Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30853 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30853 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16298-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di Ente succeduto ex lege all’RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2911/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2020 R.G.N. 1701/2019;
Oggetto
R.G.N. 16298/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 16298/21
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 11.12.2020 n. 2911, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente il gravame proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto il ricorso promosso da COGNOME NOME, volto a chiedere la rideterminazione dei supplementi di pensione in favore del pensionato erogati dall’Inps, gestione ex Enpals, con le decorrenze meglio indicate in ricorso.
La Corte d’appello ha disatteso l’eccezione di decadenza dal diritto alla riliquidazione proposta dall’Inps e, benché abbia rideterminato in diminuzione gli importi liquidati dal tribunale (cfr. pp. 7-8 della sentenza impugnata) nel merito, quanto ai crite ri di liquidazione della ‘quota B’ della pensione, sulla base della controversa interpretazione dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97 e della sua applicazione anche alla ‘quota B’, in riferimento al limite di retribuzione giornaliera pensionabile, previ sto dall’art. 12 comma 7 del DPR n. 1420/71, ma dal pensionato ritenuto applicabile alla sola ‘quota A’ della pensione, la medesima Corte del merito ha rilevato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 202/2008, aveva confermato la legittimità del predetto art. 12 comma 7 cit., che prevede la somma di £ 315.000 (rivalutate a decorrere dal 1.1.98) quale limite di retribuzione giornaliera pensionabile, ma senza specificare se riferito alla sola ‘quota A’, ovvero a tutta la pensione e, quindi, anche all a ‘quota B’: infatti, il DPR n. 1420/71 disciplinava le modalità di calcolo di tutta la pensione dei lavoratori dello spettacolo (non esistendo all’epoca le due quote), liquidata interamente con il metodo retributivo.
Secondo la Corte di appello non è condivisibile la tesi dell’Inps per cui il ‘tetto’ delle 315.000 lire (rivalutato) opererebbe anche per la quota B, in base a norma tutt’ora vigente, in quanto seppur vero che tale disposto normativo è tutt’ora in vigore, deve escludersi -ad avviso della Corte territoriale -che lo sia per la ‘quota B’, in quanto il d.lgs. n. 182/97 avrebbe modificato il metodo di calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile (RGP), dettandone una disciplina nuova e autosufficiente a ll’art. 3, senza limitarsi a modificare le aliquote di rendimento. Inoltre, secondo il ragionamento della Corte d’appello, l’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97 non contiene alcun riferimento al precedente limite massimo di cui all’art. 12 settimo comma de l DPR n. 1420/71, mentre richiamerebbe il diverso limite massimo della retribuzione annua pensionabile in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria, diviso 312, come base di applicazione dell’aliquota di rendimento annuo del 2%, stabilendo che la quota di RGP eccedente tale limite è computata secondo le aliquote di rendimento previste dall’art. 12 del d.lgs. n. 503/92. Sarebbe, quindi, evidente, secondo la Corte territoriale, nell’ottica di armonizzazione dei regimi pensionistici, imposta dalla 335/95, che il legislatore delegato ha introdotto per il calcolo della ‘quota B’ limiti diversi, parametrati a quelli vigenti per l’AGO, restando invece confermata la previgente normativa per il calcolo della ‘quota A’, con il solo innalzamento dello specifico ‘tetto’ d i lire 315.000.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, mentre dell’COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 47 del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 4 lett. d) del DL n. 98/11, convertito in legge n. 111/11, in relazione all’ art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello non aveva ritenuto maturata la decadenza dall’azione giudiziaria, anche nelle ipotesi, come nella specie, di pensioni liquidate prima dell’entrata in vigore delle norme di cui in rubrica.
Con il secondo motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del DPR n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei lavoratori dello spettacolo riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) pur se soggetta a un massimale, tuttavia tale massimale non sarebbe quello specificamente previsto per i trattamenti dell’ENPALS dall’art. 12 del DPR n. 1420/71 come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000), ma piuttosto quello generalmente previsto tempo per tempo (diviso per il coefficiente 312), ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, che prevede che ai fini del calcolo della parte B della pensione, si applica l’aliquota di rendimento del 2%, sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria.
Il primo motivo di ricorso è fondato, nei termini che seguono.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘n riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni
pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale’ (Cass. n. 17430/21) .
Più in particolare, alla fattispecie di ricalcolo del trattamento pensionistico, già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell’art. 38 cit., va applicato il termine decadenziale previsto da tale disposizione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione (Cass. n. 123 del 2022; Cass. n. 17430 del 2021; Cass. n. 28416 del 2020; cfr. Cass. nn. 3580 del 2019 e 29754 del 2019; 16661 del 2018; Cass. n. 7756 del 2016), con ciò ribadendosi i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352 del 2015 (in tema di emotrasfusioni, in relazione ai termini introdotti dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV).
Il termine di decadenza, introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), convertito in L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione. La questione, di diritto transitorio, ha riguardato l’incidenza su una situazione ancora pendente della legge sopravvenuta, che ha introdotto ex novo un termine di decadenza.
Si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
Si è precisato che tale soluzione realizza il bilanciamento tra il fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, ed il fine di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014).
Inoltre, la decadenza è evitata dalla proposizione dell’azione giudiziaria, stante il tenore letterale della norma ed essendo questo l’atto il cui compimento va effettuato nel termine e dunque – secondo i principi generali in materia di decadenza – il solo atto che possa impedire la decadenza.
Il D.L. n. 98 del 2011, art. 38 ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all’art. 47 il comma 2 per cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo dopo l’art. 47 un art. 47 bis, a norma del quale “si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione
di cui alla L. 9 marzo 1988, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni”.
L’intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trova conferma anche nei lavori preparatori e nella relazione che accompagna l’art. 38, dove si afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico di per sé imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile; l’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall’accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem , con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze (a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all’esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni) e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta; può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il
triennio dalla domanda giudiziale (Cass. 17430 del 17/06/2021).
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data necessaria continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’Inps. In accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in