Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 835 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19950/2019 r.g., proposto da
COGNOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE Romagna , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 1080/2018 pubblicata in data 18/12/2018, n.r.g. 627/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/11/2023 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- COGNOME NOME era stato dipendente del Consorzio di Bonifica della provincia di Rimini dal 1986 e ne era divenuto direttore generale giusta delibera n. 22/2001, percependo fino al 2009 anche un compenso speciale annuo ai sensi dell’art. 30 ccnl di settore, in misura del 30% calcolato sul
OGGETTO:
consorzio di bonifica -direttore generale -incorporazione in nuovo consorzio -conseguenze sulle funzioni – compenso speciale -mantenimento anche al venir meno delle funzioni di direttore generale – condizioni
totale degli emolumenti liquidatigli (con la sola esclusione degli incentivi alla progettazione).
Esponeva che, per effetto della legge regionale n. 5/2009, il predetto consorzio si era fuso con quello della provincia di Forlì/Cesena e con quello della provincia di Ravenna ed aveva dato vita all’attuale Consorzio di Bonifica della Romagna.
Aggiungeva che la direzione generale del nuovo consorzio era stata affidata dapprima in via provvisoria all’ex dirigente generale del Consorzio di Bonifica della Romagna Centrale, poi, in via definitiva, all’ex direttore area tecnica divisione territoriale di Ravenna. Deduceva che invece a lui era stata assegnata solo la direzione del settore organizzativo, sistemi infrastrutturali e contratti, area rientrante nel più ampio ufficio amministrativo.
Lamentava la mancata conservazione della qualifica di direttore generale e/o l’omessa nomina nel ruolo apicale del neonato Consorzio, in violazione dell’art. 4 della legge regionale n. 5/2009, del piano di organizzazione variabile (P.O.V.) del 2010, dell’art. 2103 c.c. e degli artt. 4 e 9 ccnl dirigenti consortili.
Lamentava altresì una progressiva opera di delegittimazione, isolamento e svuotamento di mansioni, nonché l’illegittima revoca (con delibera n. 92/2011) del compenso integrativo speciale, in violazione del principio di irriducibilità della retribuzione.
Pertanto adìva il Tribunale di Forlì per ottenere in via principale la reintegrazione nelle funzioni di direttore generale e la condanna del consorzio al risarcimento del danno da dequalificazione professionale; in subordine l’accertamento dell’illegittimo demansionamento e il risarcimento del danno conseguente; in ogni caso la condanna del Consorzio al ripristino del trattamento economico del 30% della retribuzione annua.
2.- Il Tribunale rigettava tutte le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello rigettava il gravame (principale) del COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale -dopo aver precisato che nelle more del giudizio, a seguito del licenziamento per giusta causa intimato con lettera del
22/06/2015, il rapporto di lavoro del COGNOME si era risolto, sicché le pretese ammissibili erano soltanto quelle di contenuto patrimoniale -affermava:
è pacifico che a seguito della legge regionale n. 5/2009 il consorzio di Rimini sia confluito insieme ad altri due consorzi nel neonato Consorzio della Romagna, la cui organizzazione prevedeva un solo direttore generale;
pertanto non poteva essere garantito al COGNOME e agli altri due colleghi in analoga posizione presso gli altri consorzi fusi, la conservazione del ruolo ricoperto nel consorzio originario, poi accorpato, in quanto risultavano soppresse due figure di direttori generali;
dunque il COGNOME non può dolersi del mancato mantenimento della pregressa funzione, ma solo in ipotesi del metodo seguito dalla nuova amministrazione nel conferimento dell’incarico di direttore generale senza alcuna comparazione, precludendogli la possibilità di partecipare alla procedura di nomina, nonché della violazione dell’art. 2103 c.c. nell’adibizione alle nuove mansioni;
sotto il primo profilo le previsioni statutarie non impongono una valutazione vincolata a procedure di comparazione;
in ogni caso, pur volendo in ipotesi condividere le doglianze del COGNOME circa l’inosservanza dell’iter stabilito dal ccnl per la promozione, ispirato ad un giudizio di merito comparativo, nondimeno la domanda non può essere accolta per carenza di allegazione e di prova sia del nesso causale tra la perdita di occasione e l’inadempimento datoriale, sia del lamentato danno;
lo stesso appellante ammette che vi erano altri candidati ed in ogni caso la platea degli aspiranti era più ampia di quella prospettata, poiché il ccnl di settore permetteva di attribuire le funzioni di direttore generale anche a direttori di area;
inoltre il COGNOME fa leva sui criteri dell’anzianità di servizio e dei titoli posseduti, che tuttavia non sono idonei a sostenere il suo assunto, perché il primo è irrilevante ed il secondo è insufficiente, atteso che la comparazione sarebbe dovuta avvenire secondo i criteri indicati nell’allegato A del P.O.V., che richiamava quelli previsti dagli artt. 4 e
19 ccnl dirigenti consortili del 29/03/2006, ossia a) attitudine alle mansioni e la valutazione del lavoro svolto, b) l’assiduità nel servizio, c) l’eventuale entità di precedenti disciplinari, d) i titoli aggiuntivi, e) i corsi di formazione, con la previsione di appositi punteggi per ciascun criterio sulla base dei quali redigere poi la graduatoria;
quanto al dedotto demansionamento, l’equivalenza formale risulta rispettata, in quanto il P.O.V. indica un dirigente amministrativo a capo dei due ambiti organizzativi dell’area amministrativa (uno dei quali affidato al Buffoni);
l’equivalenza risulta rispettata anche sul piano sostanziale, tenuto conto del fatto che l’ente di provenienza costituiva una piccola parte della realtà venutasi a creare con il neonato Consorzio, sia in termini di superfice territoriale, sia di ambiti istituzionali, sia di personale diretto;
in tal senso è anche il parere del RAGIONE_SOCIALE (sindacato dei dirigenti dei consorzi) del 24/06/2013 sul P.O.V., secondo cui ‘ … tutte le figure dirigenziali in servizio abbiano ottenuto idoneo inserimento nella nuova e complessa organizzazione dei consorzi unificati nel rispetto della norma regionale che impone la salvaguardia delle professionalità esistenti … ‘;
peraltro, nella stessa richiesta di chiarimenti del COGNOME del 14/05/2012 egli dava atto del fatto che ‘ lo scioglimento del Consorzio di Bonifica di Rimini non ha comportato per il sottoscritto alcun cambiamento né in termini di tipologia ed entità delle mansioni richieste (che anzi sono sostanzialmente aumentate), né in termini di modalità … ‘;
nessuna prova è stata fornita in ordine all’isolamento e allo svuotamento di mansioni;
con riguardo alla revoca del compenso aggiuntivo speciale (riconosciuto al COGNOME con delibera n. 3/206 del Consorzio di Rimini, poi mantenuto provvisoriamente con delibera n. 10/2009 del Consorzio di Bonifica di Romagna e poi soppresso con delibera n. 92/2011), l’istituto è disciplinato dall’art. 30 ccnl dirigenti consortili del 29/03/2006, che prevede la facoltà dell’ente di erogare annualmente
al direttore di area un compenso speciale ‘ tenuto conto del grado di intensità dell’attività svolta ‘;
da questa formulazione letterale deve ritenersi che tale emolumento sia legato non alle qualità professionali intrinseche delle funzioni dirigenziali, ma alle modalità di espletamento (difficoltà(disagio) della funzione assegnata;
dunque, come insegna Cass. n. 11362/2008, in tal caso non trova applicazione il principio di irriducibilità della retribuzione, poiché si tratta di emolumento destinato a venire meno con il venir meno, nelle nuove mansioni, di quelle caratteristiche estrinseche delle precedenti, che avevano giustificato l’emolumento.
4.Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.- Il Consorzio di Bonifica della Romagna ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112 e 100 c.p.c., 18 L. n. 300/1970 e 81 ccnl dirigenti consorzi di bonifica del 29/03/2006 per avere la Corte territoriale ritenuto che, preso atto della risoluzione del rapporto di lavoro con licenziamento per giusta causa del 22/06/2015, le uniche pretese ammissibili fossero quelle di contenuto patrimoniale, con esclusione della domanda principale di condanna alla reintegra nell’incarico di direttore generale.
Al riguardo assume che trovano applicazione gli artt. 18 L. n. 300/1970 e 81 ccnl cit., sicché il suo rapporto di lavoro era assistito da tutela c.d. reale. Deduce di aver impugnato il licenziamento e di aver ottenuto dalla Corte di Cassazione l’annullamento della sentenza di reclamo (con cui era stata rigettata la sua impugnazione avverso la sentenza di rigetto del Tribunale), sicché il relativo giudizio era ancora pendente dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna quale giudice del rinvio.
Il motivo è inammissibile per due ragioni.
In primo luogo esso introduce una circostanza di fatto nuova -l’avvenuta
impugnazione del licenziamento -che il COGNOME aveva l’onere di dedurre tempestivamente nel giudizio di appello . Inoltre il medesimo aveva l’onere di denunziare a questa Corte l’omessa pronunzia dei giudici di appello su tale deduzione, previa puntuale specificazione -ai fini dell’autosufficienza del motivo -dell’atto e della fase processuale in cui quella deduzione era stata prospettata. Tali oneri -non adempiuti -erano senza dubbio esigibili, atteso che, per quanto è dato desumere dal contenuto del ricorso per cassazione, il licenziamento risaliva al 2015 ed il giudizio di reclamo era stato introdotto nel 2017 (n.r.g. 627/2017).
In mancanza di tali deduzioni nel giudizio di appello, alla Corte territoriale non è restato altro che prendere atto dell’intervenuto licenziamento, il quale, anche se annullabile, comunque produce l’effetto estintivo del rapporto di lavoro fino a che non intervenga un’eventuale pronunzia di annullamento giudiziale (fino ad allora non intervenuta). Pertanto la decisione dei giudici d’appello sulla riduzione dell’interesse ad agire del COGNOME alle sole domande di contenuto patrimoniale è conforme a diritto.
In secondo luogo il ricorrente, nel presente motivo, non si confronta con l’avvenuta esclusione del demansionamento da parte della Corte territoriale, Il motivo non coglie la ratio decidendi e rimane assorbito dal fatto che, essendo stato escluso un diritto al mantenimento della qualifica di direttore generale, non potrà essere reintegrato nella detta qualifica.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 29 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 28/07/1970 (in quanto richiamato dall’art. 81 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 29/03/2006), nonché ‘violazione falsa applicazione’ degli artt. 4 e 19 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 29/03/2006 e 2103 c.c. per avere la Corte territoriale escluso il suo diritto a mantenere la qualifica di direttore generale o, in alternativa, il suo diritto ad essere nominato direttore generale del nuovo ente in esito alla procedura per merito comparativo o, in subordine, il suo diritto ad essere quantomeno preso in considerazione per il conferimento del predetto incarico.
Il motivo è in gran parte infondato ed in parte inammissibile.
L’art. 29 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 28/07/1970 (richiamato dall’art. 81 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 29/03/2006), riportato
pure dal ricorrente (v. ricorso per cassazione, p. 19), non prevede affatto un ‘diritto a mantenere la qualifica di direttore generale’, bensì il ‘collocamento in disponibilità’ della durata massima di un anno, allo scadere del quale, in mancanza di altro posto di ruolo da ricoprire, ‘ ha luogo automaticamente la cessazione del rapporto ‘. Inoltre nel periodo di disponibilità al dirigente è riconosciuta solo la facoltà di concorrere alla copertura di altri posti di dirigente che si rendano nel frattempo vacanti, per i quali possieda i prescritti titoli, con un diritto di preferenza qualora sussista la condizione della ‘parità di merito’ con altri concorrenti.
Ne consegue che, non prevedendo tale clausola contrattual-collettiva un diritto a mantenere la qualifica di direttore generale, l’asserita sua violazione da parte della Corte territoriale è insussistente.
Per le medesime ragioni, neppure sussiste un ‘diritto’ del COGNOME prospettato in via alternativa -ad essere nominato direttore generale del nuovo Consorzio di Bonifica (risultato dall’accorpamento dei tre precedenti), ma solo un interesse qualificato alla partecipazione alla procedura di nomina. Peraltro, trattasi di una procedura che, come accertato dalla Corte di merito sulla base della disciplina applicabile, è connotata da molti profili valutativi, quindi di natura non vincolata bensì discrezionale. Infine, come rilevato nella sentenza impugnata sul punto non censurata dal ricorrente, quest’ultimo non ha allegato elementi da cui ricavare la certezza che, se fosse stato incluso fra i soggetti comparabili, sarebbe risultato vincitore. Quindi neppure sussiste l’asserito diritto ( rectius aspettativa o chance giuridicamente rilevante) prospettato in alternativa dal ricorrente, con conseguente insussistenza dell’asserita violazione della clausola collettiva da parte della Corte territoriale.
Con riguardo al diritto -prospettato in via subordinata -ad essere quantomeno preso in considerazione per il conferimento del predetto incarico, il motivo è inammissibile, perché non contiene alcuna censura all’affermazione della Corte di merito, secondo cui la domanda non sarebbe stata comunque accoglibile per carenza di allegazione e di prova sia del nesso causale tra la perdita di occasione e l’inadempimento datoriale, sia del lamentato danno (v. supra sub e)), nonché per carente allegazione degli elementi necessari ai fini della configurabilità di una chance meritevole di
tutela (v. supra sub f) e g)).
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione falsa applicazione’ degli artt. 4 L. reg. n. 5/2009 e 2103 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente sia l’equivalenza formale, sia quella sostanziale fra il precedente incarico di direttore generale del Consorzio di Rimini ed il nuovo incarico di direttore di area del Consorzio di Romagna.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha affermato che la categoria di inquadramento del COGNOME era rimasta quella di dirigente, sicché l’equivalenza sul piano formale poteva dirsi rispettata. Questo punto della motivazione non è stato censurato.
Con riguardo all’equivalenza sostanziale, i giudici d’appello hanno dato una specifica motivazione a giustificazione del loro convincimento (v. supra sub i), j) e k)), sicché la censura del COGNOME è inammissibile laddove tende a sollecitare a questa Corte un diverso apprezzamento di quelle risultanze istruttorie, attività interdetta in sede di legittimità.
Infine è inammissibile la parte finale del motivo, con cui il COGNOME lamenta che la corretta applicazione della normativa escludeva ‘ a priori la possibilità, da parte del neonato consorzio, di relegare il ricorrente nella diversa e minore mansioni di dirigente d’area, dovendo semmai procedere in base al disposto dell’art. 29 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 1970 di cui sopra si è detto ‘ (v. ricorso per cassazione, p. 24). Infatti, con tale censura il ricorrente introduce una domanda -quella di essere altrimenti collocato in disponibilità, con le tutele previste dall’art. 29 ccnl cit. che non risulta affatto proposta nel giudizio di merito.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4) ( rectius 3)), c.p.c. il ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 30 ccnl dirigenti dei consorzi di bonifica del 20/03/2006, nonché la violazione degli artt. 2103 c.c. e 36 Cost. per avere la Corte territoriale rigettato il motivo di appello avverso il capo della sentenza di primo grado, con cui il Tribunale aveva rigettato anche la domanda di accertamento dell’illegittima riduzione della retribuzione a causa dell’illegittima eliminazione del ‘compenso integrativo speciale’.
In particolare addebita ai giudici d’appello di aver sussunto la fattispecie nell’art. 30 ccnl cit., senza avvedersi che invece tale clausola collettiva non era applicabile, poiché, in virtù della delibera n. 3 del 26/01/2006 del Consorzio di Bonifica di Rimini, il predetto compenso aggiuntivo aveva assunto carattere di premio automatico, da pagare entro il mese di aprile di ogni anno, dunque a prescindere dalla valutazione annuale dell’ente invece prevista dall’art. 30 ccnl cit. Assume infatti di aver percepito il predetto compenso ogni anno senza alcuna valutazione del Consorzio.
Lamenta, inoltre, che la Corte territoriale abbia trascurato che la prova di tale automatismo si ricavava altresì dall’avvenuta erogazione del predetto premio anche da parte del neonato Consorzio di Bonifica della Romagna per gli anni 2009 e 2010, mentre la sua revoca era intervenuta soltanto con delibera n. 92/2011, laddove egli già dal 2009 aveva perduto la carica di direttore generale. Invoca sul punto un precedente di questa Corte (Cass. n. 3050/2006).
Il motivo è infondato.
Nel precedente invocato dal ricorrente effettivamente si afferma: ‘ … Ove, pur con la cessazione di questa attività e pertanto della ragione che giustificava l’erogazione dell’indennità, l’erogazione permane, il relativo importo, divenendo compenso corrisposto in modo continuativo ed in rapporto sinallagmatico con la (così ridotta) prestazione, diventa retribuzione indipendente dalle (cessate) estrinseche modalità della prestazione stessa. Assumendo questa connessione, il predetto compenso resta coinvolto nella parte irriducibile della retribuzione. A tal fine è tuttavia necessario che … a. la specifica attività (che, quale estrinseca modalità della prestazione, giustificava l’indennità) cessi; … b. continui l’erogazione dell’indennità connessa a questa attività; … c. l’erogazione continui per un tempo sufficiente ad integrare (nell’ovvia assenza della datorile contestazione dell’indebito) il pur tacito riconoscimento datorile d’un trattamento migliorativo. L’accertamento e la valutazione dei fatti materiali in quanto integranti i predetti presupposti è funzione del Giudice di merito ‘.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha accertato sia il riconoscimento di quell’emolumento con delibera n. 10/2009 del neocostituito Consorzio, sia il suo mantenimento per due anni (fino alla delibera di revoca del 2011) pur a
fronte dell’ormai caducata carica di direttore generale.
Da questi fatti, secondo il ricorrente, dovrebbe trarsi la conseguente inapplicabilità dell’art. 30 ccnl cit.
In senso contrario va evidenziato che la Corte territoriale ha anche accertato che nelle delibere invocate dal COGNOME (sia in quella del 2006, sia in quella del 2009), il preteso emolumento era stato sempre riconosciuto mediante espresso richiamo dell’art. 30 ccnl cit., ossia in dichiarata applicazione di tale clausola contrattual-collettiva. Ne consegue che -contrariamente all’assunto del ricorrente -è conforme a diritto il convincimento della Corte territoriale circa la riconducibilità della fattispecie all ‘ambito applicativo di questa clausola contrattual-collettiva. Pertanto esattamente i giudici di appello hanno escluso che quell’emolumento contrariamente all’assunto del ricorrente fosse stato reso un ‘premio’ automatico, configurandolo invece e pur sempre come un ‘compenso speciale’, assoggettato all’annuale valutazione dell’ente avente ad oggetto il ‘ grado di intensità dell’attività ‘ svolta, come espressamente previsto dall’art. 30 ccnl cit.
Tanto basta ad espungere il medesimo emolumento dall’ambito applicativo del principio di irriducibilità della retribuzione, che invece presuppone la sussistenza di un diritto ormai definitivamente acquisito al patrimonio del lavoratore.
Né assume rilievo in senso contrario il suo avvenuto riconoscimento con delibera del 2009, quando ormai la carica di direttore generale era cessata. Come accertato dalla Corte territoriale (v. sentenza impugnata, p. 14, terzo rigo), quel riconoscimento era stato dichiaratamente provvisorio, destinato solo a regolare la fase di transizione dai precedenti consorzi di bonifica (poi accorpati) al neocostituito e molto più grande consorzio romagnolo.
5.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in