Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18913 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18913 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
Il Tribunale di Roma ha dichiarato il diritto di NOME COGNOMEassunta con contratto di lavoro subordinato dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – di seguito C.R.E.A. con decorrenza dal 1° maggio 2001) al riconoscimento dell’anzianità giuridica maturata nel corso dei precedenti rapporti di lavoro con il CREA in forza di a tempo determinato, ai fini della progressione di carriera ed ha rigettato le sue domande, volte ad ottenere il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella II posizione stipendiale dal 1° maggio 2004, nella III posizione stipendiale dal 1° maggio 2008, nella IV posizione stipendiale dal 1° maggio 2013 e nella V posizione stipendiale dal 1° maggio 2017, nonché la condanna del CREA al pagamento in suo favore della complessiva somma di € 34.370,47.
La Corte di Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto avverso tale sentenza da NOME COGNOME
La COGNOME aveva dedotto di avere svolto mansioni di ricercatrice inizialmente riconducibili al III livello del CCNL per il Comparto Istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione, in forza di contratti di collaborazione occasionale e di lavoro a tempo determinato, e di essere stata assunta a tempo indeterminato dal 1° maggio 2008 con inquadramento nel III livello, profilo ricercatrice, con il riconoscimento della sola anzianità di servizio maturata dopo l’assunzione a tempo indeterminato.
Aveva lamentato che il C.R.E.A. aveva riconosciuto le progressioni economiche e giuridiche orizzontali a tutto il personale con contratto a tempo indeterminato, e non invece ai dipendenti che avevano lavorato in forza di contratti a tempo determinato o atipici, ancorché continuativi, ed aveva pertanto invocato l’applicazione dell’art. 4, comma 6, sezione II, del CCNL 1996/1997.
La Corte territoriale ha osservato che secondo l’art. 4 del CCNL del 5.3.1998, il passaggio alla posizione stipendiale superiore non ha carattere automatico, essendo subordinato ad una verifica positiva, eseguita dai preposti organismi scientifici, sulla regolarità dell’attività prestata sulla base di apposite
relazioni presentate dai soggetti interessati; a prescindere dalla concreta modalità di verifica adottata nei confronti del personale a tempo indeterminato, ha poi evidenziato che l’acquisizione della superiore posizione stipendiale è legata ad una prevent iva attività di controllo sulla regolarità dell’attività e all’esito positivo dell’accertamento.
Ha dunque escluso che la Giuca possa vantare il diritto al riconoscimento di superiori posizioni stipendiali fino a quando il CREA non avesse svolto tale verifica; ha comunque ritenuto che la Giuca possa esperire azioni risarcitorie per conseguire quanto avrebbe maturato qualora il datore di lavoro avesse effettuato le verifiche contrattuali, allegando e provando di essere in possesso dei requisiti per l’accesso alle posizioni superiori.
Considerato che la Giuca aveva invocato il diritto al riconoscimento del suo diritto al superiore inquadramento ed alle conseguenti differenze stipendiali per effetto della sola anzianità di servizio, ha condiviso la decisione del Tribunale, in mancanza del concorrente presupposto del positivo superamento della verifica di professionalità ed ha ritenuto che l’esito del giudizio avesse giustificato la compensazione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza la Giuca ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Il C.RRAGIONE_SOCIALE. ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro di cui alla Direttiva 1999/70/CE, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Addebita alla Corte territoriale la mancata applicazione di tale disposizione di rango primario, recepita dall’art. 6 d.lgs. n. 165/2001 e dall’art. 25 del d.lgs. n. 81/2015, ha carattere incondizionato ed esclude limitazioni di qualunque tipo.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Sostiene che l’art. 4 del CCNL si pone in evidente contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro di cui alla Direttiva 1999/70/CE (non modificata dall’art. 6 d.lgs. n. 165/2001, poi confermato dall’art. 25 del d.lgs. n. 81/2015), in quanto ne limita enormemente l’efficacia, attribuendo al datore di lavoro un potere potestativo non contemplato dalla normativa comunitaria né dalle disposizioni che l’hanno recepita, e categoricamente escluso dagli artt. 288 e 291 del TFUE.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione degli artt. 420, quinto comma, e 421, secondo comma, cod. proc. civ., nonché dell’art. 24 Cost., per non avere la Corte territoriale ammesso la prova per testi richiesta dalla ricorrente sin dal giudizio di primo grado e reiterata in appello, tesa a dimostrare che il C.R.E.A. aveva di fatto riconosciuto le progressioni economiche e giuridiche orizzontali a tutto il personale con contratto a tempo indeterminato, e non invece al personale che aveva lavorato in forza di contratti atipici o a tempo determinato, ancorché continuativi.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia nullità della sentenza per contrasto con il giudicato interno; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 4 e 5 cod. proc. civ.
Sostiene che il passaggio in giudicato della statuizione della sentenza di primo grado che aveva dichiarato il diritto della Giuca al riconoscimento dell’anzianità giuridica maturata nel corso dei rapporti a tempo determinato ai fini della progressione di carriera imponeva alla Corte territoriale la condanna del CREA al pagamento delle differenze retributive.
Con il quinto motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per non avere considerato l’orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità secondo cui al lavoratore collocato in ruolo a seguito della procedura di stabilizzazione prevista dalla legge n. 296 del 2006 deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata precedentemente all’acquisizione dello status di lavoratore a tempo indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine.
6. L’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata.
Nella lettura del ricorso per cassazione le ragioni giuridiche della doglianza e le relative norme di riferimento sono desumibili dall’insieme degli argomenti addotti dal ricorrente nei diversi motivi e nel ricorso nel suo complesso (v. per tutte Cass. Sentenza n. 1606 del 26/01/2005).
Ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non è necessaria l’esatta indicazione delle norme di legge delle quali si lamenta l’inosservanza, essendo necessario, invece, che si faccia valere un vizio astrattamente idoneo ad inficiare la pronuncia.
Il ricorso nel suo complesso supera il vaglio di ammissibilità, essendo le censure proposte ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ. incentrate sull’attribuzione al datore di lavoro, da parte della sentenza impugnata, del diritto di scegliere se effettuare o meno la valutazione del periodo di lavoro svolto a tempo determinato ai fini delle progressioni economiche, stabilita dal CCNL, senza considerare la previsione contenuta nella clausola 4 dell’Accordo Quadro di cui alla direttiva 1999 /70/CE.
La circostanza che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9100 del 06/05/2015 e, successivamente, Cass. Sez. 1 – , Sentenza n. 39169 del 09/12/2021).
Nel caso di specie l’esposizione dei motivi di ricorso consente l’individuazione e l’analisi separata delle singole doglianze.
Dalla sentenza impugnata risulta che la Giuca ha censurato la sentenza di primo grado per non avere considerato la mancata attivazione delle verifiche di cui all’art. 4 del CCNL del 2009 .
Deve pertanto escludersi la novità delle questioni prospettate nel presente giudizio.
Deve inoltre rammentarsi che l’ erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036); il quinto motivo va pertanto riqualificato ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Il primo, secondo ed il quinto motivo, che vanno trattati congiuntamente per motivi di connessione logica, sono fondati.
Questa Corte ha da tempo affermato che in materia di impiego pubblico contrattualizzato, al lavoratore collocato in ruolo a seguito della procedura di stabilizzazione prevista dalla legge n. 296 del 2006, deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata precedentemente all’acquisizione dello status di lavoratore a tempo indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine, non potendo ritenersi, in applicazione del principio di non discriminazione, che lo stesso si trovasse in una situazione differente a causa del mancato superamento del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della P.A., mirando le condizioni di stabilizzazione fissate dal legislatore proprio a consentire l’assunzione dei soli lavoratori a tempo determinato la cui situazione poteva essere assimilata a quella dei dipendenti di ruolo (Cass. n. 27950/2017; conformi n. 7118/2018, n. 3473/2019, n. 6146/2019, n. 15232/2020; Cass. n. 35059/2019).
In ordine al riconoscimento dell’anzianità maturata sulla base di contratti a termine dai dipendenti del C.N.R. e di altri enti di ricerca, successivamente stabilizzati ai sensi della legge n. 296/2006, questa Corte ha affermato che in tal caso al lavoratore «deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata precedentemente all’acquisizione dello status di lavoratore a tempo indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine, non potendo ritenersi, in applicazione del principio di non discriminazione, che lo stesso si trovasse in una situazione differente a causa del mancato superamento del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della P.A., mirando le condizioni di stabilizzazione fissate dal legislatore proprio a consentire l’assunzione dei soli
lavoratori a tempo determinato la cui situazione poteva essere assimilata a quella dei dipendenti di ruolo» C(ass. n. 27950/2017; negli stessi termini Cass. n. 7118/2018 e Cass. nn. 3473 e 6146 del 2019 queste ultime in tema di personale stabilizzato alle dipendenze dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica; tali principi sono stati ribaditi da Cass. n. 4195/2020).
Il principio di diritto è stato affermato valorizzando la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, nelle pronunce successive agli arresti di questa Corte (Corte di Giustizia 20.6.2019, causa C- 72/18 Ustariz Arostegui; 11.4.2019, causa C- 29/18, Cobra Servizios Auxiliares; 21.11.2018, causa C- 619/17, COGNOME NOME COGNOME; 5.6.2018, causa C – 677/16, Montero Mateos), ha dato continuità alla propria interpretazione della clausola 4 dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE ribadendo che : a) la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact; 13.9.2007, causa C-307/05, COGNOME; 8.9.2011, causa C177/10 NOME COGNOME); b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell’art. 137 n. 5 del Trattato ( oggi 153 n. 5), “non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione” ( COGNOME, cit., punto 42); c) le maggiorazioni retributive che derivano dall’anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva ( Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, COGNOME, punto 44, e giurisprudenza
ivi richiamata); d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo COGNOME, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C393/11, COGNOME).
La Corte di Giustizia, chiamata a pronunciare in fattispecie nelle quali veniva in rilievo il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in epoca antecedente alla procedura di stabilizzazione prevista dalla legge n. 296/2006, ha evidenziato che la clausola 4 «osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da ragioni oggettive ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere» (Corte di Giustizia 18.10.2012 in cause riunite da C- 302/11 a C305/11, Valenza e negli stessi termini Corte di Giustizia 4.9.2014 in causa C 152/14 COGNOME).
La stessa Corte di Giustizia, sempre in relazione alle procedure di stabilizzazione ex lege n. 96/2006, ha esaminato anche la questione, prospettata dal giudice del rinvio, della necessità di evitare discriminazioni alla rovescia, ossia in danno degli assunti a tempo indeterminato, ed ha evidenziato che l’obiettivo, pur potendo costituire una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, «non può comunque giustificare una
normativa nazionale sproporzionata come quella controversa nel procedimento principale, la quale esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione dei periodi di servizio svolti da lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione» ( Corte di Giustizia COGNOME, cit., punto 16).
8. Ciò premesso per quanto attiene all’anzianità di servizio, in una fattispecie analoga a quella dedotta in giudizio, questa Corte ha osservato che la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CEE impone al datore di lavoro di riservare all’assunto a tempo determinato il medesimo trattamento previsto per l’assunto a tempo indeterminato e, pertanto, in caso di progressione stipendiale connessa sia all’anzianità di servizio che alla valutazione positiva dell’attività prestata, il datore di lavoro sarà tenuto, da un lato, ad includere nel calcolo, ai fini dell’anzianità, anche il servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato e, dall’altro, ad attivare, alla maturazione del periodo così calcolato, la procedura valutativa nei termini, con le forme e con gli effetti previsti per gli assunti a tempo indeterminato (Cass. n. 7584/2022).
Si è peraltro chiarito che la sola circostanza che la progressione stipendiale presupponga anche la valutazione positiva non costituisce ragione oggettiva idonea a giustificare la diversità di trattamento fra assunto a tempo determinato e assunto a tempo indeterminato, secondo i criteri indicati dalla Corte di giustizia UE (causa C-652/19 del 17.3.2021, punto 60), e ad escludere il diritto alla predetta progressione stipendiale se, alla maturazione dell’anzianità, il datore di lavoro, contrattualmente tenuto ad attivare la procedura valutativa, l’abbia omessa sull’erroneo presupposto della non computabilità dei periodi a tempo determinato; in tal caso, poiché il diritto all’attribuzione del maggiore trattamento retributivo sorge solo al concorrere di entrambe le condizioni, ossia l’anzianità di servizio e la valutazione positiva, potrà essere pronunciata condanna al pagamento delle differenze retributive con la decorrenza contrattualmente prevista solo se la valutazione positiva in questione sia già avvenuta, anche se ad altri fini; altrimenti il giudice dovrà limitarsi ad accertare
l’avvenuta maturazione dell’anzianità ed il conseguente diritto del dipendente ad essere valutato.
Non si è attenuta a tali principi la sentenza impugnata, che pur avendo dato atto della doglianza relativa alla mancata attivazione delle verifiche di cui all’art. 4 del CCNL del 2009, ha escluso il diritto della ricorrente al riconoscimento di superiori posizioni stipendiali fino a quando il CREA non avesse provveduto alla verifica richiesta da tale disposizione, ed ha ritenuto esperibili solo azioni risarcitorie per conseguire quanto avrebbe maturato qualora il Consiglio avesse provveduto alle verifiche contrattuali.
La Corte territoriale avrebbe invece dovuto verificare se la valutazione positiva del periodo di lavoro svolto a tempo determinato era stata effettuata ad altri fini e, in caso negativo, avrebbe dovuto accertare l’avvenuta maturazione dell’anzianità ed il conseguente diritto della Giuca ad essere valutata.
Il terzo motivo è inammissibile.
La Corte territoriale, pur non avendo espressamente statuito sulla mancata ammissione delle prove, ha rilevato che era pacifica la mancata esecuzione della verifica ex art. 4 del CCNL nei confronti della Giuca e non ha messo in discussione che per il personale a tempo indeterminato fosse stata attivate la suddetta verifica e non ha ritenuto dirimenti le modalità di verifica.
Dalla motivazione della sentenza impugnata si desume pertanto che l’ammissione della prova è stata ritenuta superflua per tali ragioni; non è dunque configurabile alcuna lesione del diritto alla difesa, né la censura prospetta la decisività delle prove non ammesse.
Il quarto motivo, secondo cui il passaggio in giudicato della statuizione della sentenza di primo grado che aveva dichiarato il diritto della Giuca al riconoscimento dell’anzianità giuridica maturata nel corso dei rapporti a tempo determinato ai fini della progressione di carriera avrebbe imposto alla Corte territoriale la condanna del CREA al pagamento delle differenze retributive, deve ritenersi assorbito.
In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo ed il quinto motivo, va dichiarato inammissibile il terzo, assorbito il quarto; la sentenza impugnata va dunque cassata relativamente ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello
di Roma in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quinto motivo, dichiara inammissibile il terzo e assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata relativamente ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della