Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22085 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ingiuntivo
NOME COGNOME
Presidente –
NOME COGNOME
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere –
R.G.N. 14260/2022 Cron.
NOME COGNOME
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere COGNOME. –
CC – 24/04/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14260/2022 R.G. proposto da COGNOME AVV_NOTAIO, da sé medesimo rappresentato e difeso, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1684/21, depositata il 30 novembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza del 31 gennaio 2019, il Tribunale di Salerno accolse l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 460/12, con cui era stato intimato all’opponente e a NOME COGNOME il pagamento della somma di Euro 89.060,55 in favore dell’AVV_NOTAIO, a titolo di competenze professionali, e revocò il decreto ingiuntivo, rigettando la domanda proposta dal ricorrente.
L’impugnazione proposta dall’AVV_NOTAIO è stata dichiarata inammissibile dalla Corte d’appello di Salerno con sentenza del 30 novembre 2021.
A fondamento della decisione, la Corte ha richiamato l’art. 14 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, che dichiara inappellabile l’ordinanza che definisce il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto onorari, diritti o spese spettanti all’avvocato per prestazioni giudiziali, affermando che tale ordinanza è impugnabile esclusivamente con il ricorso straordinario per cassazione. Ha escluso inoltre l’applicabilità del principio secondo cui la predetta ordinanza è impugnabile con l’appello, se emessa all’esito di un giudizio svoltosi con rito sommario di cognizione, anziché con quello speciale di cui all’art. 14 cit., rilevando che nella specie era stato seguito proprio quest’ultimo rito.
Avverso la predetta sentenza l’AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La COGNOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di valutare la convenzione di arbitrato stipulata tra esso ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2004 ed integrata con dichiarazioni aggiuntive nell’anno 2007 e di porla a confronto con la scrittura privata sottoscritta il 4 ottobre 2010 da NOME COGNOME, nuova liquidatrice della predetta società. Premesso che la Corte d’appello ha omesso di procedere alla riunione del giudizio con altri aventi ad oggetto opposizioni ad analoghi decreti ingiuntivi, sostiene che la causa avrebbe dovuto essere trattata
con rito ordinario per l’esame delle questioni pregiudiziali riguardanti la validità della predetta convenzione, l’efficacia della scrittura privata e la configurabilità della competenza arbitrale, dovendo poi il giudizio proseguire con rito camerale ai fini dell’accertamento dei crediti azionati e dell’esame delle domande riconvenzionali.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 324 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare il giudicato esterno formatosi per effetto della sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 2133/20, emessa il 21 maggio 2020 nel giudizio vertente tra esso ricorrente, NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME, ed avente anch’esso ad oggetto l’opposizione a un decreto ingiuntivo riguardante il pagamento di competenze professionali. Premesso che dalla predetta sentenza emergeva il difetto di legittimazione della COGNOME, sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto rimettere gli atti al Tribunale, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ., per lo svolgimento del giudizio in due fasi, oppure sospendere il giudizio fino alla formazione del giudicato in ordine alle questioni pregiudiziali.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’erroneità della condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, riportandosi alle argomentazioni svolte a sostegno degli altri motivi.
Il ricorso è inammissibile.
L’illustrazione dei motivi è infatti preceduta da un’esposizione dei fatti di causa estremamente confusa e sostanzialmente incomprensibile, in quanto piena di riferimenti a persone, circostanze e rapporti apparentemente estranei alla presente controversia, nonché ad altri giudizi, il cui collegamento con quello in esame risulta difficilmente ricostruibile sulla base delle indicazioni fornite. Il ricorrente sembra infatti alludere ad un incarico professionale conferito da soggetti diversi dalla controricorrente e a una convenzione di arbitrato seguita da una promessa di pagamento, apparentemente riferibili al medesimo rapporto professionale, nonché al recesso del cliente, al trasferimento di crediti da parte del medesimo in favore della COGNOME ed alla surrogazione di quest’ultima in una pluralità di procedure esecutive: tali vicende, tuttavia, oltre ad essere riferite in maniera oltremodo oscura e disordinata,
non risultano accompagnate da una chiara indicazione delle ragioni per cui la controricorrente è stata individuata come destinataria della pretesa di pagamento del compenso professionale, avendo il ricorrente insistito sul difetto di legittimazione attiva della stessa, senza tenere conto di aver egli stesso proposto nei suoi confronti il ricorso per decreto ingiuntivo. Nel ricorso si accenna inoltre ripetutamente a giudizi promossi nei confronti di terzi ed al ruolo svolto dallo studio professionale RAGIONE_SOCIALE, quale orchestratore di una strategia complessivamente ordita in danno del ricorrente, senza che ne venga precisato il rapporto con la vicenda da cui trae origine la controversia e con la pretesa avanzata nel procedimento monitorio: ciò impedisce di cogliere il senso e la portata delle censure proposte con il ricorso, le quali, oltre ad essere a loro volta corredate da oscuri richiami ai fatti narrati nella premessa, risultano prive di qualsiasi collegamento con le ragioni di natura processuale poste a fondamento della decisione impugnata, e perciò solo inidonee a confutarle.
Tali modalità di redazione del ricorso si pongono radicalmente in contrasto con il disposto dell’art. 366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., il quale esige che l’atto contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti e delle ragioni di fatto e di diritto che le giustificano, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria e nonché dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, nonché delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, poste a fondamento della sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata: tale esposizione non risponde ad esigenze meramente formali, ma mira ad offrire al Giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, in modo tale da consentirgli di cogliere il significato e la portata delle censure mosse alla sentenza impugnata, senza dover accedere ad altre fonti ed atti del processo (cfr. Cass., Sez. Un., 30/11/2021, n. 37552; Cass., Sez. III, 12/01/2024, n. 1352; Cass., Sez. VI, 3/02/2015).
5. Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo, con attribuzione al difensore della controricorrente, dichiaratosi
antistatario.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 24/04/2024