Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3981 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 3981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19570-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 692/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 18/12/2018 R.G.N. 520/2016;
Oggetto
Lavoro
agricolo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO CHE:
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Salerno accoglieva la domanda di COGNOME NOME volta a far accertare il rapporto di lavoro agricolo per 102 giornate nell’anno 2002 alle dipendenze dell’azienda RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con condanna al pagamento dell’indennità di disoccupazione.
Riteneva la Corte che, come già deciso in una precedente sentenza emessa dallo stesso organo giudicante, la riclassificazione operata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con verbale di accertamento con cui si ascriveva la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al settore industriale e non più a quello agricolo, non poteva avere effetto retroattivo, e quindi non pregiudicava la posizione previdenziale della COGNOME per le giornate effettuate prima della riclassificazione. Specificava la Corte che la riclassificazione poteva avere effetto retroattivo nel solo caso di inveritiere dichiarazioni del datore di lavoro al momento dell’avvio dell’attività, e non a seguito di accertamenti successivi dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non determinati da false comunicazioni datoriali, ma dall’omessa comunicazione di circostanze attinenti al mutamento dell’attività aziendale in origine agricola.
Avverso la sentenza, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per due motivi.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
All’adunanza il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce nullità della sentenza per omessa motivazione, in violazione degli artt.132 c.p.c. e 118 d.a. c.p.c., per aver motivato con un semplice rinvio ad altra sentenza del medesimo ufficio giudiziario, senza svolgere alcun accertamento e senza esplicitare le ragioni dell’accoglimento della domanda della lavoratrice.
Con il secondo motivo di ricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.3, co.8 l. n.335/95, degli artt.1, 2, 3, 4 l. n.352/78 e 44-bis d.l. n.69/03, conv. con mod. dalla l. n.326/03, per avere la Corte d’appello negato effetto retroattivo dell’inquadramento nel settore industriale, a fronte dell’accertamento ispettivo relativo all’omessa comunicazione di circostanze attinenti al mutamento dell’attività aziendale in origine agricola. Sostiene l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che anche tale ipotesi andava ricondotta alla retroattività voluta dall’art.3, co.8 l. n.335/95.
Il primo motivo è infondato.
La sentenza ha motivato non solo facendo riferimento al precedente della stessa Corte d’appello (sentenza n.674/18), bensì esternando anche proprie ragioni di fatto e di diritto (v. p.6 punto 10 della sentenza), sulla base delle quali l’art.3, co.8 l. n.335/95 non può riguardare il caso di omessa comunicazione di circostanze attinenti al mutamento dell’attività aziendale (da agricola a industriale).
Il secondo motivo è infondato.
L’orientamento ormai costante di questa Corte (Cass.568/22, Cass.5541/21, Cass.14257/19, Cass.3460/18, Cass.4521/06), cui va data continuità, e che ha superato il precedente di Cass.8558/14, afferma che la regola generale posta dall’art.3, co.8 l. n.335/95 è quella per cui i provvedimenti dell’RAGIONE_SOCIALE di variazione della classificazione ai sensi dell’art.49 l. n.88/89 non hanno efficacia retroattiva e producono i loro effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione; tale regola vale quand’anche la riclassificazione sia svolta d’ufficio dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in caso di omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività; la retroattività è limitata, secondo la lettera della norma, alla sola ipotesi di un inquadramento iniziale errato poiché determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro.
L’orientamento appena citato resiste alle critiche avanzate col motivo di ricorso, poiché, come già rilevato da Cass.568/22, la predetta lettura dell’art.3, co.8 l. n.335/95 meglio si giustifica alla luce della ratio della norma, tesa a favorire la certezza nel rapporto contributivo, che ha ripercussioni sul bilancio dell’istituto e sulle posizioni previdenziali dei singoli lavoratori. La retrodatazione degli effetti del nuovo inquadramento, inoltre, deve essere controbilanciata dall’esigenza dell’impresa a non essere soggetta a obbligazioni per periodi ormai passati.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, con condanna alle spese secondo soccombenza.