Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21387 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21387 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29808-2021 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 103/2021 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 12/05/2021 R.G.N. 65/2018;
Oggetto
REVOCA INCARICO DIRIGENZIALE
R.G.N.29808/2021
COGNOME
Rep.
Ud.21/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Sassari rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo che aveva riconosciuto in favore della signora NOME COGNOME il pagamento della somma di euro 1.258,15 pari alla differenza tra la retribuzione di posizione relativa al mese di ottobre 2015 e quella dovuta per l’incarico di direttore del distretto di Sassari per l’importo di euro 3.943,26.
1.1 Il tribunale, partendo dal presupposto che il conferimento di incarico direttivo ha natura di determinazione negoziale con conseguente applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede, riteneva di non condividere quanto sostenuto dall’amministrazione opponente non risultando integrata alcuna ipotesi di risoluzione del contratto secondo la previsione del CRL vigente dei dirigenti Sardegna ed enti regionali. Inoltre, l’amministrazione opponente non avrebbe adottato alcun provvedimento di revoca/recesso, sicché il contratto di conferimento dell’incarico doveva ritenersi ancora in essere. Ad avviso del tribunale l’atto organizzativo, benché legittimo deve necessariamente essere accompagnato da un atto formale di revoca anticipata dell’incarico come affermato dalla Corte di cassazione (Cass. 2972/17), per cui, difettando quest’ultimo, la determinazione numero 507 del 31/08/2015 è illegittima, con conseguente riconoscimento della retribuzione di posizione relativamente al mese di ottobre 2015.
La Corte di appello di Sassari riformava la sentenza di prime cure, rilevando che con delibera numero 466 del 13/05/2015 il commissario per la gestione provvisoria di area aveva disposto di revocare gli atti di inquadramento contrattuale del personale dell’azienda in contrasto con la nuova disciplina;
conseguentemente la revoca della posizione organizzativa conseguita in forza di contratto individuale di lavoro per l’incarico di direttore del distretto non involge il rapporto contrattuale che vincola l’azienda appellante all’appellata, ma esclusivamente le funzioni conferite con detto contratto. Funzioni sempre revocabili anticipatamente rispetto alla scadenza naturale al ricorrere di due presupposti: i) mutamenti organizzativi e ii) specifico accertamento di fatti negativi con la precisazione che il dipendente resta inquadrato nella categoria di appartenenza e nelle funzioni del profilo di appartenenza con il relativo trattamento economico.
2.1. Invero, ad avviso della Corte distrettuale nella specie la revoca era giustificata dalla riorganizzazione amministrativa di area articolandosi in una sola direzione generale e 14 servizi, compreso quello del quale l’odierna ricorrente era dirigente, riorganizzazione che contrariamente a quanto dedotto dalla dipendente risulta regolarmente attuata, al punto che quest’ultima ha ricoperto altro e diverso incarico direttivo.
2.2. La Corte inoltre affermava la sussistenza dello specifico provvedimento formale di revoca dell’incarico di direttore di distretto derivante dalla citata determina numero 466 del 2015 con la quale il commissario per la gestione provvisoria di area aveva espressamente disposto la revoca degli atti di inquadramento contrattuale del personale dell’azienda in contrasto con la nuova disciplina. D’altra parte ad avviso della Corte distrettuale la revoca generalizzata di tutti gli incarichi di posizione, incompatibile con il nuovo modello organizzativo adottato, non è contraria ai principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, nella misura in cui sarebbe contrario sia alla logica giuridica che ad eventuali responsabilità di natura erariale corrispondere alla dirigente la medesima
somma che percepiva per lo svolgimento di incarico direttivo che non avrebbe potuto più espletare in conseguenza di una riforma organizzativa dell’amministrazione datrice di lavoro imposta per legge.
La signora NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione assistito da un solo motivo di ricorso contenente al suo interno più censure cui ha resistito con controricorso l’amministrazione.
Le parti hanno altresì depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’ unico motivo di ricorso si deduce la ‘Violazione e falsa applicazione del contratto individuale di lavoro per incarico di direttore di distretto sottoscritto in data 18.06.2013, violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., degli artt. 1175 e 1375 c.c., degli artt. 1324 e 1418 c.c., degli artt. 36 e 97 Cost., del contratto individuale di lavoro stipulato dalle parti in data 18.06.2013 (doc. 1/Cass. cit.), degli artt. 2 (comma 5), 16 (commi 3 e 4), 24 (lett. h, comma 1), 28 (commi 4, 5 e 8), 29 (comma 2), 34 (comma 2) della L.R. 13.11.1998 n. 31, degli artt. 6, 19, 20 della L.R. n. 12/2006; degli artt. 29, 30 e 31 del CCRL 2006/2009 ratione temporis vigente; della L.R. 04.02.2016 n. 2 di ‘Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna’ in relazione all’art. 16, commi 3 e 4 della L.R. n. 31/1998, nonché omesso esame circa un fatto storico decisivo per il giudizio risultante dagli atti di causa che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c.’.
1.1 La Corte di appello avrebbe errato, nella parte in cui ha affermato la sussistenza della revoca degli atti di inquadramento contrattuale del personale dell’azienda in contrasto con la nuova disciplina. Ed invero, l’odierna ricorrente
aveva dimostrato l’assenza di ogni provvedimento di revoca emesso nei suoi confronti e l’illegittimità della riduzione della retribuzione di posizione dovuta, in virtù del contratto sottoscritto tra le parti in data 18 giugno 2013, contratto ce risultava ancora valido ed efficace e che vincolava l’amministrazione a corrispondere il trattamento economico pattuito, non potendo il contratto stesso essere risolto fino all’approvazione della legge di riordino degli enti locali con la procedura prevista dal comma 4 della legge regionale 13/11/98 numero 31, tuttora vigente.
1.2 Inoltre, per la revoca degli incarichi dirigenziali è prevista una specifica procedura che nel caso di specie non sarebbe stata osservata.
1.3 La revoca generalizzata sarebbe altresì contraria ai principi di cui agli articoli 1175, 1375 c.c. i quali impongono che la revoca di un contratto ovvero della delibera di conferimento di incarico debbano essere adottati con un atto formale indirizzato allo specifico destinatario contenente le ragioni della revoca stessa. La revoca anticipata dell’incarico dirigenziale per ragioni organizzative, infatti, doveva essere adottata con un atto formale avente una motivazione esplicita; in particolare poiché nel contratto individuale di lavoro stipulato tra le parti non era regolata l’ipotesi della soppressione della figura dirigenziale. Il comma 2 dell’articolo 4 del contratto rinviando al CCRL, all’articolo 29 dispone che la cessazione del rapporto di lavoro può aver luogo esclusivamente al compimento del limite massimo di età per recesso del dirigente, per recesso delle amministrazioni regionali, per risoluzione consensuale.
Il motivo è inammissibile.
2.1 Va al riguardo premesso che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi
per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421; Cass. 24/02/2020, n. 4905). In particolare, è necessario che venga contestata specificamente, a pena di inammissibilità, la «ratio decidendi» posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).
2.2. Ciò premesso, le plurime censure proposte con l’unico motivo di ricorso sono tutte inammissibili non confrontandosi le stesse con la ratio decidendi della sentenza.
2.3 La Corte di appello ha accertato, con un giudizio insindacabile in tale sede, la sussistenza della revoca dell’incarico di direttore di distretto, rilevando al riguardo che la stessa fosse motivata e giustificata dalla riorganizzazione amministrativa dell’ente che aveva previsto la soppressione della figura stessa con la creazione di un unico direttore generale e di 14 dirigenti di servizio. Pertanto, la Corte di Appello ha sufficientemente motivato, precisando che non era stata adottata una revoca di incarico dirigenziale con applicazione della normativa richiesta dalla ricorrente, ma esclusivamente attribuzione di una diversa funzione dirigenziale in considerazione della nuova riorganizzazione amministrativa; proprio la riorganizzazione amministrativa, quale provvedimento di natura generale, non poteva che comportare una revoca generalizzata di tutte le funzioni dirigenziali pregresse in quanto in contrasto con la nuova disciplina.
2.4. La revoca anticipata dell’incarico dirigenziale per ragioni organizzative doveva essere adottata necessariamente in
considerazione dell’atto presupposto comportante la soppressione delle funzioni dirigenziali con assegnazione di un nuovo e diverso incarico quale dirigente di servizio; in buona sostanza, tramite le predette censure la ricorrente, non confrontandosi con la ratio decidendi della pronuncia impugnata, introduce surrettiziamente la richiesta di riesame da parte di questa Corte del merito già esaminato dalla Corte territoriale.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al rimborso in favore del controricorrente della somma parti ad € 2000,00 a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione