Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 30777 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 30777 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2241/2024 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa da se stessa
-ricorrente-
contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI FIRENZE
-intimato- avverso l’ ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 19368/2023 depositata il 07/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME adiva il Tribunale di Firenze con ricorso d’urgenza ex art. 700, cod. proc. civ., chiedendo di accertare l’insussistenza del potere, in capo al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, di procedere alla sospensione della medesima dall’esercizio della professione forense ai sensi dell’art. 29, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, per omesso versamento del contributo annuale di iscrizione all’albo;
la ricorrente faceva valere il proprio diritto all’esercizio della professione di avvocato, nonché il diritto di non dover essere soggetta alla prestazione del pagamento dei contributi stante il ‘recesso dall’associazione’;
il giudice disattendeva il ricorso, in via preliminare dichiarando il difetto della giurisdizione ordinaria e la sussistenza della giurisdizione speciale del Consiglio Nazionale Forense, e gradatamente rilevando che in ogni caso non sussistevano i requisiti per la cautela difettando sia il fumus boni iuris , spettando le questioni della conservazione dell’iscrizione al Consiglio ed essendo pacifico il mancato pagamento del contributo annuale da parte della ricorrente, causa legittima di sospensione, sia il periculum in mora , potendo la sospensione essere evitata con un limitato esborso annuale di 360 euro quale corrispettivo della fruizione dei servizi organizzati dal Consiglio medesimo;
il Tribunale, in composizione collegiale, pronunciando sul reclamo proposto ai sensi dell’art. 669 -terdecies cod. proc. civ., lo disattendeva, con ulteriore condanna alle spese e, come parimenti in prime cure, al pagamento, in favore del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, di un’ulteriore somma a titolo di responsabilità processuale aggravata, osservando che la controversia non era soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario ma a quella,
speciale ed esclusiva, del Consiglio Nazionale Forense, concernendo, come detto, la verifica del mantenimento delle condizioni per poter esercitare la professione da parte dell’avvocato;
avverso l’ordinanza resa in sede di reclamo l’avvocato COGNOME ai sensi della legge 31 marzo 1877, n. 3761, degli artt. 41 e 360 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., proponeva ricorso davanti a questa Suprema Corte che, con ordinanza n. 19368 del 2023, lo dichiarava inammissibile, osservando che:
-il regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 cod. proc. civ., non poteva ammettersi nell’ambito di un procedimento cautelare ante causam , ovvero finché l’istante non avesse iniziato il giudizio di merito, facendo sorgere l’interesse concreto e attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo stesso doveva nel caso proseguire, sicché il mezzo non poteva essere esperito neanche ex art. 111, Cost., contro i provvedimenti conclusivi di quel processo, né poteva ammettersi che la questione di giurisdizione fosse sottoposta per altra via alla cognizione della Suprema Corte;
-il ricorso non poteva ammettersi anche se valutato come mezzo di impugnazione, ordinario o straordinario, rivolto a cassare la pronuncia, resa in sede di reclamo, di rigetto della richiesta tutela cautelare per il ravvisato difetto di giurisdizione del giudice ordinario, non essendo esperibile avverso provvedimenti privi del carattere di stabilità e inidonei al giudicato;
-l’ordinanza di rigetto del reclamo cautelare non era ricorribile per cassazione neppure in ordine alle sole spese, in quanto provvedimento inidoneo a divenire cosa giudicata, formale e sostanziale, atteso che la contestazione delle spese -nell’ipotesi di azione esercitata ante causam senza iniziare il giudizio di merito -andava effettuata, se del caso, in sede di opposizione al precetto ovvero all’esecuzione, se iniziata, trattandosi di giudizio a
cognizione piena in cui la condanna in parola poteva essere ridiscussa senza limiti, come se l’ordinanza sul reclamo fosse, sul punto, titolo esecutivo stragiudiziale, mentre, a giudizio di merito instaurato, sarebbe restato sempre impregiudicato il potere del giudice di rivalutare, all’esito, la pronuncia stessa adottata nella fase cautelare, in conseguenza della strumentalità tra tutela cautelare e merito;
nell’arresto era enunciato il seguente principio di diritto: ‘il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione resa dal giudice del reclamo cautelare nell’ambito di un procedimento d’urgenza ante causam ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., è inammissibile finché l’istante non abbia iniziato il giudizio di merito per il quale sorge l’oggetto del procedimento, unitamente all’interesse concreto e attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo stesso deve eventualmente proseguire; né è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, non avendo il provvedimento carattere decisorio né definitivo, neppure in ordine alla giurisdizione’;
avverso questa decisione l’avvocato COGNOME ha proposto ricorso per revocazione;
è rimasto intimato il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze;
la Prima Presidente ha proposto la definizione anticipata del giudizio a norma dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., per inammissibilità del gravame, osservando che avverso una decisione della Suprema Corte di cassazione la parte interessata può chiedere la correzione o la revocazione, ove essa sia affetta da errore materiale o di calcolo, ovvero da errore di fatto, mentre non è proponibile il ricorso straordinario per violazione di legge ex art. 111, settimo comma, Cost., laddove il ricorso, proposto personalmente, neppure risulta volto a denunciare errori di
percezione che abbiano inciso sulla formazione del giudizio di fatto da ritenere contenuto nella decisione di questa Corte; la proposta è stata oggetto d’istanza di opposizione; parte ricorrente ha depositato plurime memorie; il Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
10. Con il ricorso sono state variamente proposte censure afferenti: alla tutela del diritto di azione e difesa in giudizio nonché al lavoro professionale forense, rimarcando, in particolare, che, pertanto, non potrebbe ritenersi di ostacolo la dichiarata mancata iscrizione all’albo degli avvocati patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori; al difetto assoluto di attribuzione del Consiglio forense; alla corretta affermazione della giurisdizione cautelare ordinaria, e al malgoverno della disciplina sulle spese processuali erroneamente liquidate con il provvedimento originariamente impugnato;
11. il ricorso è inammissibile per plurime ragioni;
12. in primo luogo, non trattandosi d’impugnazione di decisioni adottate dal Consiglio Nazionale Forense, non opera la deroga, apportata dall’ordinamento professionale, alla normativa contenuta nel codice di rito che impone, in questa sede, la rappresentanza e difesa di avvocato iscritto al suddetto albo speciale degli abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori (art. 66, terzo comma, R.D. n. 37 del 1934) (su cui v., ad esempio, da Cass., 20/10/1995, n. 10940 a Cass., 14/07/2022, n. 22246, in cui si sottolinea il coordinamento della disposizione speciale con il principio successivamente enunciato nell’art. 2 della legge n. 247 del 2012, pure richiamato nel ricorso, specie a pag. 22);
13. si tratta di un requisito previsto dal legislatore nel conformare il corretto esercizio del diritto di difesa tecnica nel grado di legittimità cui si giunga all’esito dell’esperimento delle fasi di merito del
giudizio ordinario: l’accesso alla giustizia non è dunque precluso né irragionevolmente ostacolato come ipotizza la ricorrente sollecitando una questione di costituzionalità (v. in particolare a pag. 21 del ricorso) manifestamente priva di fondatezza, atteso che non ne risulta alcun impedimento ingiustificatamente oneroso così come non lo è per i soggetti che non svolgono la professione forense;
peraltro, parte ricorrente, nelle memorie in vista dell’adunanza, nel reiterare le proprie allegazioni, ha prospettato ancora, anche con plurime ‘istanze’, sia «l’incostituzionalità dell’art. 82 c. III cpc, dell’art. 365 cpc nonché…dell’art. 163 c. III n. 7) codice di procedura civile R.D. 1443/1943…anche conseguenziale ex art. 27 L. 87/53 nonché…la nullità del R.D. 1443/1940 ex artt. 1119-11221123 RD 2358/1865 c.c. stante l’illeceità della causa e la contrarietà a norme imperative», tra cui la mancanza del parere del Consiglio di Stato relativamente all’approvazione del codice di procedura civile e violazioni dello Statuto Albertino; sia la necessità di ‘disapplicazione’ ovvero comunque l’incostituzionalità della legge professionale n. 247 del 2012, in specie artt. 34-37; sia, più in generale, lesioni del diritto di difesa: tutto ciò viene svolto a mezzo di un coacervo di allegazioni inestricabilmente confuse, senza che, ad ogni modo, quanto complessivamente prospettato possa incidere sul principio ricordato nel capoverso precedente;
14. in secondo luogo, il ricorso è interamente costituito da un’affastellata sovrapposizione di lunghissime digressioni storiche a deduzioni difensive ai limiti della decifrabilità, che inibisce la chiara e compiuta ricostruzione dei fatti processuali -per cui è necessario attingere aliunde e, in particolare, alla decisione revocanda -difformemente da quanto imposto all’atto di gravame, in attuazione del principio di specificità e a pena d’inammissibilità, dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ. (cfr., in punto di revocazione, Cass., Sez. U., 06/07/2015, n. 13863);
15. in terzo luogo, il ricorso, in ogni caso, non prospetta mai alcun errore di fatto bensì solo, in altri termini, la riproposizione e riarticolazione delle sopra riassunte prospettazioni di pretesi errori di giudizio, già dedotte con la precedente impugnazione svolta in sede di legittimità (riportata dalla pag. 45 alla pag. 75 del ricorso ora in scrutinio);
16. parte ricorrente, in particolare, mira ad eludere il perimetro normativo della revocazione sostenendo che le affermazioni svolte con la sentenza revocanda si baserebbero «sull’errore di fondare la decisione sulla supposizione del fatto» che le fonti del diritto richiamate «sono da applicare alla fattispecie» (pag. 33), ovvero «sulla supposizione del fatto che tali fonti del diritto ‘Cass., Sez. U., 30 settembre 2021, n. 26557..’ etc. (ord. Cass. impugnata cit.) costituiscono le fonti del diritto a mezzo del quale applicare direttamente le leggi» (pag. 34, ma analogamente a pag. 36 punti 1l e 2), risolvendosi, la pretesa tesi, per come intellegibile, nella sua contraddizione, posto che si versa appunto in tema di ricostruzione in iure della fattispecie fattualmente pacifica (altri omologhi esempi: punti 3 e seguenti a pag. 38; e pag. 42, in cui testualmente si scrive che «la decisione della Corte è fondata sulla supposizione di fatti la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero che il privato per la cass. nel giudizio cautelare di I grado e del II grado del reclamo non ha ‘un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione, in via definitiva’ sulla giurisdizione (Cass. cit.). 4c) La decisione della Corte è fondata sulla supposizione di fatti la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero che solo nel ‘giudizio di merito sorge l’oggetto del procedimento, unitamente all’interesse concreto e attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo stesso deve eventualmente proseguire;’ (‘principio di diritto’ Cass. cit.)»;
17. in tema di revocazione delle pronunce di questa Corte dev’essere ribadito che l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4,
cod. proc. civ.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) dev’essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte (Cass., 19/07/2024, n. 20013);
ne consegue quanto anticipato;
18. il Consiglio dell’Ordine forense è rimasto intimato, sicché non deve procedersi a liquidazione delle spese;
19. si adotta quindi la statuizione ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., di cui sussistono i presupposti in ragione delle riassunte evidenze (cfr., Cass., Sez. U., 13/10/2023, n. 38540, Cass., Sez. U., 27/12/2023, n. 36069).
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 08/10/2024.