Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 192 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19577/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale a margine del ricorso.
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ricorrente – contro
ZOTTI DINUCCIA.
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intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 5884/2018 depositata il 20/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME proponeva opposizione al decreto ingiuntivo richiesto nei suoi confronti da COGNOME NOME.
Con sentenza n. 1786 del 17 luglio 2014 il Tribunale di Benevento rigettava l’opposizione.
Avverso tale sentenza COGNOME COGNOME NOME proponeva appello; si costituiva, resistendo al gravame, COGNOME NOME.
Con sentenza n. 5884/2018 del 20 dicembre 2018 la Corte d’Appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resta intimata COGNOME NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, di cui formalmente manca la rubrica, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 112 cod. proc. civ., 3, 24 e 111 della Carta costituzionale, nonché dell’art. 6 della Cedu.
Lamenta che la corte di merito ha valutato erroneamente la documentazione probante, nonché gli atti difensivi e di causa, tra cui l’atto di citazione in opposizione e l’atto di appello, ed ha per l’effetto reso una motivazione inesistente, apparente, non corrispondente al reale thema decidendum ed ha avrebbe trascurato di applicare il disposto dell’art. 644 cod. proc. civ.
1.1. Il motivo è infondato.
La corte di merito ha motivato conformemente al costante orientamento di legittimità, secondo cui la tardiva notificazione del ricorso per decreto ingiuntivo comporta ai sensi dell’art. 644 cod. proc. civ., disposizione che è stata espressamente presa in
considerazione dall’impugnata sentenza -l’inefficacia del provvedimento, ma non esclude, tuttavia, che il ricorso per ingiunzione mantenga la natura di domanda giudiziale.
Infatti, la notificazione, comunque effettuata, financo tardivamente, è indice della volontà del creditore di avvalersi dell’ingiunzione, per cui è compito del giudice di merito provvedere sia sull’eccezione di inefficacia del decreto ingiuntivo sia sulla fondatezza o meno nel merito della pretesa azionata nel procedimento monitorio (v. Cass., 13/06/2103, n. 14910; Cass., 3980/2016).
Con il secondo motivo, di cui formalmente manca la rubrica, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 112 cod. proc. civ., 3, 24 e 111 della Carta costituzionale, nonché dell’art. 6 della Cedu.
Lamenta che la corte di merito ha posto alla base della sua sentenza ‘un thema decidendum non dibattuto né in primo grado, né in appello, sicchè la risposta è stata il rifiuto del contraddittorio, anche perché la Corte ha infondatamente affermato che la scrittura contenente il ‘preteso credito’ sarebbe stata accettata’ (v. p. 11 del ricorso).
2.1. Il motivo, invero francamente incomprensibile, è inammissibile.
E’ dedotto in maniera generica ed assertiva, dato che il ricorrente lamenta che la corte territoriale si sarebbe pronunciata su un thema decidendum ‘non istruito, non dibattuto né in primo grado né in appello’ (v. p. 11 del ricorso), ma non enuncia quale esso sia e si limita ad un fugace riferimento -così formulato: ‘anche perché la Corte ha infondatamente affermato che la scrittura contenente il ‘preteso credito’ sarebbe stata accettata’ -ad una questione della quale, invero, l’impugnata sentenza non fa menzione alcuna.
Costante orientamento di legittimità ha già avuto modo di
affermare che qualora una questione giuridica -implicante un accertamento di fatto- non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., 13/12/2019, n. 32804; Cass., 24/01/2019, n. 2038; Cass., 13/06/2018, n. 15430).
Inoltre, il ricorrente omette di specificare, trascrivere e localizzare i temi e le questioni su cui -a suo dire- il giudice di appello avrebbe invece dovuto pronunciarsi e quindi, anche per questo, incorre in patente violazione dell’art. 366, n. 3, 4 e 6 cod. proc. civ.
Va rammentato che il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., interpretato in modo non formalistico secondo i principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 (v. Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950), consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Suprema Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. Un., 28/11/2018, n. 30754, che richiama Cass. n. 21396 del 2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione
professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. Un., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità (Cass., 8117/2022).
Con il terzo motivo, sempre privo di rubrica, il ricorrente denuncia nuovamente violazione dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 112 cod. proc. civ., 3, 24 e 111 della Carta costituzionale, nonché dell’art. 6 della Cedu.
Lamenta che la corte di merito ha ignorato la sua istanza di discussione orale della causa ed ha così ‘impedito immotivatamente allo scrivente difensore di portare a compimento il lavoro difensivo con la discussione in merito al reale thema decidendum , al decreto ingiuntivo divenuto inefficace a causa della tardiva notifica del ricorso con pedissequo decreto ingiuntivo’ (p. 11 del ricorso).
3.1. Il motivo è infondato.
Consolidato orientamento di questa Suprema Corte afferma che è inammissibile la censura con cui si lamenti un mero vizio del processo, ove non si prospettino anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo (Cass., 15/05/2024, n. 13373; Cass., 27424/2023; Cass., 15/12/2015, n. 1442).
Orbene, nel caso di specie il ricorrente nulla allega in ordine alla sua impossibilità di esercitare il suo diritto di difesa , e del resto risulta ex actis come egli abbia sempre potuto prospettare, in tutti i gradi di merito, la sua doglianza in ordine all’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza