Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27152 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27152 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11795/2019 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
elettivamente domiciliato in Roma, via
INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 287/2018 de lla Corte d’Appello di Trieste, depositata il 24.1.2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.10.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’ attuale controricorrente, già dirigente veterinario presso l’RAGIONE_SOCIALE e direttore di Struttura Organizzativa Complessa (SOC), venne nominato direttore del Dipartimento di Prevenzione della stessa RAGIONE_SOCIALE, con incarico quadriennale iniziato il 16.11.2009 e poi rinnovato per un ulteriore quadriennio e, quindi, con scadenza prevista al 15.11.2017. Tuttavia, con legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 17 del 2014, venne disposto un accorpamento RAGIONE_SOCIALE aziende sanitarie sul territorio della regione e fu istituita, per quanto qui interessa, l’RAGIONE_SOCIALE Friulana – RAGIONE_SOCIALE»; sicché -con decreto del direttore generale n. 20 del 20.1.2015 -vennero soppressi i dipartimenti di prevenzione RAGIONE_SOCIALE due aziende accorpate e al AVV_NOTAIO. NOME COGNOME controricorrente vennero revocati l’incar ico di direttore di dipartimento e la relativa indennità a partire dal gennaio 2015.
Il veterinario si rivolse quindi al Tribunale di Gorizia, in funzione di giu dice del lavoro, per chiedere l’accertamento del proprio diritto a mantenere il trattamento economico del direttore di dipartimento fino alla naturale scadenza del l’incarico quadriennale e la conseguente condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE differenze retributive maturate dalla revoca dell’incarico e fino al pensionamento ( intervenuto il 2.10.2017).
Il Tribunale di Gorizia respinse la domanda, ritenendo che alla legittima revoca dell’incarico , dettata da evidenti esigenze organizzative derivanti dall’approvazione di una legge regionale , dovesse conseguire la cessazione del trattamento economico riservato ai direttori di dipartimento.
La sentenza di primo grado venne impugnata dal lavoratore e la Corte d’Appello di Trieste accolse il gravame, con dannando l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, a titolo di dif ferenze retributive, della somma capitale di € 21.767, 23, oltre agli accessori sull’importo capitale e all a quota di due terzi RAGIONE_SOCIALE spese legali.
Contro la sentenza della Corte d’ Appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il lavoratore si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia «violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 32, comma 9 , del decreto legge 78/2010 come convertito in legge con la legge n. 122/2010 e al l’art. 1, comma 18, del decreto legge n. 138/2011, come convertito in legge con la legge 148/2011».
La Corte territoriale ha ritenuto che l’art 9, comma 32, del d.l. n. 78 del 2010 -che consente alle pubbliche amministrazioni di attribuire al dirigente «un altro incarico, anche di valore economico inferiore» -trovi applicazione solo nel caso di mancato rinnovo di un incarico alla sua naturale scadenza e non anche nel caso di revoca anticipata, di cui qui si discute. Alla revoca anticipata rispetto alla data di scadenza dell’incarico il giudice d’appello ha ritenuto invece applicabile l’art. 1, comma 18, del d.l. n. 138 del 2011, secondo il quale il
dirigente revocato «conserva, sino alla predetta data, il trattamento economico in godimento».
La ricorrente ritiene, invece, che l’art. 9, comma 32, del d.l. n. 78 del 2010 debba trovare applicazione anche nei casi in cui la revoca anticipata dell’incarico dirigenziale sia disposta «in dipendenza dei processi di riorganizzazione». In secondo luogo, rileva che l’art. 1, comma 18, del d.l. n. 138 del 2011 attribuisce al dirigente il diritto di conservare il trattamento economico in godimento soltanto «a condizione che, ove necessario, sia prevista la compensazione finanziaria, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi».
2. Il ricorso è infondato.
2.1. Sull’interpretazione dell’art. 9, comma 32, del d.l. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2011, questa Corte si è già espressa pronunciandosi in una fattispecie sovrapponibile a quella qui in esame (Cass. n. 32386/2021).
Si è dunque osservato che « Il testo della norma è chiaro nel riferire la disciplina alla sola ipotesi di scadenza dell’incarico dirigenziale, senza alcun richiamo testuale alla revoca anticipata », evidenziandosi « la differenza rispetto alla lettera del previgente articolo 19 comma 1 ter , secondo periodo, D.Lgs nr. 165/2001 -(inserito dal D.Lgs. nr. 150/2009, articolo 40, comma 1, lettera b, e poi soppresso dal suddetto articolo 9, comma 32) -che aveva inteso invece disciplinare tanto la revoca per ragioni organizzative che la mancata conferma (nei seguenti termini: ‘L’amministrazione che, in dipendenza di
processi di riorganizzazione ovvero alla scadenza, in assenza di valutazione negativa …’) ».
L’analisi è andata oltre il pur chiaro dato testuale, osservandosi che « Storicamente la disposizione fa seguito alle pattuizioni di garanzia presenti nella RAGIONE_SOCIALE, che avevano previsto il diritto del dirigente a ricevere alla scadenza dell ‘ incarico, in mancanza di valutazione negativa, un incarico di pari valore economico ». Da ciò la considerazione che « La ratio dell’articolo 9, comma trentadue, del DL del 2010 è allora quella di rafforzare -in coerenza con la generale previsione di inapplicabilità dell’articolo 2103 cod.civ. al passaggio di incarichi RAGIONE_SOCIALE, ex articolo 19, comma uno, D.Lgs. nr. 165/2001 -la discrezionalità della amministrazione, liberandola da vincoli di garanzia economica e superando le diverse disposizioni della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ».
Il ricorso non contiene argomenti che inducano a rivedere tale orientamento. Sul piano della sintassi, l’espressione « anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione» è chiaramente una specificazione dell’unica ipotesi principale (« alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale»), al pari RAGIONE_SOCIALE ulteriori specificazioni «anche in assenza di una valutazione negativa» e « anche di valore economico inferiore». Né si può sostenere che l’espressione se non interpretata nel senso voluto della ricorrente, ovverosia di includere, implicitamente , anche la revoca anticipata rispetto alla scadenza -rimarrebbe del tutto priva di significato, perché la congiunzione «anche» serve a precisare che il mancato rinnovo dell’incarico non dà diritto alla conservazione del trattamento economico anche se non dipendente da processi di riorganizzazione. Vale cioè, sia pure
formula a contrario , a « sottolineare l’ampia discrezionalità dell’amministrazione (fermi le norme sull’affidamento dell’incarico dirigenziale ed i criteri generali di correttezza e buona fede) » nel negare il rinnovo dell’incarico (la parte virgolettata è tratta ancora una volta dalla motivazione di Cass. n. 32386/2021).
Né si può sostenere che l’interpretazione fatta propria dalla Corte d’Appello si porrebbe in netto contrasto con la finalità della norma di contenimento della spesa in materia di impiego pubblico, essendo tale finalità perseguita già con la previsione della discrezionalità amministrativa nel negare il rinnovo, escludendo la necessità di conferire comunque un altro incarico di valore economico equivalente -in contrasto con le preesistenti previsioni dei contratti collettivi -e al tempo stesso contemperando tale finalità con il rispetto dei diritti quesiti dal dirigente in punto durata del contratto. Tanto meno si può pensare di trarre spunto per una diversa conclusione da un parere della Corte dei Conti che -per come riportato nel ricorso per cassazione -stigmatizza il «mantenimento a vita» del trattamento economico, ipotesi ben diversa dal rispetto del termine originario dell’incarico .
2.2. Per quanto riguarda, poi, la censura sull’ applicazione dell’art. 1, comma 18, del d.l. n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011, è pur vero che tale disposizione pone una condizione al diritto del dirigente alla conservazione del trattamento economico in godimento, ovverosia che «sia prevista la compensazione finanziaria, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi». Ma è altrettanto vero che tale condizione è a sua volta limitata dalla clausola «ove necessario»
(«a condizione che, ove necessario, sia prevista la compensazione finanziaria, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi»).
Ebbene, non risulta che l’RAGIONE_SOCIALE abbia in alcun modo allegato, durante il giudizio di merito, la necessità di reperire una «compensazione finanziaria» nei fondi destinati alla retribuzione dei dirigenti. Anzi, la Corte d’Appello , dopo avere rilevato che «In fatto non vi sono punti di contrasto tra le parti», ha altresì osservato che, sia pure con un regolamento approvato solo nel mese di ottobre 2016, la stessa RAGIONE_SOCIALE stabilì la regola secondo cui in caso di revoca anticipata il dirigente conserva il diritto al trattamento economico anticipato. Dunque, a ben vedere, la difesa dell’attuale ricorrente nel giudizio di merito è stata tutta incentrata solo sulla tesi (infondata) dell’applicabilità dell’art. 9, comma 32, del d.l. n. 78 del 2010 anche all’ipotesi della revoca anticipata dell’incarico; e, del resto, coerentemente, nel presente giudizio di legittimità ha concluso chiedendo, non la cassazione della sentenza con rinvio, bensì la decisione nel merito della causa.
Rigettato il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che , stante l’esito del ricorso, sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese relative al presente
giudizio di legittimità, liquidate in € 4.000, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto che sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della