Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11332 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 11969/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE (AdER)
– intimata –
e contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliato, domicilio digitale come in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Firenze n. 2842/2022, depositata il 20.12.2022;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 26.2.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ‘ in opposizione a cartella esattoriale con richiesta di sospensione ex art. 615 c.p.c. e art. 29 D.lgs. n. 46/99 ‘ del 13.12.2016, NOME COGNOME propose dinanzi al Tribunale di Firenze si oppose alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificatagli il 3.11.2016, con cui gli si chiedeva il pagamento di € 29.950,19 a titolo di spese processuali, oltre accessori, in forza della sentenza della Corte d’appello penale di Genova del 18.5.2010, chiedendo dichiararsi l’illegittimità e la nullità dell’iscrizione a ruolo e della cartella stessa, col favore delle spese; ciò in quanto, dal tenore della cartella, esso opponente non er a in grado di capire né l’oggetto (se non per il riferimento alla condanna in solido con altri imputati alle spese processuali, comminatagli dalla Corte d’appello Genova con sentenza n. 1530/2010), né come fosse stato calcolato l’importo richiesto. Si cost ituì RAGIONE_SOCIALE (ora Agenzia delle Entrate-Riscossione, di seguito AdER), chiedendo il rigetto dell’opposizione perché infondata. Con distinte comparse, si costituirono anche RAGIONE_SOCIALE e il Ministero della Giustizia, chiedendo anch’essi il rigetto dell’opposizione. Istruita la causa, con sentenza n.
N. 11969/23 R.G.
408/2019, depositata il 6.2.2019, il Tribunale adito accolse l’opposizione, compensando le spese di lite. Avverso detta sentenza propose appello Equitalia Giustizia s.p.a., nonché, in via incidentale, il Ministero della Giustizia; costituitosi NOME COGNOME e nella contumacia dell’AdER, con sentenza n. 2842/2022, del 20.12.2022 la Corte d’appello di Firenze rigettò entrambi i gravami, regolando le spese. Osservò il giudice d’appello , in particolare, che la sentenza della Corte d’appello penale di Genova n on conteneva la quantificazione delle spese dei due gradi di giudizio del processo penale (attività spettante ai funzionari incaricati di redigere i ‘fogli notizie’ di cui all’art. 280 T.U.S.G.) e che, dalla documentazione versata in atti, emergeva una congerie di atti relativi ‘ a somme anche ingenti per le più svariate voci di spesa, intestati a soggetti diversi ‘, tanto che la stessa Corte d’appello ligure, nel trasmettere gli allegati al ‘modello A’ ad Equitalia Giustizia, onde procedere all’iscrizione a ruolo, aveva avvertito della possibilità di errori da duplicazione. Pertanto, ha proseguito la Corte toscana, giammai il COGNOME avrebbe potuto avere contezza della correttezza della pretesa fatta valere con la cartella, difettando un preciso conteggio che lo riguardasse, neppure essendo possibile comprendere se dette spese fossero state già ripartite o meno tra i coimputati di quel processo penale (per le note vicende della Scuola Diaz, durante il G8 di Genova del 2001), né la sentenza penale avendo posto il vincolo della solidarietà tra gli stessi coimputati. Infine, la stessa Equitalia Giustizia non era stata in grado di chiarire se le spese di cui alla cartella afferissero in senso stretto alle spese processuali, oppure consistessero nel recupero delle spese di costituzione e difesa corrisposte alle parti civili.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di due motivi, cui resiste con controricorso NOME COGNOME; il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso adesivo da valere anche come ricorso incidentale; AdER non ha svolto difese. La ricorrente principale e NOME COGNOME hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si lamenta la ‘ illegittimità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 541 c.p.p., dell’art. 227 bis dpr n. 115/2002 e dell’art. 25 d.p.r. 602/73 in relazione all’art. 360, comma 1, c.p.c. n. 3 ‘. Deduce la ricorrente che le somme intimate erano state calcolate sulla base della sentenza della Corte d’appello penale di Genova n. 1530/2010, divenuta irrevocabile il 5.7.2012 – con cui il COGNOME (insieme ad altri appartenenti alla Polizia di Stato) era stato condannato per i noti fatti della Scuola Diaz, a margine del G8 di Genova del 2001 – e dei relativi fogli-notizie; in particolare, con detta sentenza penale, la Corte genovese aveva condannato il COGNOME al pagamento delle spese processuali di primo e secondo grado. Inoltre, prosegue la ricorrente, la cartella era stata redatta secondo lo schema ministeriale ed il Luperi era del tutto in grado di comprenderne il significato, in quanto egli era ben consapevole di essere stato condannato penalmente per i noti fatti della Scuola Diaz.
1.2 Con il secondo motivo si denuncia la ‘ illegittimità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli art. 91 e 92 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. ‘, per aver il giudice d’appello condannato alla
rifusione delle spese l’agente della riscossione, che aveva solo agito per il recupero di crediti derivanti dalla quantificazione operata da funzionari della Procura della Repubblica, del Tribunale e della Corte d’appello.
2.1 Preliminarmente, va rilevato che la Corte d’appello di Firenze ha espressamente qualificato – benché passim -l’opposizione spiegata dal COGNOME come opposizione ex art. 615 c.p.c. (nonostante, in verità, dalla stessa sintesi delle ragioni di opposizione, riportate alle pp. 3 e 4 della sentenza, emergessero senz’altro anche motivi inerenti ad opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), sicché, in assenza di alcuna impugnazione sul punto, non può che prendersene atto e procedere alla delibazione del merito cassatorio dei ricorsi che occupano; non può dunque valutarsi in questa sede se gli appelli proposti da Equitalia Giustizia e dal Ministero fossero effettivamente (in tutto o in parte) ammissibili, al lume del disposto dell’art. 618, comma 2, c.p.c., posta la nota inappellabilità della sentenza che decide l’opposizione agli atti esecutivi.
Tanto esime dunque questa Corte dal dover verificare se le doglianze del Luperi, specialmente in ordine alla contestata motivazione della cartella, afferissero a vera e propria contestazione del diritto di procedere all’esecuzione forzata minacciata (come ritenuto, in tale ipotesi, da Cass. n. 23297/2022, cui si rinvia per brevità), ovvero al mero deficit formale della cartella (per tale ipotesi, si veda la recente Cass. n. 560/2025); e restando precluso il riscontro della conformità della gravata pronuncia ai principi generali elaborati da questa Corte alle contestazioni delle cartelle per il recupero delle spese di giustizia penali (su cui, per tutte, v. Cass. n. 31774/2023, oltre alla già citata Cass. n. 560/2025).
N. 11969/23 R.G.
2.2 Sempre in via preliminare, l ‘eccezione di difetto di procura della ricorrente principale, sollevata dal COGNOME, è infondata.
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Al riguardo, dall’esame della procura allegata al ricorso di Equitalia Giustizia, emerge senza dubbio che (a parte l’erronea datazione, senz’altro ascrivibile ad un refuso, indicata come ‘ 3 Gennaio 2022 ‘, anziché ‘ 3 Gennaio 2023 ‘) la procura è stata rilasciata all’avv. NOME COGNOME per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza deliberata in data 30.11.2022 dalla Corte d’appello di Firenze a definizione del giudizio iscritto al N. 1082/2019 R.G. Pertanto, benché non sia stato specificamente indicato il numero della sentenza, né la data di sua pubblicazione, non è dubbio che la procura speciale sia stata rilasciata proprio ai fini dell’impugnazione di quella sentenza, poi qui prodotta quale duplicato informatico e da ritenersi identificata -in assenza di contestazione sul punto (v. Cass. n. 12971/2024) – nella sentenza N. 2842/2022, pubblicata il 20.12.2022; essa rispetta, dunque, il requisito di specialità ex art. 365 c.p.c., a nulla rilevando il lungo lasso di tempo tra il suo rilascio e la notifica del ricorso per cassazione, ma solo che ‘ il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso ‘ (Cass., Sez. Un., n. 2075/2024) 3.1 Ciò posto – analogamente a quanto ritenuto in altra vicenda processuale in tutto analoga e, sostanzialmente, per le medesime questioni, anche fattuali (v. Cass. n. 3908/2024) – il ricorso di Equitalia Giustizia è inammissibile, per violazione dell’art. 366, comma 1, nn. 3, 4 e 6, c.p.c., benché nel testo oggi
vigente, applicabile ratione temporis .
Infatti, è noto che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità – che, in tesi, affliggono la decisione impugnata scegliendoli dal novero di quelli elencati dall’art. 360, comma 1, e nel rispetto, tra l’altro, dei requisiti di contenuto -forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c. Tanto non può riscontrarsi nella specie.
3.2.1 Anzitutto, l’esposizione dei fatti processuali e sostanziali è assolutamente lacunosa e, per comprendere il senso delle censure, è indispensabile leggere senz’altro la sentenza impugnata (insufficiente essendo quella sua parte -relativa al merito – testu almente riportata solo nell’ambito del primo motivo di ricorso, alle pp. 79). Basti rilevare che, dalla lettura dell’atto in scrutinio, non è dato neppure comprendere di cosa originariamente si lamentasse l’opponente con l’atto introduttivo del giudizio, fatti salvi laconici riferimenti – invero equivoci, per quanto si dirà tra breve – al denunciato difetto di motivazione della cartella, pure rilevato e stigmatizzato dalla Corte d’appello: la ricorrente, con riguardo alle posizioni delle parti, si limita a riprodurre pedissequamente le formali conclusioni rassegnate, sia in primo grado che in appello, senza però illustrarle con gli argomenti ad esse sottese e così relegandole alla sostanziale incomprensibilità.
3.2.2 Ebbene, nel rinviare, sul punto, alla ampia motivazione della recente Cass. n. 15445/2023, che il Collegio interamente condivide, può qui ribadirsi la funzione cui assolve il requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., è ben riassunta da Cass. n. 593/2013, laddove si afferma (in motivazione) che esso ‘ serve alla Corte di cassazione per percepire con una certa immediatezza il fatto
sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale e, quindi, acquisire l’indispensabile conoscenza, sia pure sommaria, del processo, in modo da poter procedere alla lettura dei motivi di ricorso in maniera da comprenderne il senso ‘ . Inoltre, occorre anche rimarcare che, ai fini della sanzione dell’inammissibilità, non può distinguersi tra esposizione del tutto omessa o meramente insufficiente (così Cass. n. 1959/2004), occorrendo precisare che, come più recentemente affermato, il ricorso deve considerarsi inammissibile per insufficiente esposizione, ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 3, c.p.c., quando ‘ non consente alla Corte di valutare se la questione sia ancora ‘viva’ o meno ‘ (così, Cass. n. 1296/2017, in motivazione), ossia se dalla mera lettura del ricorso possa evincersi se i motivi di impugnazione proposti siano ancora spendibili, ovvero preclusi dalla formazione del giudicato interno.
Il che vale, a maggior ragione, in relazione alla disposizione come novellata dal d.lgs. n. 149/2022, essendo oggi previsto, in modo ancor più esplicito, che il ricorso deve contenere ‘ la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso ‘.
3.2.3 Ora, così inquadrato il tema in discorso – anche al lume della più recente giurisprudenza sovranazionale (Corte EDU, sentenza 28.10.2021, Succi c. Italia ), nella lettura datane da questa stessa Corte (Cass., Sez. Un., n. 8950/2022; e cfr. pure Cass. n. 12481/2022) – ritiene la Corte che la ricorrente sia incorsa in una insufficiente esposizione, tale da rendere il ricorso inservibile al suo scopo di introdurre validamente il giudizio di legittimità, avendo adottato una tecnica espositiva (già descritta supra ) del tutto inadeguata, che rende, dunque, particolarmente ‘indaginosa’ l’individuazione delle questioni da parte di
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questa Corte, impropriamente investita della ricerca e della selezione dei fatti (pure processuali) rilevanti ai fini del decidere (Cass., Sez. Un., n. 16628/2009).
3.3 Sotto diverso, ma connesso profilo, viene anche in rilievo una patente violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., perché la ricorrente fa riferimento a molteplici documenti (fogli-notizie, sentenza penale, nota A, integrazione, ecc.), a sostegno e giustificazione del credito portato dalla cartella impugnata, senza affatto illustrarne il contenuto rilevante, come oggi prevede la citata disposizione processuale, novellata dal d.lgs. n. 149/2022 (applicabile ratione temporis ).
3.4.1 Infine, occorre anche rilevare che la censura di cui al primo motivo è totalmente aspecifica, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (sui cui tratti generali si rinvia, per brevità, alla già citata Cass. n. 15445/2023, in motivazione).
Infatti, come chiaramente emerge dalla sentenza impugnata, la Corte d’appello ha anche sottolineato che la sentenza penale in parola non conteneva la quantificazione delle spese dei due gradi di giudizio, poiché tale compito spetta, ai sensi dell’art. 280 TUSG, ai funzionari incaricati di redigere i ‘fogli notizie’ che riportano le spese anticipate dall’erario e quelle prenotate a debito. Tuttavia, dall’esame della documentazione trasmessa dalla Corte d’appello di Genova, non era in alcun modo evincibile quali spese fossero direttamente riferibili alla posizione processuale del COGNOME, sicché egli non avrebbe mai potuto comprendere se l’importo di cui alla cartella opposta fosse effettivamente corrispondente ai costi concernenti i procedimenti penali di primo e di secondo grado, che si erano conclusi con la sua condanna. Né poteva porsi una questione
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di solidarietà tra coimputati, in quanto non prevista dalla sentenza per le spese processuali, ma solo per il risarcimento del danno in favore delle parti civili.
3.4.2 Ebbene, a fronte di un così chiaro percorso motivazionale, Equitalia Giustizia si è limitata, in questa sede, ad insistere sulla sussistenza della motivazione della cartella e della piena prova del credito, nonché della pretesa conoscibilità delle ragioni della pretesa da parte del Luperi, senza affatto contestare – ed evidentemente neppure cogliere – le altre rationes decidendi , prima descritte .
3.4.3 Infine, benché la ricorrente abbia anche denunciato, col primo mezzo, la pretesa violazione dell’art. 541 c.p.p., non risulta dal ricorso quando la questione della applicabilità della suddetta disposizione alla fattispecie sia stata sottoposta al vaglio dei giudici di merito, così non consentendo a questa Corte di valutarne l’eventuale novità ed impregiudicata l a questione della sua utile conoscibilità da parte del giudice civile, ancora in viol azione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. Da qui l’ulteriore ragione di inammissibilità.
3.5 Tutto quanto precede, ovviamente, vale anche in relazione al ricorso incidentale proposto dal Ministero della Giustizia, stante la sua natura meramente adesiva.
4.1 Il ricorso principale e quello incidentale sono, dunque, nel complesso inammissibili.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente principale e del ricorrente incidentale. Nulla va disposto nei rapporti con RAGIONE_SOCIALE, che non ha svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per la sola Equitalia Giustizia s.p.a., detta disposizione non trovando applicazione in relazione alle impugnazioni proposte dalle Amministrazioni dello Stato (v. Cass. n. 1778/2016).
P. Q. M.
La Corte dichiara i ricorsi inammissibili e condanna Equitalia RAGIONE_SOCIALE e il Ministero della Giustizia, in solido, alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della sola Equitalia Giustizia s.p.a. ed al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della