Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9478 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 9478 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 21919 del ruolo AVV_NOTAIO dell’anno 2019, proposto da
TRALICCI NOME NOMEC.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 1239/2019, pubblicata in data 17 gennaio 2019; udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME; udito il pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso, in conformità al contenuto della requisitoria scritta già depositata (con correzione del dispositivo finale della stessa), per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO , per delega dell’AVV_NOTAIO, per la ricorrente.
Fatti di causa
NOME COGNOME è intervenuta, sulla base di titolo di formazione giudiziale, quale creditrice, in un procedimento di espropriazione presso terzi promosso da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, la quale ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., in relazione a tale intervento.
Il Giudice di Pace di Roma, sull’assunto che l’importo del credito per cui era avvenuto l’intervento era stato estinto dalla società debitrice, ha dichiarato cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese di lite.
Il Tribunale di Roma ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre la COGNOME, sulla base di un unico motivo.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.
È stata disposta la trattazione in pubblica udienza, successivamente rinviata più volte, in attesa della risoluzione di alcune questioni pregiudiziali relative alla regolarità della procura del difensore della ricorrente per la presente fase del giudizio da parte delle Sezioni Unite di questa Corte.
Parte ricorrente ha depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Ragioni della decisione
Si premette che deve ritenersi superato ogni dubbio in ordine alla regolarità della procura conferita dalla ricorrente al proprio difensore, in virtù delle decisioni assunte dalle Sezioni Unite di questa Corte sulle relative questioni (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 36057 del 09/12/2022, Rv. 666374 -01; Sez. U, Sentenza n. 2077 del 19/01/2024, Rv. 669830 -01).
Con l’unico motivo del ricorso si denunzia « violazione e falsa applicazione delle norme diritto ex art. 360 n. 3 cpc con
riguardo agli artt. 112, 115 e 116 -91 cpc -omessa valutazione di una circostanza determinante ex art. 360 n. 5 cpc ».
La ricorrente contesta la decisione con cui il tribunale (quale giudice di secondo grado) ha confermato la statuizione di cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite, emessa dal giudice di pace in primo grado. Sostiene che non ricorrerebbero i presupposti per tale statuizione, dovendo invece, a suo dire, essere rigettata l’opposizione e, di conseguenza, condannata l’opponente al pagamento delle spese di lite in proprio favore.
È pregiudiziale ed assorbente, con riguardo ad ogni altra questione, anche relativa alla corretta instaurazione del contraddittorio nella fase di merito, il rilievo della radicale inammissibilità del ricorso.
Esso non rispetta, infatti, il requisito della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (nella formulazione vigente, ratione temporis ).
3.1 Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 -01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 -01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 -01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle
censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 -01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 -01; Cass., Sez. U, Sentenza n. 30754 del 28/11/2004). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
3.2 Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo e non è, pertanto, idoneo a consentire la valutazione nel merito delle censure formulate con l’unico motivo.
In primo luogo, manca, infatti, in esso, l’indicazione del terzo pignorato, ciò che è, di per sé, causa di inammissibilità del ricorso (cfr., in proposito, da ultimo, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26562 del 14/09/2023, Rv. 668669 -01: « in materia di opposizioni esecutive, il ricorso per cassazione carente dell’esatta indicazione dei litisconsorti necessari è inammissibile, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.: non è possibile, nonostante la violazione dell’art. 102 c.p.c., rimettere l’intera causa a l giudice di primo grado al fine di procedere a contraddittorio integro a causa dell’assoluta incertezza dell’identità dei litisconsorti stessi, trattandosi di requisito di contenuto-forma che deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato ‘aliunde’ »; nel medesimo senso: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11268 del 12/06/2020, Rv. 658143 -01; nella specie,
tale indicazione è contenuta solo nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. in vista dell’odierna udienza pubblica, ma, ovviamente, ciò non consente di sanare l’originario vizio di contenuto-forma del ricorso).
Manca, altresì, un adeguato richiamo alle vicende del processo esecutivo necessarie per valutare la sussistenza dei presupposti processuali del presente giudizio e la fondatezza delle censure formulate in relazione alla decisione impugnata.
In particolare, nulla si precisa, nel ricorso, né in relazione al credito per cui è stato effettuato il pignoramento, né in relazione al contenuto della dichiarazione di quantità eventualmente resa dal terzo pignorato, né in relazione all’esistenza o meno di eventuali interventi di altri creditori; manca, inoltre, un adeguato richiamo, in violazione anche dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., del contenuto dell’atto di intervento oggetto dell’opposizione (con la specifica dettagliata indicazione dei crediti fatti valere e dei relativi accessori) e di quello degli atti di precetto di cui la ricorrente pretende il rimborso (quali spese inerenti all’intervento, parrebbe).
I rilievi che precedono risultano, come premesso, assorbenti ai fini della dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
In ogni caso, è opportuno aggiungere che lo stesso risulta inammissibile anche perché le censure con esso formulate non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato, come del resto puntualmente evidenziato anche nella requisitoria della rappresentante della Procura Generale.
4.1 Il tribunale, nella motivazione della decisione impugnata -che deve essere valutata ed interpretata nel suo complesso, onde apprezzarne il senso effettivo -afferma che, anche se il giudice di pace aveva dichiarato la cessazione della materia del contend ere per non essere stata contestata l’avvenuta estinzione (per pagamento e/o compensazione) del credito posto a
base dell’intervento della COGNOME nel processo esecutivo, nella sostanza aveva ritenuto fondata l’opposizione della società debitrice, proprio in virtù del fatto che il credito posto a base dell’intervento risultava integralmente estinto (il che, è appen a il caso di sottolineare, fa venir meno il diritto di procedere ad esecuzione forzata, a prescindere dal fatto che ciò avvenga prima o dopo l’intervento stesso).
Interpretato in tali termini il rilievo di cessazione della materia del contendere operato dal giudice di primo grado, il tribunale ha, di conseguenza, ritenuto, altresì, corretta anche la decisione di compensazione delle spese di lite (ed è appena il caso di osservare che quest’ultima costituisce, addirittura, una decisione favorevole all’opposta, essendo stata quest’ultima ritenuta, quanto meno virtualmente, soccombente nel merito).
Sulla base di tali precisazioni (cioè, sulla base del rilievo che la decisione di primo grado esprimeva il sostanziale riconoscimento della fondatezza, almeno virtuale, dell’opposizione, in relazione all’avvenuta estinzione del credito posto a base dell’in tervento), il tribunale ha, dunque, ritenuto di confermare nel merito la predetta sentenza di primo grado, considerando che effettivamente l’opposizione era da ritenere fondata: ciò per il rilievo decisivo ed assorbente che risultava infondata l’unica effe ttiva censura avanzata in concreto contro la stessa dalla parte appellante, avente ad oggetto il mancato riconoscimento a proprio credito delle spese di due atti di precetto che assumeva di avere notificato al debitore anteriormente al pagamento, non essendo stata sufficientemente documentata l’effettiva notificazione di detti atti di precetto.
4.2 Sotto tale profilo, la sentenza risulta del tutto conforme a diritto: è, anzi, addirittura assorbente il rilievo per cui le spese di precetto non sono, in realtà, affatto riconoscibili in favore del creditore intervenuto, in quanto il precetto (come correttamente sostiene, in diritto, la stessa ricorrente) non è un atto
necessario ai fini dell’intervento e, pertanto, si tratta di una spesa superflua, non riconoscibile in favore del creditore intervenuto come spesa di esecuzione ai sensi dell’art. 95 c.p.c.. In ogni caso, sul punto, il ricorso certamente difetta di specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., come già rilevato, perché non richiama adeguatamente il contenuto dell’atto di intervento e tanto meno quello degli atti di precetto il cui rimborso, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto esserle riconosciuto; è, comunque, conforme a diritto la decisione impugnata, laddove il tribunale ha ritenuto che l’onere della prova del contenuto e dell’effettiva notificazione dell’atto di precetto di cui viene chiesto il rimborso in sede di esecuzione è sempre a carico del creditore.
4.3 Tanto chiarito, a maggior ragione la pronuncia impugnata si sottrae alla censura di violazione dell’art. 91 c.p.c., in quanto, essendo fondata l’opposizione, la compensazione delle spese di lite risulta addirittura un esito vantaggioso per la ricorrente, che era da ritenere soccombente nel merito (ed è irrilevante, sotto quest’aspetto, se lo fosse realmente o virtualmente).
4.4 La ricorrente, nel ricorso, sostiene che il tribunale avrebbe omesso di considerare che il pagamento era stato effettuato dopo l’intervento nel processo esecutivo e dopo la notificazione degli atti di precetto: ma, in realtà, queste circostanze sono da ri tenere del tutto irrilevanti ai fini dell’esito dell’opposizione.
Anche se l’estinzione del credito posto a base dell’azione esecutiva per pagamento (o altra causa) avviene dopo il pignoramento o dopo l’intervento, il debitore ben può proporre opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., per far valere il sopravvenuto venir meno del diritto di procedere ad esecuzione forzata del creditore e, in tal caso, l’opposizione sarà comunque da ritenere fondata.
Vi potrà essere, in tal caso, al più, una contestazione relativa all’eventuale integrale satisfattività del pagamento: e una
siffatta questione, nella specie, risulta posta dalla ricorrente con riguardo alle spese degli atti di precetto notificati sulla base dei titoli esecutivi posti a fondamento del suo intervento, per quello che emerge dalla sentenza impugnata, senza che nel ricorso vi sia una specifica deduzione in senso contrario. Ma, sotto il profilo in esame, si tratta, come già ampiamente esposto, di una contestazione certamente infondata.
Di conseguenza, il semplice fatto che il pagamento sia avvenuto prima o dopo l’intervento, ovvero prima o dopo la notificazione dei precetti, cioè le ragioni poste a base del ricorso (almeno per quel che sembra possibile intendere in virtù della confusa esposizione in esso contenuta), non ha alcun rilievo ai fini dell’esito dell’opposizione.
4.5 Sulla base di quanto sin qui esposto, vanno dunque condivise le osservazioni della rappresentante della Procura Generale, la quale ha fatto rilevare che il ricorso difetta di specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3 e 6, c.p.c., anche perch é non coglie adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228.
per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del
D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-