, NOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 5455/2017 pronunciata dalla Corte d’appello di Roma, a seguito della fissazione dell’adunanza camerale del 1° luglio 2025 per la decisione in camera di consiglio a norma degli artt. 380bis .1 e 375, comma 2, c.p.c., comunicata con avviso del 14 marzo 2025, NOME COGNOME ha depositato in data 20 giugno 2025 ricorso per la ricusazione del consigliere relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Il Presidente della Seconda Sezione civile, con decreto del 25 giugno 2025, comunicato in pari data al ricorrente, ha fissato per la decisione sulla ricusazione l’adunanza camerale del 1° luglio 2025; ha individuato il collegio, ai sensi dell’art. 53 c.p.c., nella composizione prevista: presidente COGNOME, consiglieri COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME; ha nominato relatore il consigliere COGNOME.
È stata altresì disposta la comunicazione alle parti, al PG ed al consigliere ricusato per l’esercizio della facoltà di essere eventualmente ascoltato, ai sensi del secondo comma dell’art. 53 c.p.c.
I controricorrenti non hanno svolto attività difensive nel procedimento di ricusazione.
Nell’adunanza camerale del 1° luglio 2025 sono intervenuti il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso, e l’AVV_NOTAIO per il ricorrente.
2.- Nel ricorso per ricusazione proposto da NOME COGNOME si espone che il consigliere relatore NOME COGNOME aveva istruito e deciso, quale Giudice Unico presso il Tribunale di Roma, la causa avente R.g. n. 7/2004, definita con sentenza n. 21173/2006 tra le stesse parti del presente contenzioso ed avente analogo oggetto. Di tale contenzioso, definito in primo grado dall’attuale Relatore Cons. COGNOME, era ben conscia la Corte territoriale nella Sentenza qui impugnata, tanto da ridurre la propria motivazione ad un mero richiamo alle sentenze emanate nel diverso giudizio, come appare palese dal seguente stralcio motivazionale. Peraltro va qui evidenziato che la tesi sostenuta dall’odierno appellante in questo giudizio è stata già oggetto di altre sentenze passate in giudicato che ne hanno evidenziato l’assoluta infondatezza … . Come messo in luce dalla difesa degli appellati le ragioni per le quali il COGNOME non ha alcun titolo per avanzare pretese in ordine all’eredità di COGNOME NOME NOME come preteso ‘erede legittimo’ della vedova NOME COGNOME, sono state da ultimo espresse lucidamente nella sentenza di questa Corte n. 1596/13, versata in atti, che ha rigettato l’appello proposto dai fratelli COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale n. 21173/06 esaminando gli stessi motivi posti a fondamento del presente appello … Ed infatti in ordine alla tesi relativa alla retroattività delle norme del diritto di famiglia (del 1975) alla data in cui risulta deceduta NOME COGNOME (DATA_NASCITA), al fine di sostenere che, avendo la predetta acquistato la capacità di succedere, si sarebbe aperta la successione legittima con la conseguenza di poter lo stesso vantare diritti la Corte ha così testualmente motivato: ‘…condivide la Corte il giudizio del Tribunale che ha escluso la legittimazione attiva dell’appellante e, con essa, anche il diritto di costui di eccepire la prescrizione del diritto degli appellati di accettare
l’eredità del loro ascendente COGNOME NOME ex art. 480 c.c.. Del resto, non può trovare accoglimento la tesi dell’appellante che sostanzialmente attribuisce al ritardo degli appellati nell’accettare l’eredità l’applicazione retroattiva delle nuove norme del diritto di famiglia, poiché la regola ‘ tempus regit actum ‘ presiede al regolamento anche della materia successoria, fatta eccezione per le sole norme del nuovo diritto di famiglia che attengono ai figli naturali ‘.
L’istante evidenzia che di tale precedente sentenza fanno richiamo anche i controricorrenti nelle loro difese.
Sulla base di tali allegazioni, viene proposto ricorso per la ricusazione del consigliere NOME COGNOME ai sensi dell’art. 51, numero 4), del codice di procedura civile, per aver « conosciuto » della causa « come magistrato in altro grado di giudizio », avendo ‘ già giudicato in senso radicalmente negativo per gli interessi del AVV_NOTAIO tra le stesse parti e sulle medesime questioni, con la sentenza n. 21173/2006 emessa dal Tribunale di Roma ‘, nonché ‘ già esaminato e respinto la istanza dell’attuale ricorrente di riunire i due giudizi (aventi dinnanzi al Tribunale di Roma i ruoli 7/2004 e 70751/2005 )’.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Stando all’insegnamento di Cass. , Sez. Un., 22 luglio 2014, n. 16627, sebbene la disciplina dettata dagli artt. 51 e ss. c.p.c. non preveda alcun termine né opera rinvio ad altri tipi di procedimento contemplati nel codice di rito, nel procedimento di ricusazione deve essere comunque garantito il contraddittorio, nel senso che le parti devono essere messe in condizione di intervenire ed adeguatamente interloquire, ma ciò, di regola, deve accadere in tempi brevi (o brevissimi), in ogni caso senza che sia configurabile un diritto a tempi e/o termini predeterminati, non previsti dalla disciplina vigente e non compatibili con le caratteristiche e la natura del procedimento (si
vedano anche Cass., Sez. Unite, 23 giugno 2015, n. 13021; Cass. 30 settembre 2016, n. 19373; Cass. 2 maggio 2017, n. 10659; Cass. 24 aprile 2019, n. 11225).
Trattandosi, nella specie, di istanza di ricusazione proposta nei confronti di un consigliere della Corte di cassazione, il procedimento camerale regolato dall’art. 53, comma 2, c.p.c. si è dunque svolto con le formalità partecipative ivi previste, quale disciplina speciale, applicabile ” ratione materiae “, rispetto a quella di cui agli artt. 375 e 380-bis.1 c.p.c. (Cass., Sez. Unite, 16 febbraio 2017, n. 4098).
2 L’istanza di ricusazione va respinta.
Deve premettersi che la ricusazione del giudice, ai sensi dell’art. 52 c.p.c., è istituto ammesso dall’ordinamento nei soli casi in cui allo stesso giudice è fatto obbligo di astenersi. In sostanza, essendo strumento finalizzato alla concreta attuazione del principio di imparzialità, la ricusazione opera esclusivamente nei confronti del giudice designato alla trattazione della causa in presenza delle tassative ipotesi previste dal legislatore (Cass., Sez. Unite, 8 ottobre 2001, n. 12345). Poiché i casi di astensione obbligatoria del giudice stabiliti dall’art. 51 c.p.c., ai quali corrisponde il diritto di ricusazione delle parti, incidono sulla capacità del giudice e determinano una eccezionale deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge, essi sono di stretta interpretazione (Cass. 29 settembre 2017, n. 22930; Cass., Sez. Unite, 24 marzo 1964, n. 665).
Stando ai casi contemplati dall’art. 51 c.p.c., il ricorrente per ricusazione si riferisce, dunque, all’ipotesi di cui al numero 4 di tale disposizione, avendo il consigliere relatore già ‘conosciuto come magistrato’ della causa.
4.1. – Questa Corte ha tuttavia già più volte spiegato come l’obbligo di astensione sancito dall’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c. si impone solo al giudice che abbia conosciuto della stessa causa come
magistrato in altro grado, posto che la norma è volta ad assicurare la necessaria alterità del giudice chiamato a decidere, in sede di impugnazione, sulla medesima ” res iudicanda ” in un unico processo; ne consegue che l’obbligo non può essere inteso nel senso di operare in un nuovo e distinto procedimento, ancorché riguardante, come nella specie rappresenta il ricorrente, le stesse parti e implicante la risoluzione di identiche questioni (Cass., Sez. Unite, 8 ottobre 2001, n. 12345; Cass. 5 giugno 2019, n. 15268; Cass. 29 settembre 2017, n. 22930; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2593; Cass. 23 febbraio 2006, n. 4024).
4.2. -Il fatto che sia componente del collegio giudicante un magistrato autore di altra sentenza pronunciata in una diversa parallela causa tra le medesime parti, la quale, come nella specie, aveva altresì comportato la risoluzione di identiche questioni di diritto, non integra comunque l’ipotesi di incompatibilità funzionale prevista come causa di astensione obbligatoria dall’art. 51, comma primo, n. 4, c.p.c.; né vale come ‹‹manifestazione indebita›› del convincimento del giudice sul merito della res iudicanda , secondo la nozione posta dall’art. 37, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. (Cass. 27 dicembre 1996, n. 11505; anche Cass., Sez. Unite, 10 aprile 2024, n. 9611).
4.3. – Più in generale, la circostanza che un giudice abbia già adottato una precedente decisione in una distinta causa tra le stesse parti, risolvendo questioni che si ripropongono nel giudizio pendente, non comporta alcun pregiudizio sulla sua imparzialità in ordine alla nuova pronuncia da rendere, purché questa sia adottata al momento della sentenza che chiude il giudizio sulla base delle difese svolte dalle parti e non sia vincolata dalle questioni definite nella fase pregressa (Corte EDU 6 giugno 2000, COGNOME c. Francia; Corte EDU, 24 luglio 2012, Toziczka c. Polonia).
5. – In conclusione, il ricorso per ricusazione proposto da NOME COGNOME va rigettato, con la condanna dello stesso al pagamento della pena pecuniaria ex art. 54, comma 3, c.p.c. determinata in dispositivo.
Non vanno regolate spese nei rapporti con i controricorrenti, i quali non hanno svolto attività difensive nel procedimento di ricusazione. L’ordinanza va comunicata agli effetti dell’art. 54, comma 4, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso per ricusazione proposto da NOME COGNOME e condanna NOME COGNOME al pagamento della pena pecuniaria di € 250,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1° luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME