Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27207 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha accertato il diritto di NOME COGNOME, direttore della RAGIONE_SOCIALE dal 2002, al compenso aggiuntivo a titolo di retribuzione di posizione variabile con decorrenza dal 1.12.2009, in ragione dell’accorpamento in tale data della U.T.I.C. del medesimo nosocomio alla RAGIONE_SOCIALE, e dell’affidamento al COGNOME della direzione dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con decorrenza dal 31.1.2013.
Il primo giudice ha determinato il suddetto trattamento in via equitativa con riferimento ai compensi corrisposti dalla RAGIONE_SOCIALE a dirigenti medici ritenuti in condizioni analoghe a quelle del COGNOME, e lo ha riconosciuto fino al 31.12.2014 in quanto, con regolamento approvato il 31.12.2015, per il periodo successivo era stata effettuata la graduazione delle funzioni ed era stata pertanto riconosciuta al COGNOME la retribuzione a lui spettante in base alla tipologia di incarico gestionale ricoperto dal gennaio 2015 fino al suo collocamento in quiescenza, avvenuto in data 31.8.2015.
La Corte d’Appello di L’RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento dell’appello principale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato la domanda proposta dal COGNOME ed ha respinto l’appello incidentale proposto dal medesimo.
La Corte territoriale ha escluso che a seguito dell’accorpamento delle due unità operative comprese nel P.O. di RAGIONE_SOCIALE nel 2009, cui era stato aggiunto anche il servizio di cardiologia di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, il
NOME avesse assommato per intero le competenze, le strutture, il personale ed i mezzi finanziari propri delle suddette unità di cardiologia e di RAGIONE_SOCIALE; ha inoltre evidenziato che il ricorrente non aveva allegato né provato che il suddetto accorpamento avesse comportato un aggravio di lavoro e di responsabilità.
Considerato che la macroarea alla quale era stato preposto il ricorrente non era composta da più strutture complesse, ma costituiva essa stessa una struttura complessa alla quale erano collegate le unità operative di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che tale unica struttura non potesse comportare, solo per l’effetto dell’accorpamento, un incremento della retribuzione di posizione variabile, dovendo essere verificato il ‘peso’ derivante dall’unificazione degli incarichi.
Il giudice di appello ha escluso la sussistenza del diritto del NOME alla percezione dell’emolumento in epoca anteriore al 2015; ha ritenuto che il ritardo nella graduazione potesse essere giustificato nel più vasto procedimento di unificazione delle ASL ed ha evidenziato che a fronte delle previsioni dei contratti collettivi di settore, che prevedono una soglia minima e massima della parte variabile della retribuzione applicabile nelle more della graduazione, il NOME non aveva fornito alcuna indicazione in ordine al compenso percepito a tale titolo fino al 2014 e a quello che gli era stato riconosciuto dal gennaio all’agosto 2015.
Ha altresì escluso che le posizioni dei dottori COGNOME ed COGNOME fossero equiparabili a quelle del COGNOME ed ha rilevato che le posizioni sovrapponibili a quelle del COGNOME (quella del suo omologo presso la S.O. di RAGIONE_SOCIALE e quella del Direttore della RAGIONE_SOCIALE di L’RAGIONE_SOCIALE) non erano state richiamate dal ricorrente ed ha rilevato che il risparmio di spesa ottenuto dalla ASL non era stato ottenuto con un aggravio di lavoro del COGNOME, ma con la razionalizzazione delle risorse disponibili, e non costituiva pertanto un indebito.
Per la cassazione di tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge nonché di contratto collettivo nazionale, ed in particolare dell’art. 15, comma 1, d. lgs. n. 502/1992 e del CCNL area dirigenza medicoveterinaria 1996, con riferimento all’art. 51, e CCNL area dirigenza medico-veterinaria 2000, con riferimento all’art. 40.
Sostiene che la mancata graduazione della nuova funzione dirigenziale affidata al NOME, correlata alla mancata riparametrazione della valenza economica della U.O.C. neo costituita, contrasta con tali disposizioni, né poteva trovare giustificazione nella mancata adozione dell’atto organizzativo aziendale, deputato alla suddetta graduazione ed alla determinazione della retribuzione di posizione variabile.
Lamenta che l’Azienda aveva omesso un atto dovuto, in quanto a fronte dell’attribuzione delle nuove competenze al NOME dal 1.12.2009, aveva adottato l’atto di graduazione delle posizioni solo nel 2015; deduce che il diritto del NOME all’incremento della retribuzione variabile discende direttamente dall’applicazione della legge e del CCNL.
Critica la sentenza impugnata per avere ritenuto che, a fronte della previsione di una soglia minima e massima della parte variabile della retribuzione, applicabili anche nelle more dell’atto aziendale di graduazione delle posizioni dirigenziali, il NOME non aveva fornito
alcuna indicazione per consentire al giudice di operare una quantificazione.
Aggiunge che a fronte della propria richiesta, prima in sede stragiudiziale, e successivamente stragiudiziale, di corresponsione della maggiorazione per gli ulteriori incarichi di responsabile U.T.I.C. di RAGIONE_SOCIALE e dell’Unità RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto in via subordinata che la condanna fosse contenuta nell’importo di € 251,51 mensili riconosciuto al COGNOME da gennaio ad agosto 2015 in forza dell’atto aziendale di pesatura delle posizioni, così ammettendo che fino al 2014 nulla gli aveva corrisposto a tale titolo.
Con il secondo mezzo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., in ordine al mancato riconoscimento dell’indebito arricchimento della ASL n. 1 in danno del lavoratore, a fronte dell’attribuzione al COGNOME della dirigenza di ulteriori U.O. e connesse funzioni, responsabilità e competenze.
Deduce che, a fronte dell’aumento del carico di lavoro e delle responsabilità, competenze ed oneri in capo al COGNOME, l’Azienda appellante ha certificato un risparmio di spesa pari ad € 120.000,00 annui, con relativo vantaggio patrimoniale; evidenzia inoltre che l’Azienda non ha corrisposto al COGNOME la somma di € 700,00 mensili, liquidata ad altro personale in analoga posizione.
3. Il primo motivo è inammissibile.
La Corte territoriale ha evidenziato che il NOME aveva chiesto la corresponsione della retribuzione di posizione variabile prevista per il Direttore di Dipartimento a fronte dell’aggravio di lavoro e responsabilità determinato dall’accorpamento di due Unità Operative Complesse e della corresponsione del compenso aggiuntivo di € 700,00 lordi per tredici mensilità ai dirigenti medici che si trovavano nelle sue stesse condizioni.
A fronte di tali domande, è dirimente l’accertamento in fatto del giudice di appello, il quale ha escluso che il COGNOME abbia su di sé assommato per intero le competenze, le strutture, il personale ed i mezzi finanziari propri delle due RAGIONE_SOCIALE e di URAGIONE_SOCIALE e che l’ accorpamento di unità operative avesse comportato aggravio di lavoro e responsabilità, essendosi tale accorpamento risolto in una razionalizzazione di una unità operativa a beneficio dell’altra .
Ha in particolare rilevato che l’assistenza RAGIONE_SOCIALE era stata ristrutturata nell’ambito dello stesso nosocomio (e di quello che ad esso faceva capo per la cardiologia, cioè quello di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) in un’unica U.O.C.
La Corte territoriale ha altresì accertato che, diversamente da quanto sostenuto dal COGNOME, i Dottori COGNOME ed COGNOME non si trovavano in condizioni analoghe alla sua, in quanto il compenso aggiuntivo aveva riguardato la direzione di U.O.C. che erano rimaste distinte, mentre il ricorrente non aveva richiamato le posizioni effettivamente assimilabili alla sua (quella del suo omologo presso la S.O. di RAGIONE_SOCIALE e quella del direttore della RAGIONE_SOCIALE di L’RAGIONE_SOCIALE).
Trova dunque applicazione il principio secondo cui, qualora la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. n. 17182/2020; Cass. n. 10815/2019; Cass. n. 7499/2019; Cass. n. 15399/2018; Cass. n. 9752/2017; Cass. n. 2108/2012 e Cass. n. 22753/2011).
La sentenza impugnata è peraltro conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui in tema di dirigenza medica, la retribuzione di posizione variabile non contrattuale non può essere corrisposta ai
dirigenti in assenza di provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi; pertanto, ove la P.A. effettui illegittimamente il relativo pagamento in favore di alcuni di tali dirigenti, gli altri, che da tale pagamento siano stati esclusi, non possono dolersi dell’avvenuta disparità di trattamento, dovendo, piuttosto, il datore di lavoro recuperare quanto indebitamente versato a coloro che non ne avevano diritto (Cass. n. 3513 del 07/02/2024).
Il secondo motivo è infondato.
La censura presenta profili di inammissibilità, in quanto fa leva sul prospettato aumento di attività, di responsabilità, oneri e competenze in capo al COGNOME, e dunque su un accertamento in fatto di segno contrario rispetto a quello operato dalla Corte territoriale.
Ciò premesso, questa Corte ha chiarito che l’azione generale di arricchimento di cui all’art. 2041 cod. civ. presuppone che l’arricchimento di un soggetto e la diminuzione patrimoniale a carico di altro soggetto siano provocati da un unico fatto costitutivo e siano entrambi mancanti di causa giustificatrice, potendo il medesimo arricchimento consistere anche in un risparmio di spesa, purché si tratti di un risparmio ingiustificato, nel senso che la spesa risparmiata dall’arricchito debba essere da altri sostenuta senza ragione giuridica (Cass. n. 16305/2018; Cass. n. 20226/2013).
La sentenza impugnata è dunque conforme a tali principi, in quanto ha escluso la sussistenza di un indebito, a fronte dell’indimostrato aggravio di lavoro e della razionalizzazione delle risorse.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro