Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30449 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3566-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME, COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 641/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/07/2023 R.G.N. 1190/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE
PROFESSIONISTI
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
Ud 24/10/2025 CC
Rilevato che:
Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, l’AVV_NOTAIO ha convenuto in giudizio la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il ricalcolo della pensione a suo tempo riconosciutagli dalla RAGIONE_SOCIALE a far data dal 1° dicembre 2009, sulla base dell’applicazione ai redditi professionali sui quali si calcola il trattamento pensionistico della rivalutazione per l’anno 1979 -1980, in ritenuta corretta applicazione degli artt. 15 sgg. della. L. n. 576 del 1980. Contestando i parametri di rivalutazione utilizzati da RAGIONE_SOCIALE, il professionista ha, quindi, chiesto « previa rivalutazione dei redditi a partire dall’anno 1980 », il ricalcolo del trattamento di pensione e per l’effetto la condanna dell’Ente a pagare, a titolo di differenze ratei pensionistici, a partire dal 2010, quantificati in euro 105.081,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria. La RAGIONE_SOCIALE si è costituita in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda ma accoglieva anche l’eccezione di prescrizione sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE e, operate le conseguenti compensazioni, condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 10.748, 06 nei confronti del ricorrente.
Avverso detta sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE articolando cinque motivi di gravame. NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame. La Corte di Appello di Milano, sezione lavoro, con la sentenza n. 641/2023 depositata il 28/07/2023 accoglieva parzialmente il ricorso.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE
articolando tre motivi di impugnazione. NOME COGNOME si è costituito con controricorso chiedendo dichiararsi inammissibile e comunque rigettarsi l’impugnazione.
La parte ricorrente ha depositato memorie illustrative.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 24/10/2025.
Considerato che :
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività sollevata dalla parte controricorrente. La sentenza è stata depositata e pubblicata in data 28/07/2023 e il ricorso è stato notificato il 25/01/2024 e pertanto entro il termine semestrale utile, trattandosi di sentenza non notificata ai fini del decorso del termine breve.
Si consideri, in proposito, che: il termine semestrale di impugnazione della sentenza, previsto dall’art. 327 c.p.c., decorre dalla pubblicazione della sentenza stessa, ossia, nel rito del lavoro, non dalla data di lettura del dispositivo in udienza, ma da quella del deposito in cancelleria del testo completo della sentenza, a seguito del quale, soltanto, può proporsi l’impugnazione, salvo il caso particolare dell’appello con riserva di motivi, di cui all’art. 433, comma 2, c.p.c. (Cass. 7/03/2022, n. 7364). In questo caso la sentenza non è stata depositata in via contestuale e non è stata pubblicata il giorno dell’udienza di discussione, ma depositata con la motivazione solo il 28/07/2023 giorno dal quale decorreva il termine lungo per impugnare.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 15, 16 e 27 della l. n. 576 del 1980 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. In particolare si critica la sentenza della Corte d’appello di Milano nella parte in cui ha rigettato il secondo motivo d’appello, con
cui la RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato il vizio di errata applicazione degli artt. 15, 16, 26 e 27 della Legge n. 576/80, per erronea individuazione della decorrenza della rivalutazione dei redditi pensionabili con aliquota del 21,1% anziché con aliquota del 18,7% così contestando il relativo capo della sentenza di prime cure; ci si duole che la Corte di Appello abbia ritenuto errato e illegittimo il meccanismo di rivalutazione dei redditi professionali rilevanti ai fini della percossione contributiva pensionabile ex art. 10 della l. n. 576 del 1980, confermando sul punto quanto già affermato dalla pronuncia di primo grado.
Il motivo è infondato. Il Collegio ritiene di confermare sul punto l’orientamento già consolidato di questa Corte ed espresso da ultimo da Cass. 09/09/2025, n. 24925 e da varie recenti pronunce (nel medesimo senso Cass. 23485/2025, 23486/2025, 23487/2025, 24443/2025 e 24444/2025).
In fattispecie analoghe alla presente, nelle quali era chiesta la rivalutazione del trattamento pensionistico di vecchiaia ai sensi dell’art.2 L. n.576/80 in ragione di una diversa e maggiore rivalutazione dei redditi (artt.15 e 16, co.1), questa Corte (Cass.9698/2010, Cass.16585/2023, Cass. 27609/2024) ha affermato che la rivalutazione dei redditi opera in conformità al disposto dell’art.27, co.4, ovvero secondo l’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della presente legge, cioè l’ann o 1980, e dunque sulla base della variazione dell’indice ISTAT registrata nell’anno precedente, ovvero nel 1979.
5.1 – Le citate pronunce poggiano tutte sul rilievo contenuto nella sentenza resa a Sezioni Unite da questa Corte (v. sent.n.7281/2004) per cui, diversamente da quanto ritiene la RAGIONE_SOCIALE, l’art.27, co.4 non è norma di diritto transitorio, ma
detta un criterio generale, applicabile non solo alle pensioni liquidate prima dell’entrata in vigore della L. n.576/80, bensì anche a quelle liquidate dopo (principio confermato anche ord. n.27609/2024). In particolare, il fatto che la legge si applichi alle pensioni di vecchiaia maturate dal primo gennaio del secondo anno successivo alla sua entrata in vigore, ovvero dal 1982 (art.26, co.1), non toglie che, ai fini del loro calcolo secondo il sistema retributivo, la media dei dieci migliori redditi, computati sui quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione, opera previa rivalutazione di detti redditi a partire dall’anno di entrata in vigore della legge, e quindi dal 1980.
5.2 – Si deve qui aggiungere che tale interpretazione non è smentita dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n.7281/04, nella parte in cui assume invece a riferimento l’indice ISTAT del 1981 relativo al 1980. Tale sentenza ha riguardato, infatti, la diversa tematica della rivalutazione delle pensioni, ai sensi dell’art.16, co.1, non già la rivalutazione dei redditi (art.15), su cui calcolare l’ammontare della pensione secondo il sistema retributivo. Poiché le pensioni regolate dalla L. n.576/80 sono solo quelle che maturano dal 1° gennaio 1982, le Sezioni Unite hanno affermato che la rivalutazione della pensione avviene sulla base dell’indice del 1981 relativo al 1980 (ovvero dell’indice medio annuo relativo all’anno di entrata in vigore della legge), e quindi dell’indice precedente all’anno di prima erogazi one, che tiene conto della svalutazione intervenuta nell’anno ancora precedente; in particolare in detta sentenza viene spiegato che: facendo riferimento al meccanismo di rivalutazione della pensione, se una pensione maturata nel corso di un qualsiasi anno si rivaluta già l’anno immediatamente successivo, ciò comporta
che si prenda come base di riferimento per operare la rivalutazione la delibera del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, emessa lo stesso anno del pensionamento, che necessariamente farà riferimento alla variazione intervenuta nel corso dell’anno prec edente.
6. Nel caso di specie, invece, si tratta non di rivalutare le pensioni a far tempo dal primo anno successivo alla maturazione del diritto, previa delibera del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE (commi 1 e 3 dell’art.16), ma di rivalutare i redditi, già prima della maturazione del diritto a pensione e già a partire dal 1980, anno di entrata in vigore della legge, per i redditi maturati a partire dal 1980.
6.1 – Conferma della presente lettura degli artt.15, 26 e 27 L. n.576/80 si rinviene nel secondo comma dell’art.27, in base al quale la prima tabella di cui all’art.15, co.2 -ovvero la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei redditi redatta dal consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE entro il 31 maggio di ogni anno sulla base dei dati ISTAT- è redatta entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge. La prima tabella deve essere quindi redatta entro 4 mesi decorrenti dal 12.10.80, ovvero entro il 12.2.81, e quindi essa non poteva che prendere a riferimento l’indice medio ISTAT registrato nel 1980 sulla base della svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980, non certo l’indice ISTAT del 1981, il quale, essendo un indice medio annuo rife rito all’intero anno solare, va assunto a riferimento solo al termine dell’anno 1981, anziché già dal 12.2.81.
6.2 – Non osta a quanto fin qui detto il d.m. 30.9.82 adottato su delibera del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE ex art.16, co.1, il quale fa decorrere la rivalutazione, sia delle pensioni che dei redditi, dal 1981. La delibera della RAGIONE_SOCIALE,
invero, ha valore meramente ricognitivo della variazione ISTAT registrata nell’anno precedente, e non può incidere sul criterio normativo primario posto dall’art.27, co.4, in tema di decorrenza della prima rivalutazione. Come affermato da questa Corte nelle citate pronunce nn.9698/2010, e 16585/2023, trattandosi di atto regolamentare, esso ben può essere disapplicato ove contrario alla norma primaria, ovvero l’art.27, co.4 L. n.576/80.
Deve, per questa via, riaffermarsi il seguente principio di diritto: «In tema di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’entità dei redditi da assumere per il calcolo della media di riferimento ai fini delle pensioni di vecchiaia maturate dal 1° gennaio 1982, va rivaluta ta a partire dall’anno di entrata in vigore della legge n.576/80 ai sensi dell’art.27, co.4 della stessa legge, e quindi dal 1980, applicando l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1980, relativo alla svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980»
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 10 e 16 della l. n. 576 del 1980; violazione dell’art. 2033 cod. civ. Violazione del Regolamento per il recupero di anni resi inefficaci a causa di parziale versamento di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione. Violazione dell’art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011 il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.). Si critica, in particolare, il capo della sentenza della Corte d’appello che ha confermato il rigetto delle domande riconvenzionali proposte dalla RAGIONE_SOCIALE nella comparsa di costituzione e risposta innanzi il Tribunale di Milano e coltivate attraverso i motivi d’appello 3, 4 e 5. Con la domanda riconvenzionale la RAGIONE_SOCIALE sosteneva che l’accoglimento della domanda di rivalutazione dei redditi
professionali pensionabili comporta ipso iure anche l’insorgere di un maggiore contributo su tali redditi, proprio in ragione della loro intervenuta rivalutazione. Tale indebito contributivo determina che tutte le annualità dal 1981 in avanti sarebbero connotate da una contribuzione solo parziale e di conseguenza rideterminare la pensione sulla base dei redditi professionali corrispondenti alla contribuzione effettivamente versata senza considerare gli anni non coperti da completa contribuzione.
Il motivo è per un verso inammissibile e per altro verso infondato come già affermato per analoga controversia dalla citata Cass. 9/09/2025, n. 24925.
9.1. Il motivo è inammissibile laddove deduce la violazione del Regolamento della RAGIONE_SOCIALE adottato il 16.12.2005, e approvato nel 2006. Secondo costante orientamento di questa Corte, i Regolamenti adottati dalla RAGIONE_SOCIALE allo scopo di disciplinare il rapporto contributivo degli iscritti e le prestazioni previdenziali e assistenziali da corrispondere non si configurano come previsioni regolamentari in senso proprio, ma come fonti negoziali, nonostante la successiva approvazione con decreto ministeriale. Il sindacato di questa Corte è dunque limitato all’ipotesi in cui venga dedotta una violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 c.c. (Cass.8592/25, Cass.27541/20). Ora, il motivo non prospetta con la necessaria specificità la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt.1362 ss. c.c., assumendo nella sostanza il Regolamento come norma direttamente violata (art.360, co.1, n.3 c.p.c.).
9.2 – Il motivo è poi infondato laddove deduce che, anche senza l’applicazione del Regolamento, l’azzeramento dell’annualità di anzianità assicurativa per il caso di mancato
pagamento integrale della contribuzione sarebbe desumibile dall’art.2 L. n.576/80. Contro tale esegesi dell’art.2 L. n.576/80, come già ricordato, si è più volte pronunciata questa Corte (Cass.5672/12, Cass.7621/15, Cass.15643/18, Cass. 30421/19, Cass.694/21), affermando che la contribuzione solo parziale non può impedire di conteggiare per intero l’annualità ai fini dell’anzianità contributiva.
10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in via ulteriormente subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della l. n. 576 del 1980 e dell’art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011 per un differente profilo ed ai sensi dell’art. 360, pri mo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Si critica la sentenza perché avrebbe disatteso la conclusione secondo la quale, per gli anni per i quali risulti decorso il termine di prescrizione, per la maggiore contribuzione dovuta, debbano essere considerati, come reddito pensionabile, la sola parte di reddito sulla quale risultano integralmente corrisposti i relativi contributi atteso che il conteggio del trattamento pensionistico doveva essere fatto tenendo presente solo la contribuzione versata dal professionista, mentre la sentenza di prime cure, invece, aveva riconosciuto una rideterminazione in aumento del rateo pensionistico senza che fosse stato versato il corrispondente montante contributivo.
11. Il motivo è fondato, rileva il principio di diritto affermato da questa Corte nella pronuncia, già citata, Cass. 9/09/2025, n. 24925 che recita «in tema di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, i redditi da prendere a riferimento per il calcolo della pensione di vecchia ia, ai sensi dell’art.2 l. n.576/80, sono quelli coperti da contribuzione effettivamente versata, sicché, in caso di applicazione su tali redditi di un coefficiente di rivalutazione
ISTAT inferiore a quello dovuto, con corrispondente minor contribuzione versata ai sensi degli artt.10 e 18, co.4, la pensione di vecchiaia va calcolata prendendo a riferimento i redditi rivalutati secondo il minor coefficiente applicato, anziché secondo quello maggiore dovuto» e le argomentazioni ampiamente spese in proposito ai punti da 7 a 11 della stessa pronuncia Cass. 24925/2025 e dai conformi precedenti ivi citati, argomentazioni che si richiamano anche ai sensi dell’art. 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e che si abbiano per qui di seguito trascritte.
La sentenza va dunque cassata in accoglimento del terzo motivo, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, per gli accertamenti conseguenti all’applicazione del principio di diritto; vanno respinti il primo e il secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo motivo ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 24 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME