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Riammissione pubblico impiego: la PA non ha l’obbligo

Un ex dipendente pubblico, dopo le dimissioni volontarie, ha richiesto la riassunzione. L’amministrazione ha invece indetto un concorso pubblico. La Corte di Cassazione ha stabilito che la riammissione pubblico impiego non costituisce un diritto soggettivo per il lavoratore, ma rientra nel potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, che deve valutare l’interesse pubblico. L’unico obbligo per l’ente è quello di esaminare la domanda e fornire una risposta motivata.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Riammissione pubblico impiego: la PA non ha l’obbligo di riassumere l’ex dipendente

La questione della riammissione pubblico impiego dopo le dimissioni volontarie è un tema delicato che tocca le aspettative dei lavoratori e i poteri della Pubblica Amministrazione. Un ex dipendente ha un vero e proprio diritto a essere riassunto o la decisione finale spetta insindacabilmente all’ente? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo la natura del potere dell’amministrazione e i limiti dei diritti del lavoratore.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un ex funzionario di un’importante agenzia governativa che, dopo essersi dimesso volontariamente, aveva presentato istanza per la ricostituzione del suo rapporto di lavoro. L’amministrazione, tuttavia, non solo non ha accolto la sua richiesta, ma ha successivamente avviato una selezione pubblica per l’assunzione a tempo indeterminato di oltre 500 nuove unità con il medesimo profilo professionale.

L’ex dipendente ha quindi agito in giudizio, ottenendo una pronuncia favorevole in primo grado. Anche la Corte d’Appello, pur dichiarando la cessazione della materia del contendere a seguito della rinuncia del lavoratore all’assunzione, ha confermato l’orientamento del primo giudice basandosi sul principio della soccombenza virtuale, condannando l’ente al pagamento delle spese legali. L’amministrazione ha infine proposto ricorso per cassazione, sostenendo la correttezza del proprio operato.

La discrezionalità nella riammissione pubblico impiego

Il nodo centrale della controversia era stabilire se la normativa contrattuale collettiva conferisse al lavoratore un diritto soggettivo alla riammissione in servizio o se lasciasse all’amministrazione un margine di discrezionalità. La Corte di Cassazione ha analizzato la formulazione della norma contrattuale di riferimento (l’art. 32 del CCNL di comparto), la quale prevede che il dipendente “può richiedere” la ricostituzione del rapporto e che l’Agenzia “si pronuncia motivatamente”.

Secondo i giudici, tale linguaggio non configura un obbligo di riassunzione in capo all’ente, ma delinea un procedimento a iniziativa di parte che si conclude con una decisione discrezionale dell’amministrazione. La riammissione, infatti, non fa rivivere il precedente rapporto di lavoro, ma ne costituisce uno completamente nuovo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affermato che la Pubblica Amministrazione, quando agisce come datore di lavoro privato, deve comunque rispettare i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.), nonché le regole di correttezza e buona fede. Tuttavia, ciò non elimina il suo potere discrezionale nella gestione delle risorse umane, finalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico.

Nel caso specifico, la decisione dell’ente di indire una nuova e ampia selezione pubblica per coprire i posti vacanti è stata considerata una legittima manifestazione di tale potere. L’amministrazione ha scelto una via, quella concorsuale, per soddisfare il proprio fabbisogno di personale, implicitamente rigettando la richiesta di riammissione individuale.

Il diritto dell’ex dipendente, secondo la Corte, non era quello di ottenere la riassunzione, ma di vedere la propria istanza esaminata tempestivamente e di ricevere una risposta congruamente motivata. Egli avrebbe potuto, al più, lamentare un danno derivante dalla violazione di questi obblighi procedurali, ma non pretendere la costituzione del rapporto di lavoro. Poiché la sua azione legale era volta unicamente a ottenere la reintegrazione, e non il risarcimento per vizi procedurali, la sua pretesa è stata ritenuta infondata.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: la riammissione pubblico impiego non è un automatismo. La Pubblica Amministrazione conserva un ampio potere discrezionale nel decidere se e come coprire i posti vacanti, potendo legittimamente preferire una procedura concorsuale aperta a tutti rispetto alla riassunzione di un singolo ex dipendente. Per i lavoratori, ciò significa che la richiesta di rientro è una mera proposta contrattuale, il cui accoglimento è subordinato a una valutazione dell’ente basata sull’interesse pubblico. L’unico diritto esigibile è quello a un iter procedimentale corretto e a una decisione finale trasparente e motivata.

Un dipendente pubblico che si è dimesso volontariamente ha diritto a essere riassunto?
No. La sentenza chiarisce che il dipendente non ha un diritto soggettivo alla riammissione in servizio. La decisione spetta alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione, che valuta l’opportunità della riassunzione in base all’interesse pubblico.

Quali sono gli obblighi della Pubblica Amministrazione di fronte a una richiesta di riammissione?
L’amministrazione ha l’obbligo di esaminare la richiesta secondo i principi di correttezza e buona fede e di fornire una risposta motivata entro un termine ragionevole. Non è, tuttavia, obbligata ad accogliere la richiesta.

La Pubblica Amministrazione può preferire indire un nuovo concorso piuttosto che riammettere un ex dipendente?
Sì. La Corte ha stabilito che la scelta di coprire i posti vacanti attraverso una nuova selezione pubblica è una legittima espressione del potere discrezionale dell’amministrazione, finalizzato a reclutare il personale nel modo ritenuto più idoneo a servire l’interesse collettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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