Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27411 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27411 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 442/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo, domiciliato per legge presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro
DI SCHIENA NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di ROMA n. 7420/2022 depositata il 18/11/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Per come emerge dalla impugnata sentenza (che riporta ampio stralcio della sentenza del giudice di primo grado, sia in punto di svolgimento del processo – pp. 1-2 – che in punto di motivi della decisione -pp. 2, 3 e 4) COGNOME NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma COGNOME Piero, così proponendo opposizione avverso l’atto di precetto a lui notificato in data 28.12.2016 (con cui gli era stato intimato il pagamento della somma di euro 24.027,85, oltre interessi e spese), di cui chiedeva dichiararsi la nullità e/o l’inefficacia. Precisava che il titolo esecutivo, in forza del quale gli era stato intimato il precetto, era costituito dall’atto pubblico del 14.10.2011 a rogito notarile con il quale COGNOME NOME, vittoriosa per le spese di lite in due giudizi penali nei suoi confronti, aveva ceduto al COGNOME, procuratore antistatario della COGNOME nei suddetti giudizi penali, i relativi crediti. Eccepiva l’omessa notifica del titolo esecutivo, nonché l’erroneità delle somme intimate in precetto a titolo di compensi professionali, esborsi ed accessori.
Il COGNOME si costituiva e, in via preliminare, sollevava diverse eccezioni preliminari (nullità/inesistenza della notifica, che era avvenuta a mezzo pec; inesistenza della relata di notifica, perché non sottoscritta digitalmente; omessa attestazione di conformità, omessa allegazione del certificato di firma digitale, omessa creazione del duplicato informatico), mentre nel merito, chiedeva il rigetto della domanda avversaria con vittoria di spese e condanna della controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria.
Nel corso del giudizio spiegava intervento volontario ad adiuvandum COGNOME, insistendo per l’accoglimento dell’opposizione alla luce della circostanza che quello stesso importo (richiesto al COGNOME in quanto debitore ceduto) aveva costituito oggetto del decreto ingiuntivo n. 19717/2015, che era stato emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Roma.
Il giudice di primo grado – rigettate le eccezioni preliminari dell’opposto (con richiamo espresso alle argomentazioni svolte in sede di ordinanza 3 maggio 2017 e rilevata la tardività e l’irrilevanza della documentazione prodotta dal COGNOME nelle date del 20 giugno, 7 e 17 luglio 2020 – accoglieva l’opposizione proposta dal COGNOME e, per l’effetto, dichiarava che il COGNOME non aveva diritto di procedere esecutivamente nei confronti del primo in forza del precetto notificatogli in data 28.12.2016; condannava il COGNOME al rimborso delle spese di lite in favore del COGNOME, nonché in favore del difensore antistatario della COGNOME; condannava il COGNOME al risarcimento dei danni da lite temeraria ex art. 96 co. III c.p.c. in favore di COGNOME.
Il COGNOME impugnava la sentenza del Tribunale, articolando nove motivi. Resistevano con distinti atti sia il COGNOME che la COGNOME, la quale ultima, in via preliminare, eccepiva l’inammissibilità della impugnazione ex adverso proposta.
La corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7420/2022, riteneva ammissibile l’impugnazione, ma la respingeva nel merito.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
Ha resistito con controricorso la COGNOME, che ha chiesto la condanna del ricorrente ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria, con la distrazione delle spese processuali a favore del difensore antistatario, mentre nessuna difesa è stata svolta dal COGNOME.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte ed i Difensori delle parti non hanno depositato memorie nel termine indicato dall’art. 378 c.p.c.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Per quanto occorrer possa si rileva: a) la tardività della memoria che il COGNOME ha depositato in via telematica in data 24 settembre, cioè il giorno prima della fissata adunanza; nonché b) la validità della procura speciale rilasciata dalla resistente COGNOME in calce al controricorso alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite, sulle caratteristiche della procura speciale per il giudizio di legittimità.
Il COGNOME articola in ricorso 18 motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel rigo settimo di pagina quattro è all’evidenza frutto di un rifuso), pur riconoscendo che il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sul rilievo, non ha dichiarato conseguentemente la nullità della sentenza di primo grado per omessa delibazione.
Rileva che il COGNOME e i di lui procuratori si erano già visti rigettare altra opposizione con sentenza del Tribunale di Roma (non meglio precisata), che sarebbe assurta a res iudicata ex art. 324 c.p.c. con la conseguenza che le statuizioni, in essa contenute, farebbero stato anche nel presente giudizio.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel rigo primo di pagina cinque è all’evidenza frutto di un rifuso) ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, ravvisando un’opposizione (non all’esecuzione, ma) agli atti esecutivi e non essendo stata notificata la stessa nel termine perentorio di 20 giorni, previsto dall’art. 617 c.p.c.
Rileva ad ogni modo che lui ha disconosciuto ex art. 2712 c.c. ed ex art. 23 comma 2 CAD (e, in via subordinata, ha spiegato querela di falso) in relazione alle ricevute di consegna ed accettazione cartacee, articolando sul punto prova per testi. E sostiene che – poiché, a fronte del suo disconoscimento, l’opponente nulla ha opposto e non ha provveduto a presentare istanza di verificazione -detta documentazione avrebbe dovuto essere ritenuta inutilizzabile.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui (p. 6) la corte territoriale, nel respingere il terzo motivo di appello, ha affermato che <>.
Sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla corte di merito, <>.
Aggiunge che nella specie: a) il titolo esecutivo non doveva essere notificato, essendo atto pubblico (peraltro già noto al COGNOME per essere stato depositato infruttuosamente in altra procedura esecutiva); b) gli estremi della cessione del credito erano riportati nell’atto di precetto e la stessa cessione era notificata unitamente al precetto (che riporta testualmente); c) pro bono pacis il titolo esecutivo era stato comunque notificato al COGNOME.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito, confermando le statuizioni del giudice di primo grado, ha ritenuto ammissibile l’intervento di terzo in un giudizio di opposizione a precetto in cui il terzo era estraneo, dichiarando inammissibile il motivo di appello.
Sottolinea che nella specie la cessione era stata pro solvendo (e non già pro soluto ), con tutte le conseguenze del caso e che lui aveva
richiesto invano il pagamento delle somme debende al COGNOME sia col precetto opposto nel presente giudizio sia nel giudizio di esecuzione n.r.g.e. 28639/2009 tenutosi dinanzi al Tribunale di Roma
Osserva che nel presente giudizio non è riscontrabile alcun interesse ad agire della COGNOME se non quello emulativo e persecutorio, con conseguente inammissibilità del suo intervento.
2.5.Con il quinto motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel decimo rigo dal basso di pagina ventidue è all’evidenza frutto di un rifuso) ha rigettato l’analogo motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di delibere sull’accezione.
Sottolinea che l’atto doveva essere a lui notificato in qualità di persona giuridica e soggetto giuridico (e non già in qualità di avvocato) e che, pertanto, il ricorso alla pec, essendo illegittimo, aveva prodotto l’inesistenza e la nullità della notifica.
2.6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale ha rigettato il corrispondente motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di delibare sull’eccezione.
Rileva peraltro che l’indirizzo usato per l’asserita notifica dell’opposizione non risulta dai pubblici elenchi, di cui all’art. 16 quater del D.L: 179/2012.
2.7. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nell’undicesimo rigo dal basso di pagina ventitré è all’evidenza frutto di un rifuso) ha rigettato
l’analogo motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di delibere sull’accezione.
Rileva che destinatari delle notifiche via PEC sono attualmente soltanto professionisti ed aziende tenuti, a norma del D.L. 185/2008, all’adozione di un indirizzo di posta certificata.
2.8. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel primo rigo di pagina ventiquattro è all’evidenza frutto di un rifuso) ha rigettato l’analogo motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di deliberare sull’eccezione.
Rileva che la relazione di notificazione non risulta neppure sottoscritta digitalmente ed è priva di hash , impronta e riferimento temporale.
2.9. Con il nono motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel nono rigo dal basso di pagina ventiquattro è all’evidenza frutto di un rifuso) ha rigettato l’analogo motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di deliberare sull’eccezione.
Rileva che: attenendo la notifica a copia di un atto non digitalmente nativo ed acquisito da provvedimento disponibile in formato cartaceo, nella specie manca l’attestazione di conformità; inoltre, l’atto non risulterebbe neppure acquisito dal fascicolo telematico con conseguente nullità, inesistenza ed illegittimità della notifica.
2.10. Con il decimo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel quinto rigo di pagina
venticinque è all’evidenza frutto di un rifuso) ha rigettato l’analogo motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di delibere sull’eccezione.
Rileva che manca l’allegazione processuale del certificato di firma digitale del gestore di PEC del notificante, attestante l’integrità del messaggio a norma dell’art. 9 del DPR 68/2005 nr. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata).
2.11. Con l’undicesimo motivo il ricorrente denuncia: < nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel dodicesimo rigo di pagina venticinque è all’evidenza frutto di un rifuso) ha rigettato l’analogo motivo di appello pur ammettendo che il giudice di primo grado aveva omesso di deliberare sull’eccezione.
Rileva che l’art. 3 bis lett. g) L. n. 53/94 non è applicabile al caso di notifica di atti e provvedimenti ex art. 52 DL 90/14, in quanto la lettera ‘g’ dell’art. 3 bis va letta in correlazione col secondo comma dello stesso art. 3 bis, il quale contempla il caso di ‘ atto da notificare (che) non consiste in un documento informatico ‘.
2.12. Con il dodicesimo motivo il ricorrente denuncia: <>nella parte in cui la corte territoriale (l’indicazione del giudice di prime cure nel sesto rigo dal basso di pagina venticinque è all’evidenza frutto di un rifuso) ha omesso di delibare sulla eccezione in esame.
Sostiene che il conteggio proposto in sede di conclusionale dalla difesa COGNOME è erroneo, in quanto, in presenza della mora debendi, vorrebbe vedere applicata un’aliquota IVA al 20% (in luogo dell’attuale al 22%) e un’aliquota del CPA al 2% (in luogo dell’attuale al 4%) e un’aliquota delle spese forfettarie al 12,5% (in luogo dell’attuale al
15%) palesemente contra legem , dovendosi applicare le aliquote delle imposte e del contributo ad oggi vigenti.
2.13. Con il tredicesimo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di primo grado aveva omesso di delibare su detta eccezione, ritenendola apoditticamente implicitamente assorbita nella decisione di inopponibilità della cessione del credito al COGNOME.
Rileva che il precetto rimane valido anche se manca l’avviso previsto dall’art 480 c.p.c. sulla possibilità di ricorrere alla procedura di sovraindebitamento; e che la mancanza dell’avvertimento potrebbe portare alla sospensione del procedimento esecutivo soltanto nel caso in cui il debitore dimostri che questa non gli ha consentito di avvalersi delle procedure previste dalla legge n. 3/2022.
2.14. Con il quattordicesimo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto implicitamente disattese le prove orali, senza rilevare che il giudice di primo grado non aveva istruito la causa, così ledendo il suo diritto di difesa.
2.15. Con il quindicesimo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte di merito non ha considerato che il giudice di prime cure aveva illegittimamente omesso di sospendere il giudizio e di investire il competente Collegio della querela di falso (spiegata in quella sede, riproposta in sede di appello e anche nella presente sede) sulla relata e sulla notifica dell’opposizione a precetto oggetto del giudizio di opposizione ad opera del procuratore dell’opponente, articolando prova per testi.
2.16. Con il sedicesimo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito ha
considerato legittima la distrazione delle spese di lite in favore dell’AVV_NOTAIO, nonostante che la di lui assistita avesse tutti i requisiti per godere del gratuito patrocinio, rappresentando una asserita indigenza.
Sottolinea che vi è incompatibilità tra il gratuito patrocinio e la distrazione delle spese di lite.
2.17. Con il diciassettesimo motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale ha omesso di considerare che è inammissibile ed illegittima la distrazione alle spese di lite chiesta per la prima volta in sede di conclusionale (e, dunque, successivamente alla precisazione delle conclusioni).
2.18. Con il diciottesimo motivo il ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice di primo grado lo aveva condannato alla refusione delle spese di lite sia nei confronti del resistente sia nei confronti dell’interventore secondo una quantificazione abnorme e comunque in manifesta violazione dei vigenti parametri forensi.
3. Il ricorso è inammissibile.
L’inammissibilità consegue al fatto che il ricorso non rispetta il requisito di ammissibilità prescritto dall’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.
Come è noto, tale requisito, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Sez. Un. n. 11653 del 2006).
La prescrizione di detto requisito risponde ad una esigenza (non di mero formalismo, ma) di consentire una conoscenza chiara e
completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Sez. Un. n. 2602 del 2003).
Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 comma primo n. 3 cod. proc. civ., è necessario che il ricorso per cassazione contenga l’indicazione sommaria (dunque, non analitica e neppure particolareggiata) delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Orbene, nella specie, il ricorso, nell’esposizione del fatto (contenuta a p. 3), non rispetta tali contenuti, in quanto il ricorrente:
ha fatto generico riferimento alla sua originaria ingiunzione, senza nulla precisare sulla genesi del credito azionato,
ha riferito dell’opposizione svolta dal COGNOME, senza indicare le difese dallo stesso svolte;
ha riferito dell’intervento effettuato in sede di precisazione delle conclusioni dalla COGNOME, senza indicare le difese dalla stessa svolte;
ha riferito che il Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione, senza indicare sulla base di quali argomentazioni;
ha riferito di aver proposto appello, al quale avevano resistito le altre parti, senza nulla indicare né delle doglianze da lui sollevate nell’atto di impugnazione e neppure delle difese svolte dalle controparti.
Ne consegue che, come rilevato, non si è avuta la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione del ricorso, il quale va, per ciò stesso, dichiarato inammissibile.
Ma vi sono anche altri e indipendenti profili di inammissibilità.
4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte con ordinanza n. 8950/2022 hanno di recente precisato che <>
Senonché nel ricorso, introduttivo del presente giudizio, non solo non è riprodotto, né direttamente né indirettamente, il contenuto degli atti e dei documenti, di cui si assume l’omessa o erronea valutazione o in relazione alla cui valutazione si denuncia un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ma nemmeno gli stessi sono adeguatamente localizzati nell’ambito del fascicolo processuale (né di quello del giudizio di merito, né di quello del giudizio di legittimità).
In questa prospettiva, vengono in rilievo in particolare:
il motivo primo con riguardo alla indicazione della sentenza del Tribunale di Roma che sarebbe passata in giudicato ed al suo contenuto;
-il motivo terzo con riguardo all’ iter argomentativo della sentenza del giudice di primo grado, che sarebbe stato erroneamente confermato nella sentenza impugnata;
il motivo quarto, con riferimento all’intervento della COGNOME, che, in tesi difensiva, non avrebbe avuto interesse a coltivare il presente giudizio;
il motivo sesto con riguardo all’anagrafica del notificante e del destinatario;
il motivo ottavo, con riguardo alla relata di notificazione che non risulterebbe neppure sottoscritta digitalmente;
il motivo decimo, con riguardo al certificato di firma digitale del gestore di posta elettronica certificata;
-il motivo undicesimo, con riguardo all’indicato duplicato informatico.
4.2. Sotto un ulteriore profilo, per la parte in cui è possibile ricavare in qualche modo una connessione con quei pochi fatti di causa di cui si riesca a trovare una pur minima o embrionale descrizione, il ricorso è inammissibile, in quanto non attinge idoneamente la ratio decidendi della sentenza impugnata:
nel motivo secondo, a fronte del fatto che la corte di merito ha rilevato che: <>;
nel motivo nono, a fronte del fatto che la corte di merito ha rilevato che: <>;
nel motivo quattordicesimo, a fronte del fatto che la corte di merito ha rilevato che: <>;
nel motivo sedicesimo, a fronte del fatto la corte di merito ha ritenuto irrilevante <>.
4.3. Infine, per quanto occorrer possa:
con riferimento ai motivi quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, undicesimo e dodicesimo, si rileva che il ricorrente, per di più con una prospettazione del tutto generica, deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. senza rispettare i criteri indicati da Cass. n. 17629/2018 (cfr. in particolare i paragrafi 3.1, 3.2, 3.3 e 3.4);
può qui ritenersi richiamata, ad integrare la motivazione di reiezione in rito del presente ricorso, quella analoga dei precedenti di questa Corte su ricorsi tra le medesime parti, aventi ad oggetto questioni in larga parte sovrapponibili a quelle poste nel presente giudizio di legittimità (Cass. nn. 4096/2023; 11849/2022; 12401/20, C 13536/18), anche in punto di querela di falso.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Non si ravvisano, invece, i presupposti per la condanna del ricorrente ex art. 96 comma terzo c.p.c.
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
distrae le spese, come sopra liquidate, a favore dell’AVV_NOTAIO, che si è dichiarato antistatario;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificat o a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 25 settembre 2024, nella camera di