Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10377 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10377 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9356/2023 R.G. proposto da :
COMUNE DI COGNOME IN CAMPANIA, in persona del sindaco pro tempore, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente- contro
CANTE NOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC DEL dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3590/2022 pubblicata il 28/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n.3590/2022 pubblicata il 28/10/2022, ha accolto il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con il Comune di Giugliano in Campania. In integrale riforma della sentenza appellata ha condannato il Comune al pagamento delle differenze retributive spettanti tra la retribuzione dovuta e quanto percepito dal 23/02/2015 al 19/04/2016.
La controversia ha per oggetto l’accertamento della tardiva riammissione in servizio della Cante avvenuta il 19/04/2016 a seguito di provvedimento di sospensione obbligatoria ex art.4 legge n.97/2001 del 23/02/2010 e la condanna al risarcimento del danno pari alla retribuzione di fatto percepita per il periodo di illegittima sospensione dal lavoro.
Il Tribunale rigettava le domande proposte dalla Cante.
La corte territoriale ha richiamato Cass. 17152/2008 e Cass. 4411/2021 ed ha ritenuto che alla scadenza del termine massimo di durata della sospensione obbligatoria dal servizio, pari a cinque anni ex art.5 del CCNL di comparto, sussistesse per il datore di lavoro l’obbligo di disporre la riammissione in servizio della Cante. 5. Per la cassazione della sentenza ricorre il Comune, con ricorso
affidato ad un unico motivo. La COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il Comune lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.4 legge 97/2001 e dell’art.5 del CCNL per il personale non dirigente delle regioni ed enti locali, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Il Comune sostiene che la corte territoriale ha errato nel ritenere sussistere un obbligo di provvedere alla riammissione in servizio della Conte, alla scadenza del termine massimo di durata della sospensione obbligatoria, nonostante la mancanza di una richiesta di riammissione in servizio da parte della dipendente sospesa. Deduce che la scadenza del termine massimo di durata produce come unico effetto la perdita di efficacia della sospensione dal servizio, ma non anche la riammissione in servizio; riammissione che postula una istanza da parte del dipendente.
La Corte intende dare continuità ai precedenti richiamati dalla corte territoriale, ed ai principi di diritto indicati, in particolare, da Cass. 22/02/2022 n. 5813 nei termini di seguito riportati: «l’ articolo 4 della legge nr. 97/2001 obbliga la pubblica amministrazione a disporre la sospensione del dipendente dal servizio in caso di condanna, anche non definitiva, per alcuno dei delitti previsti nel precedente art. 3, tra i quali vi è il delitto di peculato, per il quale l’odierna parte ricorrente veniva condannata dal Tribunale penale di Brescia. A tenore del medesimo articolo 4 la sospensione cautelare perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione, anche non definitiva, nella specie resa nel giudizio penale di appello. 10. All’esito della assoluzione, è a carico della amministrazione l’obbligo di assumere le determinazioni conseguenziali ovvero di disporre la riammissione in servizio del dipendente, con atto ricognitivo del venir meno della causa di sospensione (o, alternativamente, la sospensione facoltativa dal servizio, ove ne ricorrano i presupposti). 11. In mancanza di una disposizione di riammissione del dipendente in servizio, non può configurarsi a carico di quest’ultimo un addebito di assenza ingiustificata; la riattivazione della funzionalità del rapporto di lavoro presuppone, a tutela di una fondamentale esigenza di certezza giuridica, oltre che in applicazione dei principi di
imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, il previo formale invito a riprendere servizio, diretto dalla amministrazione datrice di lavoro al dipendente».
La disposizione che la parte ricorrente assume violata, ossia l’art. 5, comma 10, del CCNL personale non dirigente Regioni ed Enti locali, prevede che: «Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo, comunque, non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, la sospensione cautelare dal servizio, dipendente dal procedimento penale, è revocata ed il dipendente è riammesso in servizio, salvo casi in cui, per reati che comportano l’applicazione delle sanzioni previste ai commi 7 ed 8 dell’art.3 (codice disciplinare), l’ente ritenga che la permanenza in servizio del dipendente provochi un pregiudizio alla credibilità dello stesso a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivargli da parte dei cittadini e/o, comunque, per ragioni di opportunità e operatività dell’ente stesso. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Il procedimento disciplinare rimane, comunque, sospeso sino all’esito del procedimento penale».
L’inciso «decorso tale termine, la sospensione cautelare dal servizio, dipendente dal procedimento penale, è revocata ed il dipendente è riammesso in servizio», deve essere interpretato nel senso che una volta decorso il termine massimo di durata della sospensione obbligatoria si producono due effetti giuridici: a) la revoca della sospensione cautelare; b) la riammissione in servizio del dipendente.
Nella disposizione in esame la regola ─ ossia la riammissione in servizio del dipendente ─ tollera una sola eccezione, costituita dai casi nei quali sussistono i presupposti per la sospensione facoltativa dal servizio.
Nel presente caso la corte territoriale non ha ritenuto la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della sospensione facoltativa, e ha disposto la tardiva riammissione in servizio della Cante
Avuto riguardo al principio di diritto sopra richiamato, ed alle brevi considerazioni che precedono, deve pertanto ritenersi che la corte territoriale abbia fatto esatta applicazione delle norme di diritto e della contrattazione collettiva che il Comune ritiene violate.
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere rigettato. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro