Ricorso in cassazione: l’importanza del deposito dell’atto impugnato
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda una regola fondamentale del processo: la forma, a volte, è sostanza. Un ricorso in cassazione può essere impeccabile nel merito, sollevare questioni giuridiche di massima importanza, ma essere destinato a fallire se non rispetta i requisiti procedurali imposti dalla legge. Analizziamo una decisione che ha dichiarato un ricorso improcedibile per un errore che potrebbe sembrare banale, ma che si è rivelato fatale: il mancato deposito del provvedimento impugnato.
I fatti del caso: un decreto di espulsione contestato
La vicenda ha origine dall’impugnazione di un cittadino di nazionalità nigeriana contro un decreto di espulsione emesso dal Prefetto. Il ricorrente si era opposto al provvedimento davanti al Giudice di Pace, sostenendo l’illegittimità dell’espulsione in quanto era ancora in corso la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. Tra i motivi di opposizione, venivano invocate la violazione del principio di non-refoulement e di diverse norme nazionali ed europee a tutela dei diritti umani.
Il Giudice di Pace, tuttavia, aveva rigettato il ricorso, osservando, tra le altre cose, una presunta discrepanza nei dati anagrafici relativi alla richiesta di protezione. Insoddisfatto della decisione, il cittadino straniero ha deciso di presentare un ricorso in cassazione.
L’errore fatale nel ricorso in cassazione
Arrivato davanti alla Suprema Corte, il caso ha avuto un esito inaspettato, che non ha toccato minimamente il merito della questione (ovvero la legittimità o meno del decreto di espulsione). I giudici hanno infatti rilevato un vizio procedurale insormontabile.
L’articolo 369, comma 2, del Codice di Procedura Civile stabilisce chiaramente che, insieme al ricorso, deve essere depositata, a pena di improcedibilità, una copia autentica del provvedimento impugnato con la relativa attestazione di notifica. Nel caso di specie, il ricorrente non ha depositato la sentenza del Giudice di Pace che intendeva contestare. Al suo posto, è stato prodotto un altro documento, relativo alla liquidazione del compenso del difensore.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha applicato la norma in modo rigoroso, dichiarando il ricorso improcedibile. La motivazione è puramente processuale: la legge impone un onere specifico al ricorrente, la cui inosservanza impedisce al giudice di esaminare il caso. Il deposito del provvedimento impugnato non è una mera formalità, ma un presupposto essenziale per consentire alla Corte di verificare l’effettiva esistenza della decisione, i suoi contenuti e la tempestività dell’impugnazione.
L’assenza di questo documento ha reso impossibile per i giudici procedere con l’analisi dei motivi di ricorso, indipendentemente dalla loro fondatezza. Curiosamente, la Corte ha deciso di compensare le spese legali tra le parti, poiché la difesa dello Stato non aveva sollevato questo vizio, difendendosi invece nel merito.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza cruciale del rispetto delle regole procedurali nel processo civile, e in particolare nel giudizio di legittimità. Un ricorso in cassazione richiede una preparazione meticolosa e un’attenzione scrupolosa agli adempimenti formali. Un errore, come il mancato deposito di un documento fondamentale, può vanificare l’intero sforzo difensivo e precludere definitivamente la possibilità di ottenere giustizia, anche quando si ritiene di avere tutte le ragioni nel merito.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato improcedibile?
Il ricorso è stato dichiarato improcedibile perché il ricorrente non ha depositato, insieme al ricorso stesso, una copia del provvedimento che intendeva impugnare (la sentenza del Giudice di Pace), violando così l’obbligo previsto dall’art. 369, comma 2, del Codice di Procedura Civile.
La Corte di Cassazione ha esaminato la legittimità del decreto di espulsione?
No, la Corte non ha potuto esaminare nel merito la questione della legittimità del decreto di espulsione. Il vizio procedurale (il mancato deposito della sentenza impugnata) ha impedito ai giudici di procedere con l’analisi dei motivi di ricorso.
Cosa si sarebbe dovuto depositare per evitare l’improcedibilità?
Per rispettare la procedura, il ricorrente avrebbe dovuto depositare il ricorso unitamente a una copia autentica della sentenza del Giudice di Pace, corredata dalla relazione di notificazione (relata di notifica).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17299 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17299 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19636/2024 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in BENEVENTO INDIRIZZO NAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
PREFETTURA DI COGNOME MINISTERO DELL’INTERNO, -intimati- avverso PROVVEDIMENTO di GIUDICE DI COGNOME n. 770/2024 depositata il 16/04/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il sig. NOME COGNOME cittadino nigeriano ha impugnato la sentenza del Giudice di Pace di Vibo Valentia con la quale è stato respinto il ricorso ex art. 18 D. Lgs. nr. 150/11 proposto avverso il provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto della Provincia di Vibo Valentia 01.02.2024, unitamente al connesso Ordine del Questore di Vibo Valentia, in pari data, di lasciare il Territorio dello Stato Italiano entro 7 giorni dalla ricezione.
2.Il ricorrente si era rivolto al Gdp lamentando l’illegittimità del decreto di espulsione emesso nella pendenza della procedura di riconoscimento della protezione internazionale che il ricorrente aveva richiesto e l’invalidità o inefficacia, del decreto impugnato per violazione dell’art. 19 del d. Lgs. n. 286 del 1998, (come modificato dal D.L. n. 130/2020) dell’art. 10 della Costituzione, dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e degli artt. 2,4,5,9, e 10 della Direttiva 2004/83/CE, per non aver svolto l’autorità amministrativa alcuna istruttoria in ordine alla possibilità per il ricorrente, in caso di espulsione nel paese di provenienza, di essere sottoposto a trattamenti degradanti e/o inumani, in tal modo contravvenendo al principio del non-refoulement , nonché la violazione dell’art. 8 CEDU, per non avere la Amministrazione competente valutato preventivamente la sussistenza in capo al ricorrente delle c.d. esigenze di carattere umanitario.
3.- Il Giudice di Pace, ha rigettato il ricorso osservando -si legge nel ricorso giacché il provvedimento non è agli atti – che la richiesta di protezione internazionale è stata inviata per altro straniero, ossia nell’interesse di NOME COGNOME nato in Senegal il 10.04.1986, e che la documentazione depositata atteneva a motivi di salute determinati dall’emergenza pandemica (COVID 19). I provvedimenti in atti riguardano altri stranieri; ed in definitiva vi era prova in atti che il ricorrente fosse in attesa di una decisione in ordine alla richiesta di protezione internazionale.
4.- Avverso detto provvedimento il ricorrente ha proposto un unico motivo di cassazione. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Vibo Valentia hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18 D. Lgs. nr. 150/11 dell’art. 112 c.p.c. nonché degli artt. 24 e 111 della Costituzione in relazione in relazione all’art. 360, nr. 4, c.p.c., in quanto l’impugnata sentenza, avrebbe eluso i motivi di ricorso formulati e non sarebbe evincibile il percorso logico-ermeneutico attraverso il quale il Giudice di Pace è pervenuto all’impugnato convincimento.
-Il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 comma 2 c.p.c. poiché il ricorrente non ha prodotto il provvedimento impugnato con al relata di notifica, bensì quello con cui il Giudice di pace adito ha provveduto sulla richiesta di liquidazione del compenso del difensore.
-Reputa il Collegio che le spese del grado vadano compensate per giusti motivi essendosi la parte controricorrente difesa comunque nel merito senza rilevare il predetto vizio del ricorso. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, visto l’art. 369 1 comma n. 2 c.p.c. dichiara improcedibile il ricorso.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione