Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6112 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6112 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5262/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-ricorrente-
contro
PRESTA NOME e NOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-controricorrenti- nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, SGUEGLIA ITALO, INTESA SAN PAOLO RAGIONE_SOCIALE
RICORSO IMPROCEDIBILE.
R.G. 5262/2024
COGNOME.
Rep.
C.C. 13/1/2025
C.C. 14/4/2022
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di LECCE n. 672/2023 depositata il 21/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Lecce, in riassunzione, il Banco di Napoli RAGIONE_SOCIALE.p.a. e il RAGIONE_SOCIALE per sentir dichiarare che la RAGIONE_SOCIALE aveva diritto di beneficiare dell’accollo, da parte del RAGIONE_SOCIALE convenuto, regolato dall’art. 1 -bis della legge 19 luglio 1993, n. 237, con conseguente condanna dello stesso a pagare in favore del Banco di Napoli la somma di euro 126.249 che un’ingiunzione del Tribunale di Brindisi aveva posto a carico della RAGIONE_SOCIALE.
Nel corso del giudizio vennero chiamati in causa i commissari liquidatori della RAGIONE_SOCIALE suindicata, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali rimasero contumaci.
Il Tribunale rigettò la domanda nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, mentre dichiarò responsabili i commissari liquidatori suindicati per l’errata compilazione della richiesta di accollo, condannandoli al pagamento della somma di euro 126.249 in favore degli attori.
La sentenza fu riformata dalla Corte d’appello di Lecce, la quale riconobbe il diritto della RAGIONE_SOCIALE a beneficiare dell’accollo richiesto, condannando il RAGIONE_SOCIALE e riconoscendo che i soci erano liberati dalle loro obbligazioni nei confronti del Banco di Napoli. Nel giudizio di appello si costituì in ritardo il COGNOME, proponendo appello incidentale.
La sentenza della Corte d’appello fu cassata da questa Corte con l’ordinanza 6 settembre 2019, n. 23984.
Riassunto il giudizio, in sede di rinvio, dal RAGIONE_SOCIALE, nella contumacia anche del COGNOME, la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 21 agosto 2023, ha riconosciuto, ai limitati fini che interessano in questa sede, che la condanna posta a carico del COGNOME dalla sentenza di primo grado era da ritenere ormai irrevocabile, posto che soltanto il COGNOME, tra i commissari liquidatori, aveva ritualmente appellato la sentenza di primo grado.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce pronunciata in sede di giudizio di rinvio propone ricorso l’AVV_NOTAIO.
Resistono NOME e NOME COGNOME con un unico controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato ritenuto improcedibile con una proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., depositata dal Consigliere delegato in data 6 settembre 2024.
Avverso tale decisione il ricorrente ha chiesto che il ricorso venga collegialmente deciso; la trattazione è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc. civ. e il Pubblico RAGIONE_SOCIALE non ha depositato conclusioni.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte premette che la proposta di definizione anticipata è del seguente tenore:
«Il ricorso è improcedibile. Osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugnazione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni RAGIONE_SOCIALE parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine ‘lungo’ di
cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal controricorrente o sia emersa dal diretto esame RAGIONE_SOCIALE produzioni RAGIONE_SOCIALE parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio (Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021, Rv. 661874 – 01).
Più di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un ‘fatto processuale’ la notificazione della sentenza -è idoneo a far decorrere il termine ‘breve’ di impugnazione e, quale manifestazione di ‘autoresponsabilità’ della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero RAGIONE_SOCIALE copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo EMAIL), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.c. (Sez. U, Sentenza n. 21349 del 06/07/2022, Rv. 665188 – 01).
Nel caso di specie, a fronte della dichiarazione del ricorrente circa l’avvenuta notificazione della sentenza d’appello in data 23/1/2024 (cfr. pag. 1 del ricorso), lo stesso ha totalmente trascurato di depositare tempestivamente la copia notificata della sentenza impugnata (ossia la copia autentica di tale sentenza munita RAGIONE_SOCIALE attestazioni di
notificazione), con la conseguenza che, fissata la notificazione del ricorso alla data del 23/2/2024, lo stesso non può ritenersi comunque tempestivamente proposto assumendo come dies a quo la data di pubblicazione della sentenza (c.d. ‘prova di resistenza’: cfr. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628539 -01, e successive conformi), essendo quest’ultima avvenuta in data 21/8/2023.
Ciò posto, non ricorrendo, nella specie, l’evenienza della produzione della relazione di notificazione della sentenza da parte del controricorrente, né risultando comunque presente tale produzione nel fascicolo d’ufficio, l’odierno ricorso deve dichiararsi improcedibile».
A fronte di tale proposta di definizione anticipata, il ricorrente ha chiesto che il ricorso venga collegialmente deciso, ma in sostanza non si è in alcun modo misurato con le ragioni della proposta qui riportata.
L’istanza di richiesta di definizione del ricorso avanzata in data 17 ottobre 2024, infatti, non nega che la copia notificata della sentenza non sia stata da lui prodotta, ma insiste con una serie di vaghe considerazioni che dovrebbero servire per giustificare la rimessione in termini o comunque l’esame nel merito del ricorso, sulla premessa per cui nessun danno avrebbe ricevuto la controparte; circostanza, quest’ultima, evidentemente irrilevante ai fini della decisione, posto che l’esito di improcedibilità è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Ciò detto, la Corte rileva, incidentalmente e ad abundantiam , che il ricorso, oltre ad essere sostanzialmente incomprensibile, è costruito come una riproposizione dei motivi di appello, perché in esso si continuano a proporre censure di merito, fra cui la prescrizione, riferendole a presunti vizi della sentenza di primo grado. Il che viene a significare che non vi sono neppure censure realmente riferite alla sentenza d’appello.
Il ricorso, pertanto, è dichiarato improcedibile.
A tale esito segue la condanna del ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 13
agosto 2022, n. 147, nonché la condanna al pagamento di un’ulteriore somma, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., in favore della controparte e al versamento di un’ulteriore somma in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende (art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.).
Sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 5.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge, nonché al pagamento della somma di euro 1.500 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. in favore della controparte e della somma di euro 750 ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., alla cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza