Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2779 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
RelaNOME: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
REVOCAZIONE (ART. 391 BIS C.P.C.)
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relaNOME
Ad. 15/01/2025 C.C.
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliera
R.G. n. 10646/2023
ha pronunciato la seguente
Rep. _________________
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 10646 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
da
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentati e difesi dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrenti-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappre- sentato dal procuraNOME generale NOME COGNOME– COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) o NOME (C.F.:
tutti rappresentati e difesi dall’avvocat SLV CODICE_FISCALE)
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
-controricorrenti-
nonché
COGNOME NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-intimato- per la revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., dell ‘ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 33404/2022, pubblicata in data 11 novembre 2022;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 33404, pubblicata in data 11 novembre 2022, giudicando sul ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’ appello di L ‘A quila n. 1453/2019, depositata il 17 settembre 2019, ha dichiarato inammissibili i primi quattro motivi, accolto il quinto motivo, cassato la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ha dichiarate dovute le spese del giudizio di appello nella misura di € 7.000,00 in favore degli appellati.
NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedono la revocazione di tale ordinanza, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., sulla base di cinque motivi.
Resistono con distinti controricorsi NOME e NOME, nonché NOME COGNOME.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’ altro intimato NOME.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Si premette che, in sede di revocazione, non possono ritenersi ammissibili questioni relative alla legittimazione delle parti del giudizio all’esito del quale è stata emessa la decisione impugnata: non può, quindi, darsi seguito all’eccezione del controricorrente NOME COGNOME di « difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti NOME NOME e COGNOME NOME, nella loro dichiarata qualità di eredi di NOME NOME ».
La costituzione di NOME COGNOME, inoltre, deve ritenersi regolare, in quanto avvenuta con deposito di controricorso con
Ric. n. 10646/2023 – Sez. 3 – Ad. 15 gennaio 2025 – Ordinanza – Pagina 2 di 6
allegata valida procura speciale ai sensi dell’art. 365 c.p.c. , nel termine previsto dall’art. 370 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « art. 360 n. 4 cpc, nullità per omessa sottoscrizione RelaNOME ».
Il motivo è manifestamente infondato.
Come si ricava con immediatezza dalla chiara ed univoca lettera della norma processuale, ai fini della validità dei provvedimenti collegiali non è, in nessun caso, necessaria la sottoscrizione del relaNOME, né con riguardo alle sentenze, né con riguardo alle ordinanze; per le sentenze è necessaria, in realtà, quella dell’estensore (art. 132 c.p.c.); per le ordinanze collegiali è, invece, necessaria esclusivamente quella del presidente (art. 134 c.p.c.), nella specie sussistente.
Con il secondo motivo si denunzia « art. 395 n. 4), errore di fatto, svista motivi di Ricorso 2^, 3^ e 4^ ».
I ricorrenti deducono che la Corte di Cassazione non avrebbe correttamente sintetizzato il contenuto delle censure di omesso esame di fatti decisivi (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) da loro avanzate con i primi quattro motivi del ricorso per cassazione (esaminati congiuntamente, in quanto tutti diretti « a dimostrare che la Corte territoriale sia giunta alla conclusione che l’utilizzo dello strumento della denuncia querela da parte degli avvocati NOME avesse assunto carattere sostanzialmente difensivo e che non potesse escludersi la buona fede degli stessi » senza prendere in esame determinate circostanze assunte come decisive), non inquadrando correttamente alcune circostanze indicate nell’ambito dei suddetti motivi di ricorso e non avvedendosi di ulteriori circostanze e fatti.
Il motivo è inammissibile.
Va premesso, al riguardo, un integrale richiamo alla cospicua elaborazione della giurisprudenza di questa Corte in tema di revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e, per tutte, a Cass.,
Sez. U, Ordinanza n. 20013 del 19/07/2024, Rv. 671759 -01 (ove amplissimi ulteriori riferimenti).
È assorbente, in proposito, il rilievo che i ricorrenti neanche si curano di illustrare le ragioni per cui i pretesi errori di fatto denunciati (che, peraltro, sembrano comunque risolversi in una inammissibile critica alla ricostruzione operata dalla Corte dell ‘oggetto effettivo delle censure formulate nel ricorso, più che nel rilievo di veri e propri errori percettivi nella lettura dello stesso) avrebbero avuto una concreta e decisiva incidenza ai fini della statuizione a loro sfavorevole.
Con il terzo motivo si denunzia « art. 395 n. 4), errore di fatto, svista cap. 13, 19, 20, 22, 23, 25, 26, 27, 28, 29, sottesa ‘collusione retributiva’ e giudicato Cass. pen. 41749-14 ».
Il motivo è, in parte, inammissibile per le stesse ragioni esposte in relazione al precedente, in quanto non vengono adeguatamente illustrate le ragioni per cui i pretesi errori di fatto denunciati avrebbero effettivamente avuto una concreta incidenza sulla decisione sfavorevole ai ricorrenti.
Per il resto, esso si risolve in una critica alle valutazioni contenute nella sentenza impugnata in ordine alla insufficiente esposizione dei fatti processuali a sostegno del ricorso, dovuta anche alla mancanza di una corretta sintesi delle vicende di fatto e di quella processuale, critica che certamente non è consentita in sede di giudizio di revocazione.
Con il quarto motivo si denunzia « art. 395 n. 4), errore di fatto , ‘travisamento … informazioni probatorie’ ».
Anche questo motivo è inammissibile.
L’oggetto delle censure non è, infatti, la denuncia di un vero e proprio errore percettivo, ma una critica alla valutazione operata dalla Corte di Cassazione in relazione all’insussistenza del deAVV_NOTAIOo vizio di travisamento della prova, ciò che non è consentito in sede di revocazione.
D’altra parte, si tratta di una parte della motivazione della decisione oggetto di istanza di revocazione che risulta esposta solo ad abundantiam , nell’economia della decisione finale : ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso in esame anche per difetto di interesse.
Con il quinto motivo si denunzia « art. 395 n. 4), errore di fatto, svista data esposto 13.09.06 ».
Il motivo è inammissibile.
Anche tale motivo, come il precedente, ha in realtà ad oggetto una parte della motivazione della decisione oggetto di istanza di revocazione che risulta esposta solo ad abundantiam , con conseguente inammissibilità di esso per difetto di interesse.
Inoltre, la censura non coglie adeguatamente il senso effettivo delle affermazioni contestate, che hanno ad oggetto il rilievo di una comunicazione (pacificamente intervenuta anteriormente alla prima denuncia contro NOME) ritenuta rilevante ai fini del riscontro dell’acceso clima di conflittualità tra le parti; d’altra parte, anche in questo caso, non vengono adeguatamente chiarite le ragioni per cui l’eventuale improprietà delle espressioni utilizzate dalla corte d’appello avrebbe avuto una diretta e decisiva incidenza ai fini della decisione finale.
7. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, in favore dei controricorrenti, da intendersi come unica parte, avendo identica posizione processuale ed avendo comunque svolto le loro difese sui medesimi argomenti, con l’assistenza del medesimo difensore (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1650 del 19/01/2022, Rv. 663943 -01), con distrazione, in favore dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha reso la prescritta dichiarazione di anticipo ai sensi dell’art. 93 c.p.c., anch e in relazione alle somme spettanti ai controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole (in favore degli stessi, intesi come unica parte processuale) in complessivi € 8.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge, con distrazione, in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME anche delle somme spettanti ai controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P .R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-