Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7484 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 7484 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 11039-2024 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dai quali è rappresentata e difesa;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 978/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 31/10/2023 R.G.N. 1428/2021;
Oggetto
Personale della scuola
Ricostruzione carriera
Riallineamento ex d.P.R. n. 399/1988
R.G.N. 11039/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Palermo, adita dal Ministero dell’Istruzione, ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME ed aveva riconosciuto il diritto della docente, sorto al compimento del 18º anno di anzianità di servizio, al riallineamento della carriera ex art. 4, comma 3, del d.P.R. n. 399 del 1988 e ad essere collocata nella fascia stipendiale 21/27 (anziché in quella 15/21) con decorrenza dal 1° settembre 2015, condannando il Ministero al pagamento delle differenze retributive maturate a partire da detta data.
La Corte territoriale ha riassunto il quadro normativo e contrattuale attraverso il richiamo alla motivazione della sentenza n. 31149 del 2019 di questa Corte e ha ritenuto non fondata la tesi del Ministero, secondo cui ai sensi dell’art. 72 del d.lgs. n. 29/1993 e, poi, dell’art. 69 del d.lgs. n. 165/2001, la disposizione invocata dalla originaria ricorrente avrebbe cessato di produrre i suoi effetti. Ha precisato che, al contrario, il meccanismo del cosiddetto riallineamento era stato espressamente richiamato dal C.C.N.L. 4 agosto 1995 e dalla contrattazione successiva.
Per la cassazione della sentenza il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, al quale ha opposto difese, con controricorso, NOME COGNOME
L’Ufficio della Procura Generale ha depositato memoria ed ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il Ministero denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 delle preleggi al codice civile e degli artt. 49 e 62 del d.lgs. n. 29 del 1993 nonché dell’art. 69 del d.lgs. n. 165/2001». Addebita al giudice del merito di avere valorizzato un obiter dictum contenuto nella pronuncia di questa Corte n. 31149/2019 quanto alla perdurante vigenza dell’art. 4 del d.P.R. n. 399 del 1988, senza considerare che l’art. 66 del CCNL del 1995 aveva solo temporaneamente prorogato l’efficacia della norma in commento. Il Ministero richiama il d.lgs. n. 29 del 1993, nella parte in cui prevede che «contestualmente alla sottoscrizione dei primi contratti collettivi formulati ai sensi del titolo III sono abrogate le disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico…» e aggiunge che analoga disposizione è stata dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001 che ha previsto la cessazione degli effetti degli accordi sindacali recepiti in d.P.R. in base alla legge n. 93 del 1983 nonché delle norme generali e speciali del pubblico impiego all’esito della sottoscrizione dei contratti collettivi validi per il quadriennio 1998/2001. Richiamando giurisprudenza di merito, insiste nel sostenere che il meccanismo del riallineamento è stato superato dalla successiva contrattazione collettiva e, pertanto, non poteva trovare applicazione nella fattispecie, nella quale si discute di immissione in ruolo avvenuta nell’anno scolastico 2004/2005.
Il ricorso è infondato.
La contrattualizzazione dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni e la previsione di un diverso sistema delle fonti basato sulla centralità della contrattazione collettiva e sull’estensione ai rapporti in precedenza di diritto pubblico delle leggi dettate per il rapporto di lavoro alle dipendenze di privati, se non espressamente derogate, ha reso necessaria nella fase della sua prima attuazione, una disciplina transitoria che assicurasse il passaggio dall’uno all’altro regime.
Il d.lgs. n. 29 del 1993, nel riservare alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo dei dipendenti pubblici, aveva previsto, all’art. 72, nel testo riformulato dall’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1993, la perdurante vigenza degli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica ex lege n. 93 del 1983 e delle norme speciali e generali del pubblico impiego vigenti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, ed aveva aggiunto che « Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi disciplinati dal presente decreto in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Le disposizioni vigenti cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, del secondo contratto collettivo previsto dal presente decreto ».
Il legislatore, dunque, ha previsto un meccanismo di delegificazione in relazione al quale questa Corte da tempo ha osservato (cfr. Cass. n. 14193/2005) che la disposizione transitoria rende evidenti le peculiarità del contratto collettivo del settore pubblico, autorizzato dalla legge a sostituire la disciplina legislativa già in vigore, rendendola inapplicabile ai rapporti contrattualizzati. L’effetto che si produce non è propriamente abrogativo, perché quelle disposizioni continuano ad essere vigenti ed efficaci per i rapporti sottratti
alla contrattualizzazione. Inoltre, a determinare lo stesso è la legge che il meccanismo di disapplicazione prevede, non il contratto, la cui stipulazione è assunta dalla previsione legislativa come fatto idoneo a determinare l’effetto indicato.
2.1. La disposizione transitoria è stata, poi, trasfusa nell’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 che, da un lato, l’ha riferita alle norme generali e speciali del pubblico impiego vigenti alla data del 13 gennaio 1993, dall’altro ha fatto specifico riferimento ai contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, rispetto ai quali l’effetto di disapplicazione è stato limitato «ai soggetti ed alle materie dagli stessi contemplati», ed a quelli del successivo quadriennio 1998/2001, a partire dai quali è stata sancita la definitiva perdita di effetti della previgente normativa ( Salvo che per le materie di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, gli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica in base alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all’articolo 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 19982001).
2.1. Nel decreto legislativo n. 165 del 2001 il legislatore, peraltro, ha inserito anche l’art. 71 che, oltre ad individuare al comma 1, attraverso il rinvio alle tabelle allegate allo stesso decreto, le disposizioni espressamente disapplicate dai contratti collettivi del quadriennio 1994/1997, al comma 3 ha
aggiunto che « La contrattazione relativa alla tornata contrattuale 1998-2001, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, provvederà alla disapplicazione espressa delle disposizioni generali o speciali del pubblico impiego, legislative o recepite in decreto del Presidente della Repubblica, che risulteranno incompatibili con la stipula dei contratti collettivi nazionali o dei contratti quadro. ».
2.2. L’apparente antinomia fra il comma 1 dell’art. 69, che ricollega alla sottoscrizione dei CCNL 1998/2001 la generalizzata perdita di efficacia delle disposizioni previgenti, ed il comma 3 dell’art. 71, che, invece, fa riferimento ad una disapplicazione espressa demandata alla contrattazione collettiva, si può risolvere rilevando che nell’art. 71 il legislatore non ha affermato la perdurante vigenza delle disposizioni non espressamente disapplicate, sicché la sollecitazione rivolta alle parti collettive ha l’unica finalità di rendere evidente e chiaro, attraverso l’individuazione e l’elencazione delle disposizioni divenute inapplicabili, l’effetto prodotto dal meccanismo disciplinato dall’art. 69. Orienta in tal senso anche la previsione, contenuta nella prima parte dello stesso comma 3 dell’art. 71, dell’aggiornamento degli elenchi allegati al decreto, aggiornamento mai avvenuto, rispetto al quale, evidentemente, si poneva come funzionale la richiesta rivolta alle parti collettive.
2.3. Peraltro, il meccanismo delineato dal legislatore nei termini sopra riassunti, nel prevedere la generalizzata disapplicazione delle norme previgenti quale effetto del passaggio alla contrattualizzazione, non ha impedito alle parti collettive di continuare ad affermare, anche nelle tornate contrattuali successive, la perdurante vigenza di disposizioni già in vigore al momento del passaggio dal regime pubblico a quello contrattualizzato.
Sebbene la dottrina abbia espresso dubbi su questa tecnica di contrattazione, non vi sono spazi per affermarne la nullità, giacché il rinvio a dette disposizioni non va letto come esercizio di un potere non consentito di sottrazione delle disposizioni medesime al meccanismo di disapplicazione previsto dal legislatore, bensì unicamente come volontà dei soggetti stipulanti di disciplinare l’istituto, rientrante nelle materie agli stessi delegate, nei medesimi termini che in precedenza erano stati previsti dal legislatore o dagli accordi recepiti in d.P.R., e di assicurare, dunque, una continuità fra la disciplina normativa e quella contrattuale.
3. Ciò detto in linea generale sull’interpretazione e sugli effetti dell’art. 69 del d.lgs. n. 165/2001, del quale il Ministero ricorrente denuncia la violazione, occorre ora valutare se, alla luce di quei principi, si possa dire ancora vigente l’art. 4, comma 3, del d.P.R. n. 399 del 1988 (secondo cui Al compimento del sedicesimo anno per i docenti laureati della scuola secondaria superiore, del diciottesimo anno per i coordinatori amministrativi, per i docenti della scuola materna ed elementare, della scuola media e per i docenti diplomati della scuola secondaria superiore, del ventesimo anno per il personale ausiliario e collaboratore, del ventiquattresimo anno per i docenti dei conservatori di musica e delle accademie, l’anzianità utile ai soli fini economici è interamente valida ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali. ) che la Corte territoriale ha posto a fondamento dell’accoglimento della domanda di riallineamento della carriera proposta dalla COGNOME la quale, al compimento del 18° anno di servizio, ha chiesto il riconoscimento, ai fini dell’attribuzione delle successive posizioni stipendiali, anche di quella anzianità che era stata abbattuta ex art. 485 d.lgs. n. 297/1994 al momento della ricostruzione della carriera.
3.1. La risposta da dare alla questione posta richiede, tenuto conto di quanto si è detto nel punto 2.3., l’esame della contrattazione collettiva succedutasi nel tempo, a partire dal CCNL 4 agosto 1995, per il quadriennio 1994/1997, che all’art. 66, comma 6, aveva previsto che: 6. Restano confermate, al fine del riconoscimento dei servizi di ruolo e non di ruolo eventualmente prestati anteriormente alla nomina in ruolo e alla conseguente stipulazione del contratto individuale di lavora tempo indeterminato, le norme di cui al D.L. 19 giugno 1970, n. 370, convertito, con modificazioni dalla legge 26 luglio 1970, n. 576, e successive modificazioni e integrazioni, nonché le relative disposizioni di applicazione, così come definite dall’art. 4 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399. , ed al successivo art. 82, intitolato disapplicazioni, aveva espressamente indicato fra le disposizioni disapplicate solo i commi 1 e 2 del citato art. 4, non il comma 3, che è quello che viene qui in rilievo (1. In attuazione di quanto stabilito dall’art. 72 del D. Lgs. n. 29 del 1993, comma I, a seguito della stipula del CCNL e degli accordi decentrati dallo stesso previsti, sono inapplicabili, nei confronti del personale del comparto, le disposizioni di legge ed i regolamenti che siano in contrasto con quelle definite nei contratti medesimi. In particolare non sono più applicabili le seguenti norme: ……con riferimento all’articolo 66 (Attribuzione del nuovo trattamento economico): art. 3, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 399 del 1988; art. 4, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 399 del 1988 ).
3.2. Di questa disapplicazione, limitata a commi espressamente indicati fra i quali non rientra il comma 3, ha preso atto il legislatore che, nell’allegato al d.lgs. n. 165/2001 richiamato dall’art. 71 ha incluso fra le disposizioni disapplicate, al punto VI, n. 1, lettera q), l’art. 4 del d.P.R. n. 399/1988 ma solo limitatamente ai commi 1, 2 e 12.
3.3. Successivamente:
l’art. 48 del CCNL 26 maggio 1999, intitolato norma di salvaguardia, ha espressamente previsto che Le norme legislative, amministrative o contrattuali non esplicitamente abrogate o disapplicate dal presente CCNL, restano in vigore in quanto compatibili.;
il CCNL 24 luglio 2003, all’art. 142, lett. f n. 8, ha espressamente richiamato, fra le norme speciali e generali del pubblico impiego che continuano a trovare applicazione nel comparto scuola l’art. 66, commi 6 e 7, del CCNL 4 agosto 1995 che, come già sopra evidenziato, richiama la disciplina della ricostruzione della carriera come definita dall’art. 4 del d.P.R. n. 399/1988;
analogamente si esprime l’art. 146 del CCNL 29 novembre 2007, intitolato normativa vigente e disapplicazioni, che ancora una volta richiama, alla lettera g n. 8, fra la normativa che continua a trovare applicazione nel comparto scuola l’art. 66, commi 6 e 7, del CCNL 4 agosto 1995;
infine anche i contratti collettivi stipulati una volta venuto meno il blocco della contrattazione, rispettivamente in date 19 aprile 2018 e 18 gennaio 2024, contengono entrambi, all’art. 1, una clausola che per le materie non espressamente disciplinate dispone la perdurante vigenza delle disposizioni contrattuali e delle specifiche norme di settore previgenti.
3.4. Il ricorso infondatamente fa leva sul solo meccanismo di disapplicazione previsto dall’art. 69 del d.lgs. n. 165/2001 e non considera in alcun modo le previsioni della contrattazione collettiva che è intervenuta legittimamente, attraverso le disposizioni sopra citate, a disciplinare il trattamento retributivo in relazione allo sviluppo della carriera e ciò ha fatto prevedendo, attraverso il rinvio alla
normativa previgente, il riallineamento conseguente alla maturazione di una data anzianità.
D’altro canto è significativo osservare che sul quel meccanismo di riallineamento, ritenuto pienamente vigente ed operante, lo Stato italiano ha fatto leva, in sede unionale, per avvalorare la tesi, non condivisa dalla Corte di Giustizia, del carattere non discriminatorio della normativa nazionale inerente alla ricostruzione della carriera (cfr. Corte di Giustizia 17 ottobre 2024 in causa c- 322/23).
Infine non si può non rilevare, sebbene le circolari non impegnino nell’interpretazione delle norme di legge e di contratto, che la tesi della disapplicazione sostenuta dal Ministero in sede giudiziale è stata smentita anche dalla Ragioneria Centrale dello Stato che, nel fornire indicazioni alle sedi periferiche, ha evidenziato, correttamente, che il riallineamento previsto dal più volte richiamato art. 4 e dalla contrattazione successiva (che allo stesso, direttamente o indirettamente, ha fatto riferimento) attiene al trattamento retributivo del personale della scuola e, in quanto tale, diversamente dalla ricostruzione della carriera, va riconosciuto anche d’ufficio alla maturazione delle richieste anzianità.
4. In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del Ministero ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, da distrarre in favore degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno reso la prescritta dichiarazione. Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal
materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali del 15% ed agli accessori di legge, con distrazione in favore degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della