Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4310 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4310 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3393-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Liquidatore pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. 3393/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 13/11/2024
CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 776/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 12/07/2019 R.G.N. 445/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RITENUTO CHE
La Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Ragusa con la quale, in parziale accoglimento delle opposizioni, riunite, proposte dall’attuale parte ricorrente avverso cartella di pagamento e intimazione di pagamento per contributi omessi in riferimento a lavoratori agricoli e somme aggiuntive e compensi di riscossione, relativamente al periodo dal secondo trimestre del 2001 al primo trimestre del 2005, era stata annullata la cartella relativamente agli importi ivi indicati a titolo di somme aggiuntive e compensi di riscossione, rideterminandole e rigettando nel resto l’opposizione .
La Corte di merito ha accertato che le retribuzioni corrisposte dalla società nei periodi interessati dall’accertamento ispettivo erano inferiori a quelle previste dal programma di riallineamento di cui all’art. 16 CPL 29 maggio 2000 e ha ritenuto inapplicabile, nella specie, la disposizione contenuta nella novella legislativa del 2016 e, in particolare, l’art. 10, stante la carenza di sottoscrizione degli accordi aziendali di recepimento;
ha ulteriormente rimarcato, la Corte territoriale, l ‘inapplicabilità, in mancanza di una deroga espressa e
– controricorrenti –
tenuto conto del carattere derogatorio alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, nonché della subordinazione dell’attribuzione dei benefici all’autorizzazione ed ai vincoli posti dalla Commissione europea con la decisione n. 236/A/2000 che ha ravvisato la necessità di limiti temporali alla normativa summenzionata, dovendo ritenersi sempre operante il limite temporale di cui all’art. 116 L.n.488/2000 e cioè il termine massimo per aderire al contratto di gradualità di riallineamento fissato al termine di un anno dalla data della decisione della commissione europea ,e quindi il 17 ottobre 2002 (pag. 11,12 sentenza impugnata).
Per la cassazione della sentenza ricorre la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con un motivo al quale resiste con controricorso l’ INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a.; RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RITENUTO CHE
Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 199 del 2016 di interpretazione autentica dell’art. 5 comma 1 del d.l. n. 510 del 1996 convertito in legge n. 608 del 1996 e si deduce che la pretesa dell’INPS sareb be infondata sia alla luce della citata normativa nazionale – che non richiede affatto che gli accordi aziendali di recepimento siano firmati da tutte le parti che hanno sottoscritto il contratto provinciale essendo sufficiente che le parti, pure non tutte, siano le stesse -sia alla luce della normativa sovranazionale.
Il ricorso è da accogliere in continuità con altri precedenti di questa Corte intervenuti sulla medesima questione (per tutti, Cass. n. 11211/2024 ed ivi ulteriori precedenti).
L’art. 5 del d.l. n. 510 del 1996 – decreto convertito con modificazioni in legge n. 608 del 1996 – ha introdotto una disciplina volta ad estendere i vantaggi derivanti dalla corretta applicazione dei C.C.N.L., a quei soggetti che, invece, non ne avevano fatto corretta applicazione.
Si è, cioè, prevista una articolata normativa attraverso la quale i datori di lavoro potevano uscire da una situazione di illegalità, in modo graduale, ed accedere ai benefici previsti dall’ordinamento, senza dovere immediatamente sostenere tutti gli oneri a questi connessi; in particolare, sono stati previsti contratti di cd. “riallineamento retributivo” la cui disciplina, nel tempo, è stata oggetto di ripetuti adattamenti e modifiche;
L’art. 5 cit. ha previsto che, nelle zone svantaggiate del territorio nazionale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, le imprese, mediante contratti provinciali di riallineamento, potessero progressivamente adeguare le retribuzioni corrisposte agli importi determinati dal C.C.N.L., e sanare profili di irregolarità pregressi.
A loro volta, i singoli datori di lavoro potevano aderire all’accordo provinciale di riallineamento, tramite la sottoscrizione di un verbale aziendale di recepimento “con le stesse parti” che avevano sottoscritto l’accordo provinciale, da depositarsi poi presso la sede provinciale dell’INPS.
Testualmente si riporta, nella parte di rilievo, l’art. 5 del D.L. n. 510 del 1996: “Al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e di consentire la regolarizzazione
retributiva e contributiva per le imprese operanti nei territori di cui alle zone (…) è sospesa la condizione di corresponsione dell’ammontare retributivo di cui all’art. 6, comma 9, lettere a), b) e c), del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389 (id est: minimale contributivo). Tale sospensione opera esclusivamente nei confronti di quelle imprese che abbiano recepito o recepiscano gli accordi provinciali di riallineamento retributivo stipulati dalle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (…). Per il riconoscimento di tale sospensione, l’impresa deve sottoscrivere apposito verbale aziendale di recepimento con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale”.
Successivamente, per quanto riguarda il settore agricolo che qui interessa, è intervenuto l’art. 10 della legge n. 199 del 2016 che ha così stabilito: “Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto – legge 1 ottobre 1996, n. 510 (…) gli accordi provinciali di riallineamento retributivo del settore agricolo possono demandare la definizione di tutto o parte del programma di graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori agli accordi aziendali di recepimento purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale (…)”.
Può dirsi che, limitatamente al settore agricolo, è stata introdotta una forma di flessibilità del programma di riallineamento, non individuato in modo rigido per tutte le imprese, ma rimesso alle esigenze della singola impresa,
a livello aziendale; ciò a condizione che l’accordo aziendale fosse sottoscritto “con le stesse parti” firmatarie dell’accordo a livello provinciale.
Il profilo in discussione riguarda, in via principale, l’interpretazione della espressione “purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale”.
Tuttavia, nelle more del presente giudizio è intervenuto l’art. 3 ter del D.L. n. 103 del 2021, conv. con modific. dalla Legge n. 125 del 2021, con disposizione del seguente tenore: ‘ 1. L’art.10 della legge 29 ottobre 2016, n. 199, si interpreta nel senso che, in relazione alla rappresentatività datoriale, il requisito della sottoscrizione con le stesse parti degli accordi aziendali di recepimento dei programmi di riallineamento si intende soddisfatto anche qualora tali accordi aziendali siano sottoscritti dalla sola associazione imprenditoriale cui è iscritta l’azienda interessata e firmataria dell’accordo provinciale di riallineamento. 2. La procedura di adesione ai programmi di riallineamento deve essere interpretata nel senso che gli accordi aziendali indicati al comma 1, comunque sottoscritti entro il termine del 17 ottobre 2001, nei quali le parti hanno convenuto di aderire al programma di riallineamento previsto dagli accordi provinciali con gradualità e per il periodo in essi previsto, possono stabilire inizialmente anche un periodo parziale di riallineamento retributivo e possono essere successivamente integrati, in tutto o in parte, per la prosecuzione del riallineamento retributivo, da accordi sottoscritti anche oltre la suddetta data, purché tali accordi siano sottoscritti in data comunque antecedente a
quella di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (…)”.
Alla luce dello ius superveniens, va senz’altro accolto il ricorso: l’art. 3 chiarisce il tenore della espressione controversa e, con interpretazione autentica conferma l’esegesi patrocinata dalla parte ricorrente.
L ‘art. 3, inoltre, riconosce alle parti negoziali la possibilità di “integrare” gli accordi aziendali di graduale adesione ai programmi di riallineamento retributivo, anche in epoca successiva al 17 ottobre 2001.
In relazione allo ius superveniens, la sentenza impugnata commette un doppio errore: – nell’interpretare l’art. 10 cit.: ai fini della legittimità degli accordi aziendali di recepimento dei programmi di riallineamento è sufficiente la sottoscrizione della sola associazione imprenditoriale cui è iscritta l’azienda interessata e firmataria dell’accordo provinciale di riallineamento; – nel fermare l’indagine, in relazione a due dei tre accordi in discussione, al mero dato temporale: occorre, invece, indagare il contenuto delle intese sopraggiunte e verificare se le stesse configurino o meno “integrazioni” per la prosecuzione del riallineamento retributivo disposto dal contratto aziendale concluso entro il 17 ottobre 2001.
La decisione che non si è conformata ai principi esposti nei paragrafi che seguono va cassata e, per essere necessario nuovo accertamento in fatto, la causa va rinviata alla stessa Corte di appello, in diversa composizione, che provvedere a nuovo esame di gravame e anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2024.