Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33694 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33694 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6143/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata della quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1868/2022, depositata il 31/08/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il COGNOME, quale titolare di omonima ditta individuale, all’esito di due distinte opposizioni svolte nell’ambito della procedura esecutiva mobiliare R.G. 209/2010 pendente davanti al medesimo Tribunale di Siena, introduceva due distinti procedimenti di merito: un primo, di cui al n. R.G. 2357/2017, che riguardava la fase di merito introdotta a seguito dell’opposizione ex art. 615, 2° comma c.p.c., avanzata dallo stesso COGNOME; un altro, di cui al n. R.G. 2358/2017, che riguardava la fase di merito introdotta a seguito di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avanzata dal creditore COGNOME avverso il provvedimento del G.E. col quale era stata disposta la sospensione (poi revocata) dell’esecuzione.
Per come si evince dalla sentenza impugnata, il Tribunale di Siena, riuniti i due procedimenti, con sentenza n. 556/2019:
– quanto alle questioni poste dall’opposizione ex art. 615 2° c.p.c. del Del Zonzo (e di cui al procedimento 2357/17), stabiliva che la causa aveva ad oggetto le medesime domande di cui ad altro giudizio pendente tra le parti (e cioè l’opposizione a precetto, definita all’epoca dal Tribunale di Siena che con sentenza n. 179/2015 aveva dichiarato inefficace il precetto notificato dal COGNOME); con la conseguenza che, una volta risolte questioni in merito alla validità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, le domande proposte dall’opponente COGNOME in conformità a quanto stabilito da Cass. n. 278462013, venivano dichiarate inammissibili atteso il disposto ex art, 39, 1° comma c.p.c. sulla litispendenza;
– quanto al secondo procedimento (2358/17), stabiliva che: a) la procedura esecutiva si era conclusa, talché le questioni poste dall’atto di opposizione del Batignani risultavano superate ed andavano considerate inammissibili; b) la domanda di revoca della condanna alle spese disposta dal Tribunale nel provvedimento che aveva deciso sul reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., era da ritenersi inammissibile trattandosi di ordinanza non impugnabile.
Avverso la suddetta sentenza proponeva impugnazione il COGNOME.
Il COGNOME si costituiva in giudizio di appello.
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 1868/2022, dopo aver confermato la sentenza di primo grado in punto di sussistenza di litispendenza tra la causa di opposizione all’esecuzione e la causa di opposizione a precetto precedentemente instaurata, in parziale accoglimento dell’impugnazione
annullava i capi contenuti nella sentenza di primo grado nei quali era stabilito: <>;
condannava l’impresa individuale appellante a rimborsare in favore del convenuto COGNOME, la metà delle spese sostenute per entrambi i gradi di giudizio;
compensava tra le parti le restanti spese di causa;
-respingeva le altre domande come in atti proposte, confermando i restanti capi della sentenza appellata.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il Batignani.
Ha resistito con controricorso il Del Zonzo, nella qualità.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori delle parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive ragioni. In particolare, il Difensore di parte resistente si è dichiarato antistatario ed ha chiesto la distrazione delle spese e dei compensi in suo favore.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il COGNOME articola in ricorso quattro motivi, tutti concernenti la statuizione della sentenza impugnata in punto di regolamentazione delle spese processuali, che così articola in via di sintesi alle pagine 2 e 3 del ricorso:
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<>.
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2. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366, cod. proc. civ., sotto il duplice profilo della mancanza di una adeguata,
ancorché sintetica, esposizione del fatto processuale e della carenza di specificità delle censure.
Com’è noto, infatti, l’art. 366 cod. proc. civ., nel dettare le condizioni formali del ricorso, ossia i requisiti di ‘forma-contenuto’ dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, configura un vero e proprio ‘modello legale’ del ricorso per cassazione, la cui mancata osservanza è sanzionata con l’inammissibilità del ricorso stesso.
In proposito le Sezioni Unite hanno di recente affermato (cfr. SU n. 37552/2021): «Il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; tuttavia l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c.».
Nella specie, i fatti di causa non vengono chiaramente e sinteticamente esposti dal ricorrente, che produce un’intricata e confusa esposizione delle vicende processuali, frammista a continue ed incidentali proprie valutazioni, intersecate da stralci degli atti processuali propri e delle controparti, nonché della motivazione della sentenza di primo e di quella di secondo grado, così finendo per rendere incomprensibile la vicenda processuale nelle distinte componenti delle ragioni decisorie della pronuncia di merito gravata, e delle singole e specifiche censure contrapposte a ciascuna di quelle, demandando
all’interprete di ricercarne gli elementi, se del caso ricostruendo una connessione logica tra i plurimi argomenti confusamente dedotti.
D’altra parte, i singoli motivi, sopra richiamati nella sintesi effettuata dal ricorrente, sono stati illustrati in maniera farraginosa e confusa, involuta e difficilmente comprensibile, appesantita da sovrapposizioni ed inestricabile commistione di elementi di fatto e di diritto, rendendo impossibile per il Collegio discernere le critiche rivolte alla sentenza impugnata in vista del controllo di legittimità.
Tale tecnica redazionale non è compatibile con i principi esposti che definiscono le modalità di introduzione del giudizio di legittimità sulla base del disposto dell’articolo 366 c.p.c. come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte.
In relazione a tali principi questa Corte ha già avuto modo di affermare, con la sentenza n. 17698/14, che il mancato rispetto del dovere processuale della chiarezza espositiva espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto esso collide con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111, comma secondo, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, nonché di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.
In definitiva, occorre qui ribadire (cfr. tra le tante Cass. n. 8009/2019) che, in tema di ricorso per cassazione, il mancato rispetto del dovere di chiarezza espositiva degli atti processuali (che, fissato dall’art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile) espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione ogni qualvolta, come per l’appunto si verifica nel caso di specie, pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo
oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c., ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111, comma 2, Cost. e 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui (Cass. n. 8425 del 2020).
D’altra parte, il principio di specificità del ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia e il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, dev’essere modulato, proprio in conformità alle indicazioni della sentenza C.E.D.U. del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare piuttosto che pregiudicare lo scrutinio del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte in uno al diritto di accesso della parte a un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la sostanza (Cass., 14/03/2022, n. 8117).
All ‘ inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese e la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della impresa individuale resistente, delle spese del presente giudizio, spese che
liquida in euro 3.100 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge; e che distrae in favore del difensore dichiaratosi antistatario;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei ricorrenti al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2024, nella camera di