Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13414 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13414 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27061/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di TRIBUNALE FIRENZE n. 3968/2019 depositata il 31/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Firenze, pronunziando in sede di revocazione ex art. 395 c.p.c., proposta dall’AVV_NOTAIO avverso la sentenza dello stesso Tribunale n. 4377 del 2016, dichiarava inammissibile l’azione con sentenza n. 3968 del 31 dicembre 2019.
Il giudice rilevava testualmente che ‘ nell’ambito di una enorme congerie di richiami normativi non è dato individuare alcuno specifico motivo di revocazione della sentenza impugnata. Di fatto, un’attenta lettura della memoria ex art. 183 comma 6° n. 1 c.p.c. e della memoria conclusionale rivela come, lungi dal prospettare motivi di revocazione, l’attrice indichi plurime ragioni ‘nullità’ degli atti processuali relativi ai pregressi giudizi dinanzi al Giudice di Pace ed al Tribunale di Firenze ‘.
Contro la predetta sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di dodici formali motivi. Sono rimasti intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
In prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Osserva la Corte che i dodici formali motivi, che seguono un’esposizione alluvionale, confusa e disorganica in punto di fatto, sono inammissibili perché privi di specificità.
Com’è noto, ai fini del rispetto dei limiti contenutistici di cui all’art. 366, comma 1, n. 3) e 4), c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva, dovendo il ricorrente selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti
a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; l’inosservanza di tale dovere pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, pertanto, comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111, comma 2, Cost. e 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui (Sez. 5, n. 8425 del 30 aprile 2020; Sez. 5, n. 8009 del 21 marzo 2019; Sez. 6-2, n. 11603 del 14 maggio 2018).
In altri termini, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali mortifica un principio generale del processo civile, in quanto rischia di pregiudicare l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c., assistite da una sanzione testuale di inammissibilità.
Nel dettaglio, i motivi del ricorso non possiedono i caratteri della tassatività e della specificità e sono privi di una precisa enunciazione, di modo che non è possibile per la Corte accertare se i vizi denunciati rientrino nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c. Ne deriva che la critica della sentenza impugnata è generica e sovrapposta a questioni del tutto estranee al giudizio, formulata con doglianze tra loro confuse e inestricabilmente
combinate sotto una molteplicità di profili, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in mancanza di attività processuale da parte degli intimati.
La Corte da atto che ricorrono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Seconda