Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20862 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20862 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8136/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), domiciliati digitalmente come per legge
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI NAPOLI, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente come per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di NAPOLI n. 58/2023 depositata il 10/01/2023.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15/05/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME quali già soci o aventi causa da un socio della RAGIONE_SOCIALE ricorrono per cassazione, con due motivi di ricorso, avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 58 del 10/01/2023 che, a seguito di rinvio disposto da questa Corte con ordinanza n. 4210 del 19/02/2020 , ha ridotto l’importo del risarcimento dei danni che con la sentenza n. 2638 del 4/06/2018 era stato riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE a seguito di un evento atmosferico di notevoli dimensioni.
Risponde con controricorso il Comune di Napoli.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione all’adunanza camerale del 15/05/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, in conformità alla giurisprudenza nomofilattica di questa Corte (Sez. U n. 24148 del 25/10/2013 Rv. 627789 -01) esclude che la circostanza dell’avere uno dei componenti dell’odierno Collegio conosciuto della causa in un precedente giudizio di cassazione (quello deciso con l’ordinanza n. 4210 del 19/02/2020) comporti causa di astensione, e quindi di ricusazione, del detto componente, in quanto (Cass. n. 1542 del 25/01/2021 Rv. 660462 – 01) il Collegio che giudichi del ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pronunciata dal giudice di rinvio può essere composto anche da magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, senza che sussista alcun obbligo di astensione a loro carico ex art. 51, comma primo, n. 4, c.p.c., in quanto tale partecipazione non determina alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e ciò a prescindere dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, che può consistere indifferentemente in un error in procedendo o in un error in iudicando , atteso che,
anche in quest’ultima ipotesi, il sindacato è esclusivamente di legalità, riguardando l’interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambito di applicazione, al fine della sussunzione della fattispecie concreta, come delineata dal giudice di merito, in quella astratta.
Non è necessario, giusta quanto si va a esporre, riportare specificamente i singoli motivi di impugnazione.
Il ricorso è, invero, improcedibile.
3.1. I ricorrenti affermano in ricorso che la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 58 del 10/01/2023 è stata loro notificata in data 31/01/2023. A fronte di ciò non producono la copia notificata della sentenza, così come prescritto dall’art. 369, primo comma, n 2 c.p.c. né la detta copia notificata è stata prodotta dalla difesa del Comune di Napoli, quale controricorrente, così come consentito dalla giurisprudenza di questa Corte (v. segnatamente, Sez. U n. 21349 del 6/07/2022 Rv. 665188 -02 e da ultimo Cass. n. 27883 del 29/10/2024 Rv. 672552 – 01).
La sentenza della Corte d’appello è stata pubblicata il 10/01/2023 e il ricorso per cassazione è stato notificato il giorno 30/03/2023, cosicché non può farsi in ogni caso luogo all’esame nel merito poiché il termine di sessanta giorni risulta comunque decorso anche avuto riguardo alla data di pubblicazione del provvedimento impugnato (Cass. n. 28781 del l’ 8/11/2024 Rv. 672812 – 01).
Non ricorre, quindi, nessuna delle ipotesi nelle quali, secondo la giurisprudenza di questa stessa Corte (cfr. Sez. U n. 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597 -02; Cass. n. 3727 del 12/02/2021, Rv. 660556 -01; conf.: Cass. n. 27480 del 30/10/2018, Rv. 651336 01), non vi sarebbe spazio per la sanzione dell’improcedibilità.
Secondo i principi di diritto ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione, la produzione della relazione di notificazione della decisione impugnata, che deve essere verificata d’ufficio dal la Corte (per tutte
si veda: Cass. n. 15832 del 7/06/2021 Rv. 661874 – 01), va sempre effettuata dal ricorrente nel termine perentorio di cui all’art. 369 cod. proc. civ., fatti salvi i casi in cui il ricorso sia proposto nei sessanta giorni dalla pubblicazione della stessa, ovvero la suddetta relazione sia prodotta dal controricorrente nel termine fissato per la sua regolare costituzione, ovvero, ancora, essa sia acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio, ma ciò esclusivamente nelle ipotesi in cui il termine cd. breve per l’impugnazione decorra per legge dalla comunicazione o notificazione della decisione di merito da parte della cancelleria, ipotesi nella specie non ricorrenti.
Si è in proposito, ribadito (cfr., da ultimo, la già richiamata Sez. U, Sentenza n. 21349 del 6/07/2022, Rv. 665188 -01 e 02) che: «la dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un ‘fatto processuale’ la notificazione della sentenza -idoneo a far decorrere il termine ‘breve’ di impugnazione e, quale manifestazion e di ‘autoresponsabilità’ della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in c apo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia della sentenza munita della relata di notifica, ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC, senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.c.; nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c., quando l’impugnazio ne sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo PEC), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel
termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato, da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c. -mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio ».
Alla mancata produzione della copia notificata della sentenza impugnata consegue la statuizione di improcedibilità dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 369, comma 2, cod. proc. civ.
3.2. Infine, quale causa autonoma di inammissibilità, sarebbe suscettibile di assumere rilevanza la circostanza che la copia della sentenza impugnata depositata dai ricorrenti è priva di alcune pagine, segnatamente di tutte le pagine pari, il che costituisce, di per sé solo, un ulteriore motivo di preclusione all’esame nel merito del ricorso posto che non si riesce a comprendere le ragioni della decisione poiché la detta copia del provvedimento non consente di dedurre con certezza l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della pronuncia, così come affermato in precedenza da questa Corte (Cass. n. 14347 del l’ 8/07/2020 Rv. 658386 – 01).
3.3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato improcedibile, atteso che le cause di improcedibilità prevalgono su quelle di inammissibilità (Cass. n. 1389 del 22/01/2021 Rv. 660388 – 01).
Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti e, tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di improcedibilità del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di