Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15890 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15890 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9150-2019 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
FONDAZIONE ERAGIONE_SOCIALE – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA DEI MEDICI E DEGLI ODONTOIATRI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 636/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 19/12/2018 R.G.N. 27/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
PENSIONE
RICONGIUNZIONE
R.G.N. 9150/2019
Ud. 11/04/2025 CC
Rilevato che:
Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, NOME COGNOME ricostruiva la sua carriera quale medico laureato in medicina e chirurgia, deduceva di avere chiesto nel 2001 la ricongiunzione presso l’ENPAM dei contributi versati presso l’INPDAP , nel periodo 1978-2001, e di essere titolare di pensione a carico dell’ENPAM dal 1 °/12/2012. Il ricorrente deduceva che l’ENPAM non aveva valorizzato il periodo di servizio dal 1978 al 2001 come dovuto e cioè in proporzione al lavoro prestato, a tempo pieno, e alla contribuzione versata, ma aveva calcolato solo tre ore di contribuzione settimanale e tanto facendo riferimento a quanto accertato per il precedente periodo di contribuzione relativo a pochi mesi trascorsi tra il 1976 e il 1977. Tanto premesso, NOME COGNOME conveniva in giudizio l’ENPAM chiedendone la condanna alla ricostituzione della pensione proporzionata al lavoro prestato, alla retribuzione percepita e alla contribuzione versata, con ricalcolo e restituzione degli arretrati maturati. L’EN RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. Il Tribunale di Torino, sezione lavoro, respingeva la domanda.
Avverso detta sentenza proponeva appello NOME COGNOME; l’ENPAM resisteva anche nel secondo grado di giudizio. Con la sentenza n. 636/2018 depositata il 19/12/2018 la Corte di Appello di Torino, sezione lavoro, respingeva l’appello e compensava le spese d el grado di giudizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, NOME COGNOME L’ENPAM si è costituito con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La difesa del ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell’11/4/2025.
Considerato che :
Con l’unico, articolato, motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 1 e 5 legge 05/03/1990, n. 45, degli artt. 36 e 38 Cost., dell’art. 5, ultimo comma, d.P.R. 27/04/1968, n. 488 e dei principi giurisprudenziali enunciati dalla Corte costituzionale e dalla Suprema Corte in materia di previdenza (art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.; violazione del combinato disposto degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.
1.1. Con il primo profilo di ricorso la difesa di NOME COGNOME non contesta, in realtà, alcuna violazione delle norme dettate dagli artt. 1 e 5 L. n.45 del 1990, disposizioni che dettano principi generali in tema di ricongiunzione, e delle altre disposizioni invocate, ma critica piuttosto un ‘ attività di ricognizione dei fatti, di interpretazione dei documenti e verifica della comune intenzione delle parti effettuata dalla sentenza impugnata.
1.2. Il ricorso contesta i due assunti sui quali poggia, secondo il ricorrente, la sentenza impugnata e cioè che senza l’intervenuta ricongiunzione NOME COGNOME non avrebbe potuto accedere alla pensione all’età di sessantadue anni ma avrebbe dovuto lavorare ancora a lungo e che il ricorrente avrebbe espressamente accettato la proposta di ricongiunzione.
1.3. Sotto il primo profilo il ricorrente deduce che nell’anno 2012 avrebbe avuto diritto ad andare in pensione a prescindere dalla ricongiunzione e tanto perché era in
possesso di due requisiti previsti dai regolamenti ENPAM, all’epoca vigenti , e cioè dall’art. 17 del regolamento del fondo di previdenza generale e dall’art. 7 del regolamento del fondo di previdenza a favore degli specialisti ambulatoriali. E cioè il requisito anagrafico, pari ad almeno anni 58 di età e il decorso di almeno 30 anni dalla data della laurea. Deduce il ricorrente che in tal senso avrebbe riferito anche il funzionario Enpam ascoltato come teste nel giudizio di secondo grado e che la Corte di Appello avrebbe travisato il senso della deposizione.
1.4. Il motivo è infondato e non attinge la motivazione della decisione impugnata. Secondo la Corte di Appello, non aderendo alla ricongiunzione domandata dallo stesso ricorrente e calcolata nei suoi estremi dall’Istituto, NOME COGNOME non avrebbe potuto vantare il terzo e decisivo requisito e cioè trentacinque anni di contribuzione effettiva presso l’ENPAM, ente accentratore. Ciò è incontestabile perché avendo lavorato il ricorrente dal 1976 al 2012, per trentasei anni, ove non avesse chiesto e definito la ricongiunzione dei tredici anni tra il 1978 e il 2001, non avrebbe potuto raggiungere il requisito contributivo né accedere alla pensione anticipata all’età di sessantadue anni , come invece ha fatto.
2. Il ricorrente contesta, poi, la motivazione della Corte di Appello negando di avere accettato la ricongiunzione come proposta dall’ENPAM. La sentenza impugnata riporta due diverse missive con le quali il ricorrente ha, dopo aver effettuato specifica istanza, accettato la proposta di ricongiunzione effettuata dall’Ente accentratore che aveva indicato i relativi calcoli. Il ricorrente deduce che la sentenza sarebbe incorsa in un errore di percezione circa il contenuto della missiva ENPAM accettata dal ricorrente e che la stessa
non conteneva il calcolo dei contributi e del trattamento pensionistico maturato per gli anni dal 2001 al 2012. Osserva il Collegio che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, non sussiste alcun errore di percezione della Corte di Appello che ha esattamente ricondotto la corrispondenza tra le parti al periodo oggetto della domanda di ricongiunzione: il periodo dal 2001 al 2012 infatti non rilevava ai fini degli aspetti in discussione per il negozio di ricongiunzione, non era mai stato in contestazione né lo stesso ricorrente ha mai negato che su quel periodo siano stati conteggiati i versamenti, i contributi e la pensione conseguente.
2.1. Escluso ogni errore di percezione, rimane inammissibile la doglianza nella parte in cui mira ad affermare che la sentenza della Corte di Appello abbia errato nell’escludere che il ricorrente abbia accettato la proposta di ricongiunzione. Si tratta, appunto, di un negozio di ricongiunzione e la valutazione della comune intenzione delle parti, della concludenza delle rispettive dichiarazioni delle parti ai fini della conclusione dell’accordo e della rappresentatività del documento negoziale a concludere l’accordo rientra nell’ attività di valutazione del materiale istruttorio riservata al giudice del merito.
2.2. Vi è, peraltro, da osservare come la sentenza della Corte di Appello non sia incorsa in alcun vizio di motivazione atteso che, con argomentazioni aderenti ai documenti, logiche ed esaustive, ha osservato come l’accordo di ricongiunzione fosse stato aderente alla richiesta del ricorrente, valutato nei pro e nei contro, oltre che pacificamente eseguito per anni. Per questa via, non appare ravvisabile nemmeno la denunciata nullità della sentenza per la pretesa violazione degli artt.112 e 115 c.p.c.
2.3. Non risulta violato il disposto dell’art. 5, ultimo comma, d.P.R. 488 del 1968, disposizione che recita: «ove dopo la consegna del certificato di pensione allo interessato sia richiesto il riconoscimento di contributi figurativi, siano presentate tessere assicurative o versati contributi dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, per periodi anteriori alla data di decorrenza della pensione, entro i termini stabiliti dalle disposizioni in vigore, la pensione medesima è riliquidata con effetto dalla data di decorrenza originaria, secondo le norme in base alle quali essa è stata calcolata». Detta disposizione, infatti, non è applicabile alla vicenda, perché riguarda altre ipotesi di ricalcolo della pensione e non l’ipotesi di calcolo della pensione in ragione di uscita anticipata e negozio di ricongiunzione.
Occorre, infine, considerare che una volta rappresentato dall’ente accentratore l’onere della ricongiunzione e indicata la conseguente rata di pensione, l’accettazione espressa del lavoratore, intervenuta nel caso all’origine della controversia come acc ertato in fatto dalla Corte di Appello, preclude l’impugnazione successiva del negozio di ricongiunzione concluso con efficacia transattiva.
3.1. In tal senso assume rilievo il principio di diritto affermato da questa Corte: in materia di ricongiunzione di periodi assicurativi ai fini della pensione per i liberi professionisti, l’accettazione da parte del lavoratore della proposta, formulata dall’ente preposto alla gestione previdenziale accentratrice, implica la conclusione di un accordo di natura pubblicistica, che ha ad oggetto anche costi e modalità della ricongiunzione e, una volta perfezionato, non è revocabile, salvo il caso di errore. (Nel caso di specie, la SRAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto
irretrattabile l’accordo sull’ammontare dovuto per la costituzione della riserva matematica volta a far fronte alle future prestazioni pensionistiche, conosciuto dal lavoratore, al pari dell’importo del rateo pensionistico da liquidare comunicatogli dall’Inps)(Cass. 28/05/2024, n. 14858). Nella vicenda all’esame nessun errore è ravvisabile perché, come accertato dalla sentenza impugnata, lo scambio di missive all’origine dell’accordo riguardava gli anni successivamente contestati, indicava le conseguenze economiche dell’accordo ed era stato vagliato in tutti i su oi aspetti dall’odierno ricorrente.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Alla soccombenza fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in ragione del valore di causa, in favore dell’Istituto controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento nei confronti della Fondazione ENPAM delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; a i sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, dell’11 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME