Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10479 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
Oggetto: Sanzioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12108/2022 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Viterbo, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato.
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è per legge domiciliata.
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1213/2021 emessa dal Tribunale di Viterbo il 21/10/2021, comunicata via PEC il 22/10/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/3/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza n. 1034, depositata il 14/1/2020, il Giudice di Pace
di Viterbo accolse il ricorso proposto da NOME COGNOME
annullando l’ordinanza n. 670/2018, con la quale la Prefettura di Viterbo gli aveva irrogato la sanzione di euro 5.000,00 per la violazione dell’art. 527 cod. pen., reato depenalizzato dall’art. 2 d.lgs. n. 8 del 2016.
Il giudizio di gravame, interposto dalla Prefettura, si concluse, nella resistenza di NOME COGNOME, con la sentenza n. 1213/2021, pubblicata il 21/10/2021, con la quale il Tribunale di Viterbo, accolse l’appello, rigettando l’opposizione di NOME COGNOME sul presupposto che il termine di prescrizione ex art. 2935 cod. civ. decorresse non dal compimento del reato, ma dalla conoscenza dell’illecito da parte dell’Amministrazione e che la notifica dell’ordinanza ingiunzione fosse stata effettuata entro il termine quinquennale dalla trasmissione degli atti alla Pubblica Amministrazione da parte dell’Autorità giudiziaria, avvenuta il 31/1/2018.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME propone ricorso per cassazione affidato a un solo motivo, illustrato anche con memoria.
La Prefettura di Viterbo resiste con controricorso.
Considerato che :
Con l’unico motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 28 legge 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere il Tribunale affermato che il termine di prescrizione decorresse dal giorno in cui la Pubblica Amministrazione aveva avuto comunicazione dell’illecito civile e non, invece, dalla consumazione dell’illecito, nella specie istantaneo in quanto realizzato con un’unica azione e, dunque, dal 1/2/2010. Peraltro, posto che il reato era stato commesso nella data sopra indicata e che la depenalizzazione era intervenuta nel 2016, vi era stata una chiara lesione del favor rei , atteso che il
ricorrente aveva partecipato a sei anni di processo, superiori ai termini di prescrizione del reato, e che, senza l’intervenuta depenalizzazione, avrebbe senz’altro avuto la possibilità di godere dei benefici dell’intervenuta prescrizione.
2. Il ricorso è inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito (tra le tante Cass., Sez. 6-3, 28/5/2018, n. 13312; Cass., Sez. 6-3, 3/2/2015, n. 1926).
Il principio di autosufficienza non risponde, invero, ad un’esigenza di mero formalismo, ma è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione, e a consentire di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass., Sez. 3, 12/1/2024, n. 1352; Cass., Sez. 5, 4/10/2018, n. 24340).
Il ricorso, in esame, non si conforma affatto a tali principi, giacché non descrive assolutamente i fatti di causa, ma si limita (v. pagg. 1 e ss.) a riportare i contenuti del provvedimento impugnato, senza
ulteriori specificazioni, passando direttamente alla esposizione dei motivi e dando così per scontata la conoscenza della vicenda con conseguente sua inammissibilità.
3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico del ricorrente. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13/3/2025.