Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2463 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2463 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21664-2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE COGNOME, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1774/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/01/2019 R.G.N. 1264/2014;
R.G.N. 21664/2019
COGNOME
Rep.
Ud.23/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La Corte di Appello di Catanzaro, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda del dott. NOME COGNOME ricorrente in cassazione, volta – previa disapplicazione della delibera dell’ASP di Crotone n. 66 del 2011 (che in autotu tela aveva revocato la precedente n. 8 del 2011) -ad ottenere, successivamente al collocamento in quiescenza, avvenuta in data 1.2.2010, la condanna dell’Azienda sanitaria al suo reinserimento in servizio fino al raggiungimento dei limiti massimi di età, reintegra richiesta, con istanza del 15.11.2010, ai sensi dell’art. 22, comma 1, l. n. 183 del 2010; in via subordinata, chiedeva il risarcimento del danno, patrimoniale e morale, cagionatogli da detto mancato reinserimento.
Esponeva il ricorrente che dopo l’accoglimento da parte del Commissario straordinario della propria istanza avvenuto con delibera n. 8 del 2011 -la Regione Calabria, in considerazione del disposto blocco del turn over nel comparto sanitario regionale, aveva stabilito che le ASP calabresi dovessero soprassedere all’esame di ogni eventuale richiesta di reintegra in servizio che avrebbe potuto configurare una ipotesi di ‘nuova assunzione’ e che a detta determinazione dell’autorità regionale aveva fatto seguito l’attuazione del piano di rientro del sub -commissario regionale con cui veniva richiesto all’Asp di Crotone di provvedere alla revoca della delibera di reinserimento in organico dello Schipani.
La sentenza di appello, ritenuta la materia oggetto della presente controversia disciplinata dall’art. 15 nonies d.lgs. n. 502 del 1992, nel testo riformulato dall’art. 22 della l. n. 183 del 2010 , motivava
il rigetto della domanda sulla base della ritenuta inapplicabilità al dirigente medico della predetta norma.
3.1. Sul punto si legge nella sentenza della Corte territoriale: ‘ Ciò premesso, è lo stesso ricorrente a dedurre di essere stato collocato in quiescenza in data 1.2.2010 e di aver chiesto, in data 15.11.2010, il reinserimento in servizio (…). Siamo, pertanto, in un’ipotesi del tutto estranea alla materia disciplinata dal citato art. 15 nonies d.lgs. n. 502 del 1992 (in tutte le versioni di tale disciplina nel tempo succedutesi) che concerne esclusivamente il limite massimo per il collocamento in quiescenza dei dirigenti medici del Servizio sanitario Nazionale e che, quindi, non può certo trovare applicazione a coloro che hanno perduto tale qualifica, per essere già stati collocati in quiescenza.
Propone ricorso con due motivi il dirigente medico, depositando altresì memoria.
Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone.
Considerato che
Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 nonies , comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché la violazione degli artt. 112 e 113 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Il motivo sostiene l’erroneità della decisione evidenziando che, a differenza di quanto affermato nella sentenza di appello, la condizione del collocamento in quiescenza del ricorrente era proprio il presupposto atto a legittimare l’istanza di prosecuzione del rapporto di lavoro. Al riguardo rappresenta che, ai sensi dell’art. 22, comma 3 della l. n. 183 del 2010, è espressamente previsto che la disposizione qui in rilievo trovi applicazione anche ai dirigenti
medici e del ruolo sanitario del Servizio Nazionale in servizio alla data del 31.1.2010 e poi collocati in quiescenza.
1.2. Dal dato normativo -sostiene la parte ricorrente -si traggono due conseguenze: a) la ratio della norma è quella di tutelare il lavoro, inteso quale strumento di realizzazione della persona e non valorizzare la sola tutela previdenziale del massimo rendimento possibile del trattamento pensionistico; b) tutti i dirigenti cessati dal servizio nel periodo dal 1° febbraio 2010 al 24 novembre 2010 possono prestare istanza di mantenimento in servizio, benché non più titolari di un rapporto di lavoro.
1.3. Conclusivamente il mezzo deduce che tutti i dirigenti che si trovano nella condizione del ricorrente sono per legge titolari di un diritto soggettivo pieno e perfetto alla reintegrazione nel posto di lavoro originario, con conseguente obbligo di ripristino del rapporto di lavoro da parte delle Amministrazioni.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia il difetto assoluto di motivazione e la violazione dell’art. 360, n. 3, c.p.c.
2.1. La doglianza sostiene che la motivazione posta a fondamento della decisione è solo apparente, per non avere la Corte territoriale reso palese il ragionamento sotteso alla decisione.
I due motivi involgono la medesima questione ovvero l’applicabilità o meno al ricorrente, collocato in quiescenza in data 1.2.2010, dell’art. 15 nonies d.lgs. n. 502 del 1992, come novellato dall’art. 22 della l. n. 183 del 2010.
La pronunzia, come innanzi evidenziato, sostiene l’inapplicabilità al ricorrente della disposizione, essendo il dott. COGNOME in quiescenza da data anteriore all’entrata in vigore della normativa.
Per ragioni di ordine logico, va esaminato con priorità il secondo motivo con cui si deduce l’assenza di motivazione, per essere quella di cui alla sentenza impugnata apparente.
5.1. La doglianza è infondata.
5.2. La motivazione, infatti, come evidenziato nello storico di lite (punto n. 3 del Rilevato che) , c’è e rispetta il cd. minimo costituzionale.
5.3. Del resto è noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta appunto circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ( cfr. , tra le tante, le massimate Cass. Sez. L, n. 22598/2018, rv. 650880-01, ma anche la Cass. Sez. L, n. 7090/2022, rv. 664120-01).
5.4. Tali presupposti difettano nel caso all’attenzione, in quanto la motivazione della Corte territoriale è presente e chiara: il ricorrente non ha diritto alla ricollocazione in servizio perché già in quiescenza alla data di entrata in vigore dell’art. 15 nonies d.lgs. n. 502 del 1992 nel testo riformulato dall’art. 22 della l. n. 183 del 2010.
5.5. Come anticipato, la seconda censura è allora infondata e va conseguentemente rigettata, dovendosi per converso indagare la questione posta con il primo motivo ovvero se effettivamente l’art. 15 nonies d.lgs. n. 502 del 1992, come novellato dal cd. collegato lavoro, si applichi o meno alle posizioni di coloro che sono stati collocati in quiescenza e se -come sostenuto nel ricorso per cassazione -la disposizione consacri un diritto soggettivo al ricollocamento in servizio.
Va premesso l’esame della normativa .
6.1. L’art. 15 nonies del d.lgs. n. 502 del 1992 nel testo vigente alla data del collocamento a riposo, così disponeva:
‘ Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, fatta salva l’applicazione dell’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503. É abrogata la legge 19 febbraio 1991, n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in servizio per coloro i quali hanno già ottenuto il beneficio ‘.
6.2. Sull’anzidetta norma interviene, come anticipato , l’art. 22 del cd. Collegato lavoro, che così dispone ai commi 1 e 3:
Al comma 1 dell’articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, le parole: «dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale» e le parole: «fatta salva l’applicazione dell’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503» sono sostituite dalle seguenti: «ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti».
(…)
Le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche ai dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010.
come riformulato ex art. 22
6.3. Ne consegue che l’art. 15 nonies l. n. 183 del 2010 risulta avere il seguente tenore:
‘ Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. E’ abrogata la legge 19 febbraio 1991, n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in servizio per coloro i quali hanno già ottenuto il beneficio ‘.
6.4. Alla novella del 15 nonies cit. si accompagna, poi, come visto, la previsione di cui al comma 3, dell’art. 22 della l. n. 183 del 2010 , norma di cui, effettivamente, la Corte territoriale non ha tenuto conto.
6.5. Ebbene, la disposizione innanzi trascritta effettivamente stabilisce l’applicazione dell’art. 15 nonies cit. novellato anche ai dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010 .
6.6. Ne consegue che erroneamente la sentenza di appello ha escluso l’applicazione al ricorrente, collocato in quiescenza il 1.2.2010 (secondo quanto risulta dalla stessa sentenza di appello a pag. 2), della disposizione di cui all’art. 15 nonies d.lgs. n. 502 del 1992 novellata ex l. n. 183 del 2010, sul mero presupposto che lo stesso non fosse più in servizio, laddove, invece, ai sensi del comma 3 dell’art. 22 del cd. Collegato lavoro, è espressamente previsto che la previsione si applica anche a tutti i dirigenti e medici del ruolo del Servizio sanitario nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010, senza attribuire alcun rilievo al collocamento in quiescenza eventualmente avvenuto nel periodo compreso fra la data indicata e quella di entrata in vigore della nuova normativa.
6.7. Ne consegue l’erroneità della sentenza sul punto e la fondatezza in parte qua del primo motivo.
Il primo mezzo, invece, è infondato nella parte in cui assume che il medico abbia in virtù del citato art. 15 nonies un diritto soggettivo pieno e perfetto alla reintegra.
7.1. Su l punto si evidenzia, infatti, che l’art. 15 nonies cit. prevede -è vero -la possibilità, previa istanza dell’interessato, di permanere in servizio oltre i sessantacinque anni di età, purché, tuttavia, il dirigente non abbia compiuto il settantesimo anno di età e sempre che la permanenza in servizio non determini un aumento del numero dei dirigenti (cfr. sul punto Cass. Sez. L, n. 7490/2024).
A tanto va altresì aggiunto e rammentato, sulla scorta dell’insegnamento di Cass. Sez. L, n. 23153/2020, rv. 659261-01, che in tema di dirigenza medica, l’art. 15-novies del d.lgs. n. 502 del 1992, ratione temporis vigente a seguito delle modifiche apportate dall’art. 22 della l. n. 183 del 2010 non esclude l ‘ ammissibilità del recesso anticipato, ai sensi dell’art. 72, comma 11, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., in l. n. 133 del 2008, nei confronti del dirigente responsabile di struttura non complessa che abbia maturato la massima anzianità contributiva.
7.2. Quello che il Collegio intende sottolineare è che la norma di cui all’art. 15 nonies non prevede affatto un diritto soggettivo pieno ed incondizionato del dirigente medico alla ricollocazione in servizio, dovendo la valutazione di reintegra o trattenimento in servizio essere oggetto, invece, di una valutazione ponderata che tenga conto della ricorrenza anche degli altri presupposti di cui innanzi, oltre che della complessiva normativa vigente ratione temporis (ad esempio, quella in tema di rientro dal disavanzo sanitario e di blocco del turn over) .
7.3. Il principio enunciato si armonizza con quanto rilevato dalla Corte costituzionale nella pronunzia n. 33 del 2013 in cui si è
affermato che non è costituzionalmente tutelato un indiscriminato ed incondizionato diritto alla reintegrazione in servizio, senza alcuna considerazione delle esigenze organizzative dell’ente datoriale.
Conclusivamente, deve essere enunciato il principio di diritto secondo cui « ai sensi dell’art. 15 nonies del d.lgs. n. 502 del 1992, come novellato dall’art. 22, comma 3, della l. n. 183 del 2010, anche i dirigenti medici in quiescenza alla data di entrata in vigore del cd. Collegato lavoro, ma in servizio alla data del 31 gennaio 2010, possono chiedere il ricollocamento in servizio, che, tuttavia, non costituisce un diritto soggettivo, dovendo essere bilanciato con le esigenze organizzative dell’ente e con quelle derivanti dalla necessità del rispetto di altre normative settoriali» quali, ad esempio, quelle richiamate al punto 7.2.
8.1. La sentenza impugnata va quindi cassata in accoglimento del primo motivo, nei limiti segnati dalla presente motivazione, con rinvio alla medesima Corte territoriale affinché, in diversa composizione, definisca la controversia facendo applicazione del principio sopra affermato, provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo e rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda
di provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 23.1.2025