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Revoca prestazioni assistenziali: quando restituire

Una cittadina ha contestato la richiesta di restituzione di oltre 27.000 euro di prestazioni assistenziali ricevute dopo una visita medica che ne aveva accertato la perdita dei requisiti. Il Tribunale ha respinto il ricorso, stabilendo che in caso di revoca prestazioni assistenziali, l’obbligo di restituzione scatta dalla data dell’accertamento medico negativo e non dal successivo atto formale. La conoscenza dell’esito negativo da parte del cittadino esclude il legittimo affidamento, rendendo le somme ricevute indebite e da restituire.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Revoca prestazioni assistenziali: quando scatta l’obbligo di restituzione?

La revoca prestazioni assistenziali è un tema delicato che tocca la vita di molti cittadini. Una recente sentenza del Tribunale di Roma ha chiarito un punto fondamentale: il momento esatto in cui nasce l’obbligo di restituire le somme percepite indebitamente. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è l’atto formale di revoca a contare, ma la data dell’accertamento medico che certifica la perdita dei requisiti sanitari. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per gli assistiti.

I fatti del caso

Una cittadina, titolare di una prestazione pensionistica per invalidità civile dal 2014, si è vista richiedere dal competente ente previdenziale la restituzione di una somma considerevole, pari a circa 27.685 euro. La richiesta era motivata dalla soppressione della prestazione a partire da giugno 2017.

La vicenda trae origine da una visita di revisione del maggio 2017, durante la quale il grado di invalidità della ricorrente era stato accertato in una misura inferiore alla soglia minima richiesta per beneficiare dell’assegno. Nonostante l’esito negativo della visita, l’ente aveva continuato a erogare le somme per diversi anni. La cittadina ha quindi fatto ricorso in tribunale, sostenendo l’inesistenza del debito e l’irripetibilità delle somme, basandosi sul principio del legittimo affidamento maturato nel lungo periodo di percezione.

La decisione del Tribunale sulla revoca prestazioni assistenziali

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso della cittadina, confermando la legittimità della richiesta di restituzione da parte dell’ente. La decisione si fonda su un orientamento consolidato della Corte di Cassazione, che stabilisce un principio chiaro in materia di revoca prestazioni assistenziali.

Il giudice ha stabilito che le somme erogate dopo la visita di revisione del 24 maggio 2017 erano indebite e dovevano essere restituite. Il fatto che la ricorrente avesse tempestivamente impugnato l’esito di quella visita dimostrava la sua piena consapevolezza della perdita dei requisiti, escludendo così la possibilità di invocare un legittimo affidamento sulla correttezza dei pagamenti successivi.

Le motivazioni

La motivazione della sentenza si articola attorno a un concetto giuridico cruciale: la fine dell’affidamento dell’assistito. Secondo la giurisprudenza costante, il diritto alla prestazione assistenziale viene meno non dal momento del provvedimento formale di revoca, ma dalla data della visita che accerta la mancanza del requisito sanitario.

Questo orientamento applica la regola generale dell’articolo 2033 del Codice Civile sull’indebito, specificando che l’obbligo di restituzione sorge nel momento in cui viene meno la condizione di legge per l’erogazione. In altre parole, dal giorno dell’accertamento medico negativo, il cittadino non ha più diritto alla prestazione.

Il Tribunale ha chiarito che il mancato rispetto, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di sospendere i pagamenti e di emanare un tempestivo provvedimento di revoca è irrilevante ai fini della ripetibilità delle somme. Questi sono considerati meri atti di gestione del rapporto. Poiché la cittadina era stata informata dell’esito negativo della visita e lo aveva persino contestato in giudizio, non poteva sussistere alcun legittimo affidamento sul carattere dovuto delle prestazioni che l’ente, per inerzia o altre ragioni, aveva continuato a versare.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio importante per tutti i percettori di prestazioni assistenziali. La data della visita di revisione con esito negativo è il momento spartiacque che determina la fine del diritto e l’inizio del debito per le somme eventualmente ancora percepite. Non è possibile fare affidamento sulla continuazione dei pagamenti da parte dell’ente se si è a conoscenza della perdita dei requisiti. Per i cittadini, è quindi fondamentale essere consapevoli che, una volta comunicato l’esito di un accertamento che certifica la mancanza delle condizioni sanitarie, qualsiasi somma ulteriormente ricevuta sarà soggetta a restituzione, indipendentemente dai tempi di reazione dell’amministrazione.

Da quale momento scatta l’obbligo di restituire le prestazioni assistenziali non dovute?
L’obbligo di restituzione scatta dalla data della visita di revisione che accerta la mancanza del requisito sanitario, e non dal successivo provvedimento formale di revoca.

Il cittadino può invocare il principio del legittimo affidamento se l’ente ha continuato a pagare dopo la visita di revisione negativa?
No. Se l’esito negativo della visita è stato comunicato all’interessato, non può sorgere alcun legittimo affidamento sulla correttezza dei pagamenti successivi, anche se l’ente continua a erogarli.

La mancata e tempestiva sospensione dei pagamenti da parte dell’ente previdenziale dopo l’accertamento negativo influisce sull’obbligo di restituzione?
No, secondo la sentenza è irrilevante. Il mancato rispetto delle norme che impongono all’amministrazione di sospendere i pagamenti e formalizzare la revoca non elimina l’obbligo del cittadino di restituire le somme indebitamente percepite dopo la data dell’accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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