Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5270 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5270 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso per revocazione iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende;
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 740/2023, depositata il 28/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
PREMESSO CHE
1. NOME COGNOME ha appellato la sentenza del Tribunale di Napoli che, per quanto interessa il presente giudizio, l’ha condannata a restituire in favore degli originari attori NOME COGNOME e NOME COGNOME la somma di euro 23.410,26. Gli attori avevano chiamato in giudizio l’appellante e il marito NOME COGNOME affinché fosse pronunciata la risoluzione del contratto di appalto relativo alla ristrutturazione dell’immobile di loro proprietà ed i convenuti fossero condannati alla restituzione della somma di euro 44.200,00 ovvero, in via subordinata o alternativa, che la COGNOME fosse condannata a restituire la somma di euro 42.000,00 a titolo di indebito arricchimento.
Con l’atto d’appello (secondo quanto si legge alle pagg. 3 e 4 della sentenza d’appello), COGNOME ha chiesto di accertare con giuramento decisorio che si era limitata ad autorizzare il marito ad utilizzare il suo conto corrente bancario e che il marito era stato l’unico destinatario e beneficiario delle somme erogate a fronte dei lavori di ristrutturazione; di rigettare la domanda subordinata proposta nei suoi confronti e volta alla condanna a indennizzare gli attori della diminuzione patrimoniale subita; in via subordinata, di rigettare la domanda formulata dagli attori in sede di comparsa conclusionale di restituzione dell’indebito perché inammissibile e assolutamente infondata; infine, di condannare gli originali attori alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio e al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Con la sentenza n. 4548/2017, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello principale della COGNOME (ha poi dichiarato inammissibile l’appello incidentale di NOME COGNOME e ha rigettato l’appello di incidentale di NOME COGNOME e NOME COGNOME).
Avverso la sentenza d’appello COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione.
Questa Corte -con l’ordinanza 28 febbraio 2023, n. 6022 -ha dichiarato improcedibile il ricorso, in quanto le copie della sentenza impugnata prodotte in giudizio sono tutte mancanti delle pagg. da 7 a 9, mentre i controricorrenti non hanno allegato alcuna copia del predetto provvedimento. La sanzione della improcedibilità, prevista dall’art. 369, secondo comma, n. 2 c.p.c. per il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata, trova infatti applicazione – ha precisato la Corte – anche quando sia prodotta una copia incompleta della sentenza impugnata, ove non sia possibile dedurre con certezza l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della pronuncia. Situazione, quest’ultima, ravvisabile ad avviso della Corte nel caso in esame, ‘atteso che nelle parti prodotte della sentenza non si dà alcun conto del giuramento decisorio deferito dalla ricorrente al coniuge, come riportato dalla stessa nel ricorso e confermato dai controricorrenti, mentre non è dato sapere quali siano i contenuti delle pagine mancanti, sicché non è possibile stabilire quale sia stato il ragionamento decisorio seguito dalla Corte d’appello soprattutto riguardo alla prima censura’.
NOME COGNOME propone ricorso per revocazione avverso l’ordinanza della Corte di cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
L’intimato NOME COGNOME non ha proposto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
Il primo motivo denuncia ‘esistenza della trascrizione delle pagine mancanti della sentenza della Corte d’appello nel ricorso per Cassazione e nel controricorso’: non è in discussione l’intervenuto deposito, in termini, della copia autentica della sentenza emessa
dalla Corte d’appello, ‘seppure manchevole di qualche pagina’; il contenuto di tali pagine, da 7 a 9 della detta sentenza, si rinviene però nel ricorso per Cassazione alle pagg. 15, 16, 17, 23 e 24, nonché, per esteso, nel controricorso alle pagg. 14, 15 e 16; inoltre, nel fascicolo del ricorso per cassazione, all’allegato 4, vi è la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio della Corte d’appello, munito di visto, fascicolo d’ufficio in cui è presente la sentenza.
Il secondo motivo contesta ‘omesso esame del secondo, terzo e quarto motivo di ricorso per cassazione’: nel ricorso per cassazione, oltre al motivo che la Corte ha ritenuto di non avere gli strumenti per esaminare, ve ne sono ben altri tre.
Il ricorso è inammissibile, in quanto il vizio denunciato – e illustrato nei due motivi – non è riconducibile all’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 -bis c.p.c. È infatti incontroverso che l’errore di fatto revocatorio, come hanno più volte affermato le sezioni unite di questa Corte (si vedano, per tutte, Cass., sez. un., n. 4413/2016), consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione (tra le varie, Cass. n. 3494/2013).
Nella specie, l’errore revocatorio viene individuato dalla ricorrente nella declaratoria di improcedibilità del ricorso a fronte della mancanza di tre pagine della sentenza impugnata, mancanza che impedisce di individuare le ragioni poste a fondamento del rigetto da parte della pronuncia d’appello del gravame della ricorrente. COGNOME non contesta l’incompletezza delle copie della sentenza depositate, ma a suo avviso il contenuto di tali pagine sarebbe stato ricavabile dalle trascrizioni della sentenza nel ricorso e nel controricorso; la Corte d’appello avrebbe poi potuto consultare la copia completa della sentenza presente nel fascicolo d’ufficio.
Il vizio denunciato non può, ad avviso del Collegio, essere considerato un errore di fatto revocatorio, in quanto semmai si tratterebbe di una erronea interpretazione e valutazione degli atti della causa, interpretazione e valutazione estranea al rimedio revocatorio. La Corte di cassazione ha infatti ritenuto che le ragioni della pronuncia non fossero individuabili. D’altro canto, è vero che secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘la produzione di copia incompleta della sentenza impugnata è causa di improcedibilità del ricorso per cassazione ex art. 369 c.p.c. solo ove non consenta di dedurre con certezza l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della pronuncia’ (così Cass. n. 14347/2020 e Cass. n. 14426/2018), la valutazione di tale possibilità è demandata alla Corte e, nel caso in esame, se in particolare nel controricorso sono presenti trascrizioni delle pagine mancanti, sono però trascrizioni parziali che non indicano in modo compiuto che si tratta della trascrizione completa delle pagine mancanti (va in ogni caso sottolineato che in una non recente pronuncia, Cass. n. 2174/1964, le sezioni unite di questa Corte hanno statuito l’irrilevanza, ai fini della declaratoria di improcedibilità, della circostanza che la decisione impugnata risulti trascritta nell’identico testo sia nel ricorso che nel controricorso e, negli stessi termini, Cass. n. 5854/1979).
Quanto al rilievo secondo cui la pagine mancanti attenevano soltanto al primo dei motivi di appello e non impedivano l’esame dei restanti motivi, si tratta anche qui di un rilievo che investe una valutazione, concernente la possibilità di potere comunque individuare le ragioni della sentenza impugnata relativamente agli altri motivi d’appello, rispetto alla quale va comunque osservato che le pagine mancanti riguardavano tutti i motivi d’appello della ricorrente e che soltanto alle pagg. 10 e 11 vi era un riferimento all’ultimo dei motivi proposti da COGNOME.
Quanto, infine, al rilievo per cui la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare il testo della sentenza presente nel fascicolo d’ufficio, avendo la ricorrente richiesto la trasmissione del fascicolo, va considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte relativa all’omesso deposito della relata di notifica della sentenza impugnata, va esclusa la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, ove vi sia stata l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio e la relata risulti presente nel medesimo, solo nei casi ‘in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato’ (così Cass., sez. un., n. 21349/2022) e nel caso in esame non si tratta di notificazione effettuata d’ufficio, ma su istanza di parte.
II. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
III. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda