Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19181 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19181 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29750-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
DAPPORTO COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2765/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/07/2022 R.G.N. 3483/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 29750/22
Rilevato che:
Oggetto
R.G.N. 29750/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
Con sentenza del giorno 1.7.2022 n. 2765, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto il ricorso promosso da COGNOME NOMECOGNOME volto a chiedere la rideterminazi one dei supplementi di pensione erogati dall’Inps, gestione ex Enpals, con le decorrenze meglio indicate in ricorso. La Corte d’appello, in via preliminare, riteneva che la novella dell’art. 47 u.c. del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 1 lettera d) del DL n. 98/21, che aveva reso applicabile il termine triennale di decadenza previsto per le controversie in tema di prestazioni pensionistiche anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, si applicasse anche alle prestazioni pensionistiche oggetto di causa, ric onosciute prima della novella dell’art. 47 intervenuta con il DL 98/11, e ciò, attraverso l’istituto della decadenza cd. mobile, per i ratei pensionistici maturati fino al triennio precedente alla domanda giudiziale, per cui il pensionato era decaduto dal diritto a richiedere tali ratei pensionistici maturati, come detto, fino al triennio precedente all’azione intrapresa.: pertanto, poiché il ricorso, ex art. 414 c.p.c., era stato proposto il 26.10.17, era maturata la decadenza per i ratei dal 6.7.11 al 26.10.14.
Nel merito, la Corte d’appello, con riguardo all’individuazione del criterio di calcolo della cd. quota B della pensione e conseguentemente, dell’ammontare del rateo pensionistico, ha ritenuto non più sussistente il limite di retribuzione giornaliera pensionabile di lire 315.000, sia pure rivalutato a partire dal gennaio 1998, in quanto il rinvio operato dall’art. 1 del d.lgs. n. 182/97 all’art. 12 comma 7 del DPR n. 1420/71 non impone, diversamente da quanto affermato dall’Inps, di tenere in ogni caso fermo tale limite in riferimento alla cd. quota B.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, l’Istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 47 del DPR n. 639/70, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello dopo aver correttame nte riscontrato l’intervenuta decadenza cd. mobile, di cui all’art. 47 del DPR n. 639/70, ha dichiarato l’estinzione del diritto alle differenze maturate sui ratei dal 6.7.11 al 26.10.14, mentre invece, poiché la decadenza di cui all’art. 47 del DPR n. 639 /70, come novellato dall’art. 38 del DL n. 98/11 si applica anche alle azioni giudiziarie volte ad accertare il diritto al ricalcolo di prestazioni già liquidate alla data di entrata in vigore del ridetto DL n. 98 cit. (6 luglio 2011), l’assunto della Corte d’appello che aveva invece lasciato indenni i ratei collocati nell’arco di tempo compreso fra la data di decorrenza della pensione (gennaio 2009) e quella di entrata in vigore della norma che ha previsto la decadenza (luglio 2011) era, pertanto, privo di qualsivoglia fondamento normativo.
Con il secondo motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del DPR n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei lavoratori dello spettacolo riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) pur se soggetta a un massimale, tuttavia tale massimale non sarebbe quello
specificamente previsto per i trattamenti dell’ENPALS dall’art. 12 del DPR n. 1420/71 come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000), ma piuttosto quello generalmente previsto tempo per tempo (diviso per il coefficiente 312), ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, che prevede che ai fini del calcolo della parte B della pensione, si applica l’aliquota di rendimento del 2%, sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria.
In via preliminare, deve essere disattesa la eccezione di giudicato interno sollevata dalla difesa del controricorrente (pp. 21-24 del controricorso), volta alla dichiarazione dell’intervenuto passaggio in giudicato del capo di sentenza con il quale i giudici di merito hanno accertato, in ordine alla quota B dei supplementi di pensione (per cui è causa), che le quote di retribuzione giornaliera pensionabile eccedenti il limite di £ 315.000 sono computate secondo le aliquote di rendimento previste dall’art. 12 del d.lgs. n. 503/92, che l’Ente ha errato anche nella parte in cui ha conteggiato un numero di contributi giornalieri inferiore a quello effettivo. Come già affermato nei precedenti resi da questa Corte in cause sovrapponibili (Cass. 31/12/2024, n.35136; Cass. n. 23988/2024), il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del «massimale pensionabile» per la «quota B». Ne consegue che la perdurante vigenza, anche per tale quota, del limite previsto dall’art. 12, co. 7 D.P.R. n. 1420/71 rappresenta un tema ancora controverso e che nessun giudicato interno può precluderne l’esame.
Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni in diritto della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che è quella che ricollega ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto; in tal senso si è anche parlato di «unità minima suscettibile di passaggio in giudicato». In sostanza, ove la impugnazione investa anche uno solo degli elementi della «sequenza minima» fatto/norma/effetto nessun giudicato interno può dirsi formato (fra le molte, di recente, Cass., sez. lav., 3 ottobre 2022, n. 28565; idem, ord. n. 24249/24).
Il primo motivo è fondato; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale, con ciò riferendosi all’ev idenza a tutti i ratei anteriori al triennio, computato a ritroso dalla data di presentazione della domanda giudiziale (26.10.14), ivi compresi quelli sorti prima dell’entrata in vigore (6.7.11) del DL n. 98/11, quindi, nella specie, ricompresi i ratei dalla data del pensionamento (gennaio 2009).
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera
pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generali tà dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data necessaria continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’Inps. In accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini