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Ricalcolo TFS: servizio fuori ruolo vale? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al ricalcolo TFS per gli eredi di un operatore sanitario, includendo nel computo un lungo periodo di servizio prestato “fuori ruolo” tramite convenzione, prima dell’assunzione formale. La decisione si fonda sul principio di automatismo delle prestazioni previdenziali e sulla continuità del rapporto di lavoro, stabilendo che il diritto alla prestazione non dipende dal formale versamento dei contributi da parte del datore di lavoro.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Ricalcolo TFS: il servizio “fuori ruolo” conta ai fini della liquidazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema di grande rilevanza per i lavoratori del settore pubblico: il ricalcolo TFS (Trattamento di Fine Servizio). La questione centrale riguardava la possibilità di includere nel calcolo della liquidazione anche i periodi di lavoro svolti “fuori ruolo”, ovvero in regime di convenzione prima di una formale assunzione. La risposta dei giudici è stata affermativa, consolidando un principio fondamentale a tutela del lavoratore.

I fatti di causa: un lungo servizio “fuori ruolo”

Il caso ha origine dalla richiesta degli eredi di un infermiere che aveva prestato servizio per oltre trent’anni, dal 1978 al 2009, presso un Policlinico Universitario in regime di convenzione. Successivamente, era stato immesso nei ruoli della Azienda Sanitaria Locale. Al momento del calcolo del TFS, l’ente previdenziale aveva considerato unicamente il periodo di servizio successivo all’immissione in ruolo, escludendo i decenni di lavoro prestati come convenzionato.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai familiari del lavoratore, riconoscendo il diritto a veder computato l’intero periodo di servizio. L’ente previdenziale, tuttavia, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione.

La questione giuridica e il ricalcolo TFS

L’ente previdenziale sosteneva che una vecchia legge regionale, che equiparava il trattamento economico tra personale convenzionato e personale di ruolo, si riferisse esclusivamente alla retribuzione e non agli istituti previdenziali come il TFS. Secondo questa tesi, il diritto al TFS sarebbe sorto solo con la formale assunzione e non poteva retroagire a coprire il lavoro svolto in convenzione.
La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a stabilire se il periodo di lavoro prestato “fuori ruolo” dovesse essere considerato valido ai fini del ricalcolo TFS, superando una visione restrittiva della normativa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale, basando la propria decisione su argomenti solidi e di grande impatto.

Superamento di un precedente orientamento

I giudici hanno innanzitutto chiarito che un precedente orientamento giurisprudenziale, che sembrava favorevole alla tesi dell’ente, doveva essere superato alla luce dell’evoluzione del quadro normativo e costituzionale. Oggi, la competenza legislativa in materia di rapporti di lavoro pubblico e di previdenza spetta esclusivamente allo Stato, rendendo ininfluenti le vecchie interpretazioni basate su leggi regionali ormai abrogate.

La centralità dell’automatismo delle prestazioni

Il cuore della motivazione risiede nell’applicazione del principio dell'”automatismo delle prestazioni previdenziali”, sancito dall’art. 2116 del codice civile. Questo principio cardine del nostro ordinamento stabilisce che il diritto del lavoratore alle prestazioni è automatico e non può essere pregiudicato dall’eventuale omissione contributiva del datore di lavoro. In altre parole, la prestazione è dovuta per il solo fatto che il rapporto di lavoro è esistito e ha avuto luogo, a prescindere dal corretto versamento dei contributi. La Corte ha specificato che una deroga a tale principio è possibile solo se prevista espressamente da una legge, circostanza non verificatasi nel caso di specie.

La continuità del rapporto di lavoro

Infine, la Corte ha valorizzato il principio di continuità del rapporto di lavoro nel passaggio dei dipendenti dal settore ospedaliero alle unità sanitarie locali, come avvenuto a seguito della riforma sanitaria. La normativa (in particolare il d.P.R. n. 761 del 1979) garantisce che non vi sia interruzione nel rapporto, e di conseguenza il diritto al TFS matura in riferimento a tutto il servizio prestato, senza distinzioni tra periodo pre-ruolo e post-ruolo.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza in modo significativo la tutela dei lavoratori del comparto pubblico, affermando che la sostanza del rapporto di lavoro prevale sulla forma. Il diritto al ricalcolo TFS includendo i periodi di servizio “fuori ruolo” è ora un punto fermo. Questa pronuncia chiarisce che il diritto alla liquidazione è intrinsecamente legato all’attività lavorativa svolta, e l’ente previdenziale non può negarlo adducendo la mancata immissione in ruolo o eventuali omissioni contributive da parte del datore di lavoro. Si tratta di una vittoria importante per la stabilità e la sicurezza previdenziale dei lavoratori.

Il periodo di lavoro “fuori ruolo” in convenzione va conteggiato ai fini del Trattamento di Fine Servizio (TFS)?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche il servizio prestato in regime di convenzione, prima della formale immissione in ruolo, deve essere incluso nel calcolo del TFS, in virtù dei principi di continuità del rapporto di lavoro e di automatismo delle prestazioni previdenziali.

Cosa significa “automatismo delle prestazioni previdenziali” in questo contesto?
Significa che il diritto del lavoratore a ricevere la prestazione previdenziale, come il TFS, sorge automaticamente per il solo fatto di aver svolto l’attività lavorativa. Tale diritto non può essere negato a causa della mancata o irregolare versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, a meno che una legge non lo preveda espressamente.

L’ente previdenziale può rifiutare il ricalcolo del TFS se i contributi per un certo periodo non sono stati formalmente versati?
No. In base al principio dell’automatismo delle prestazioni, l’ente non può rifiutare la prestazione dovuta. Il diritto del lavoratore è tutelato e l’ente dovrà poi, eventualmente, rivalersi sul datore di lavoro inadempiente per recuperare i contributi omessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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