Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33724 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33724 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9208-2024 proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
DCOGNOMENOME COGNOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 831/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/02/2024 R.G.N. 2794/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 9208/2024
Cron. Rep. Ud. 08/11/2024 CC
RITENUTO CHE:
1. l ‘intimata in epigrafe, dirigente medico di primo livello della Azienda sanitaria locale (RAGIONE_SOCIALE Caserta, conveniva in giudizio quest’ultima dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, impugnando la nota della A.RAGIONE_SOCIALE Caserta, del 5 novembre 2012, recante modifica del trattamento economico variabile aziendale per riduzione dei fondi contrattuali; con tale provvedimento la A.S.RAGIONE_SOCIALE. convenuta aveva disposto, quanto al trattamento economico, la diminuzione del 30% della remunerazione variabile aziendale, procedendo al recupero dell’importo indicato attraverso la tratte nuta in busta paga;
deduceva che il comportamento aziendale risultava arbitrario, atteso che, per la determinazione dei fondi aziendali per gli anni 2011, 2012, 2013, erano stati adottati criteri di calcolo errati, in particolare vi era stata la violazione dell’articolo 9, com ma 2-bis del d.l. n. 78 del 2010 che consentiva la decurtazione del trattamento accessorio e non già di quello fondamentale;
s osteneva che tanto aveva portato all’illegittimità della riduzione della retribuzione dei dirigenti;
l amentava altresì l’erronea applicazione della l. n. 122 del 2010, della Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 12 del 2011 e di quanto stabilito nella Conferenza delle Regioni, che aveva comportato l’applicazione di criteri di calcolo non conformi alla legge ed alla normativa contrattuale ed in assenza della preventiva revisione della graduazione delle funzioni;
c onclusivamente, evidenziava, vi era stata l’errata applicazione degli interventi per ottenere i risparmi di spesa;
chiedeva, quindi, che fosse dichiarata illegittima la decurtazione effettuata dall’RAGIONE_SOCIALE Caserta e, conseguentemente, fosse pronunciata sentenza di condanna alla restituzione delle somme indebitamente sottratte per le suddette causali, come indicate nel ricorso ex art. 414 c.p.c.;
il giudice di primo grado, con la sentenza n. 1207 del 2022, respingeva il ricorso condividendo il ragionamento difensivo dell’ASL
ed evidenziando che alla base della decurtazione vi era l’esigenza di contenimento della spesa attraverso il blocco sia delle risorse stabili che di quelle variabili;
l a Corte d’Appello di Napoli, dinanzi alla quale interponeva impugnazione la lavoratrice, in riforma della decisione di prime cure, condannava l’ARAGIONE_SOCIALE di Caserta alla restituzione in favore del medico delle somme specificamente indicate in dispositivo;
nello specifico, la motivazione della sentenza di appello richiamava l’art. 9, comma 2 -bis, del d.l. n. 78 del 2010, conv., con mod., dalla legge n. 122 del 2010, che ha stabilito che l’ammontare complessivo delle risorse annualmente destinate al trattamento accessorio del personale non poteva superare il corrispondente importo dell’anno 2010 e che lo stesso era comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio; la ratio della norma, che riguardava le risorse per il trattamento accessorio e non quello fondamentale -evidenziava il giudice del gravame andava rinvenuta nell’esigenza di fissare un tetto alle risorse destinate al trattamento economico accessorio e non a quello fondamentale, laddove la A.SRAGIONE_SOCIALE, invece, aveva operato una riduzione forfettaria identica per tutti i lavoratori, con la conseguenza che il criterio utilizzato dall’Azienda era illegittimo e non consentiva alla stessa di operare le trattenute che dovevano essere rimborsate;
l a Corte d’Appello affermava, quindi, la legittimità del criterio indicato con il decreto 760 del 2013 recante ‘Determinazione dei fondi contrattuali dell’Area negoziale della dirigenza medica e veterinaria per l’anno 2013’, che, in ragione delle linee di indirizzo adottate con decreto Commissariale n. 23 del 2013 evidenziava che il Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e il fondo per il finanziamento della retribuzione di risultato dovessero ridotti considerando la quota calcolata con riferimento ai dati dell’anno precedente e dividendo l’ammontare di ogni singolo fondo per il numero di dipendenti che finanzia;
i n sostanza, concludeva la Corte territoriale, ‘se il criterio utilizzato dall’azienda è certamente illegittimo e non consentiva all’Asl
di operare le disposte trattenute, che, in quanto illegittime devono essere rimborsate, ciò non significa, tuttavia, che nessun intervento potesse essere operato sulla parte variabile della retribuzione di posizione dei ricorrenti, da compiersi nondimeno secondo il corretto criterio adottato dallo stesso datore di lavoro con riferimento alla annualità del 2013′ ;
p er la cassazione della sentenza di appello ricorre l’RAGIONE_SOCIALE Caserta, prospettando un solo motivo di ricorso, cui si oppone con controricorso la lavoratrice.
CONSIDERATO CHE:
nel suo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. -nullità della sentenza per violazione e/o fals a applicazione dell’art. 9 comma 2 bis del d.l. 78/2010 conv. in legge 122/2010 in relazione all’art. 4 del c.c.n.l. 8.6.2000 e agli art. 1362 e 1363 c.c. ;
c ensura la sentenza della Corte d’ Appello nella parte in cui ha ritenuto illegittima la decurtazione operata, affermando di aver proceduto in linea con le disposizioni dettate sia dall’art. 9 comma 2 bis del d.l. 78/2010, sia dal commissario ad acta con il decreto 63/2010 per la razionalizzazione ed il contenimento della spesa per il personale;
a ssume che la Corte d’ Appello non ha tenuto conto delle necessità di risanamento del Servizio sanitario nazionale della Regione Campania e delle norme del contratto collettivo che regolano la retribuzione di posizione;
con il provvedimento di nomina del Commissario ad acta venivano stabilite misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa per il personale. Ricorda la giurisprudenza amministrativa che è intervenuta sulle funzioni e sui poteri del Commissario ad acta , nonché la giurisprudenza costituzionale che ha affermato che le funzioni amministrative del Commissario ad acta , incaricato dell’attuazione del piano di rientro per il disavanzo sanitario, previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, devono
essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali. Pertanto, la singola A.RAGIONE_SOCIALE. non poteva sottrarsi ai poteri del Commissario ad acta, ed era obbligata a seguire quanto da questi disposto in virtù dei poteri conferitigli; la ricorrente rammenta, quindi, il decreto n. 63 del 2010, con il quale il Commissario ad acta approvava le Linee regionali di indirizzo per la determinazione dei fondi contrattuali per le aziende sanitarie della Campania, al fine di pervenire a procedure omogenee tra le medesime; in particolare, per il fondo che finanzia la retribuzione di posizione unificata e variabile aziendale, l’indennità di specifica medica, indennità di direzione di struttura complessa e l’eventuale specifico trattamento, si devono considerare le singole voci su base annuale, comprensiva di tredicesima mensilità del singolo dirigente cessato; a dette Linee di indirizzo si è adeguata essa RAGIONE_SOCIALE, come pacifico e non contestato dai lavoratori;
il motivo è fondato per quanto di ragione, come di seguito esposto, in armonia con quanto già deciso da questa Corte in altri arresti (Cass. Sez. Lav. n. 32557/2023 e altri precedenti di segno conforme tra cui, da ultimo, cfr. Cass. 7/8/24 n. 22329), alle cui motivazioni questo Collegio integralmente si riporta;
il motivo pone, nella sostanza, le seguenti questioni: oggetto e legittimità della cristallizzazione e della riduzione dell’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio previste dall’ art. 9, comma 2 -bis, del d.l. n. 78 del 2010, con. mod. dalla legge n. 122 del 2010; modalità attuativa della prevista riduzione delle risorse in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio; ricaduta della cristallizzazione/riduzione delle risorse sui trattamenti economici accessori individuali;
o ccorre premettere che l’art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede che il trattamento economico fondamentale e accessorio dei lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è definito dai contratti collettivi, i quali (comma 3) stabiliscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori collegati: a) alla performance
individuale; b) alla performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo complesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’amministrazione; c) all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiat e ovvero pericolose o dannose per la salute;
p er l’erogazione della retribuzione accessoria – in cui si inscrivono la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato dei dirigenti medici – al fine di premiare il merito e la performance dei dipendenti, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, sono destinate apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro (si v., Corte cost. n. 190 del 2022); v engono in rilievo: il ‘Fondo per l’indennità di specificità medica, retribuzione di posizione, equiparazione, specifico trattamento e indennità di direzione di struttura complessa’ (art. 9 CCNL economico Area dirigenza medica veterinaria 2008/2009, richiamato nella sentenza di appello); il Fondo ‘Fondi per il trattamento accessorio legat o alle condizioni di lavoro’ (art. 10, CCNL cit.); il ‘Fondo per la retribuzione di risultato e per la qualità della prestazione individuale’ (art. 11, CCNL cit.) ;
l ‘art. 40, comma 3 -bis, secondo periodo, come modificato dal d.lgs. n. 75 del 2017, ha rafforzato il rapporto tra performance e buon andamento dell’Amministrazione, già introdotto, nei sensi sopra richiamati, dalla riforma dettata dal d.lgs. n. 150 del 2009, prevedendo che ‘La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l’impegno e la qualità della performance, destinandovi, per l’ottimale perseguimento degli obiettivi or ganizzativi ed individuali, una quota prevalente delle risorse finalizzate ai trattamenti economici accessori comunque denominati ai sensi dell’articolo 45, comma 3. La predetta quota è collegata alle risorse variabili determinate per l’anno di riferimento’ ;
l ‘art. 51 del CCNL 5 dicembre 1996 Area dirigenza medica e veterinaria, richiamato nella sentenza di appello, dispone che le aziende od enti, in relazione alle articolazioni aziendali individuate dal
d.lgs. n. 502 del 1992, dalle leggi regionali di organizzazione e dagli eventuali atti di indirizzo e coordinamento del Ministero della Sanità, determinano la graduazione delle funzioni dirigenziali cui è correlato il trattamento economico di posizione;
la retribuzione di posizione è, quindi, una componente del trattamento economico accessorio dei dirigenti di I e II livello dell’Area medico – veterinaria che, in relazione alla graduazione delle funzioni prevista dal comma 3 del medesimo art. 51, è collega ta all’incarico agli stessi conferito dall’Azienda ; essa è composta di una parte fissa e di una parte variabile, la cui somma complessiva corrisponde al valore economico degli incarichi attribuiti in base alla graduazione delle funzioni; la corresponsione della parte variabile della retribuzione di posizione richiede la ‘pesatura’ delle singole attività dirigenziali, da cui deriva la determinazione della quota di pertinenza del singolo medico, che, altrimenti, deve essere corrisposta, nella sola quota mini ma ed ‘invariabile’ prevista dalla contrattazione collettiva (cfr., ex aliis, Cass., n. 10613 del 2023 e giurisprudenza ivi richiamata);
la retribuzione di risultato, in quanto connessa al raggiungimento di obiettivi, ha una giustificazione autonoma rispetto alla retribuzione di posizione;
in relazione al rapporto tra le risorse destinate alla retribuzione di posizione e alla retribuzione di risultato, si può ricordare come questa Corte (Cass., n. 9040 del 2023, cui adde, ex aliis, Cass. 29855 del 2023) ha affermato (in fattispecie relativa alle conseguenze risarcitorie della mancata graduazione delle funzioni -la pronuncia citata ha affermato infatti che la mancata attivazione e completamento del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi, legittima il dirigente medico interessato a chiedere, non l’adempimento di tale obbligazione, ma solo il risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione – Cass., n. 29716 del 2023) che se la retribuzione di posizione per qualche ragione non sia in tutto o in parte
erogata e se da ciò derivi la disponibilità di importi sul corrispondente fondo, essi vengono imputati alla retribuzione di risultato del medesimo anno, che può subire in tal modo un incremento; in tal modo, lo stesso identico evento che è ragione di inadempimento (omessa graduazione e corresponsione dell’indennità di posizione parte variabile) è ragione del beneficio consistente nell’incremento della retribuzione di risultato; dunque, qualora il dirigente medico in ragione di ciò, abbia ottenuto una maggiore retribuzione di risultato, si determina una tipica ipotesi di compensatio lucri cum damno , rispetto alla mancata erogazione della retribuzione di posizione parte variabile, la quale certamente ricorre quando il “vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, quali suoi effetti contrapposti;
8. tanto premesso, si osserva che poiché la misura economica della retribuzione trova (necessario) fondamento nella contrattazione collettiva, si stabilizza in capo al dipendente il diritto alla percezione della stessa come prevista da quest’ultima, atteso che l’Amministrazione datrice di lavoro, nei limiti delle risorse disponibili stabilite dal legislatore che operano anche per la contrattazione, non ha alcun potere di disposizione sull’applicazione del contratto collettivo del Comparto di appartenenza (si v., Cass., n. 6090 del 2021);
consegue a ciò che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento consolidato, per il principio di pari trattamento, di cui al medesimo art. 45 del d.lgs., sono vietati da parte del datore di lavoro trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva (cfr., ex multis, Cass., n. 18523 del 2022, n. 12106 del 2022, n. 11008 del 2022), anche se ciò non esclude differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive ;
9. n ella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010, in ragione del quale, dando attuazione
alle linee di indirizzo regionale, la A.RAGIONE_SOCIALE Caserta disponeva la riduzione nella misura del 30% della remunerazione variabile aziendale del trattamento economico per la dirigenza medica e veterinaria, fino alla revisione della graduazione delle funzioni, operando la relativa trattenuta sulla busta paga dei dirigenti medici;
10. in aderenza alla linea programmatica enunciata nella rubrica ‘Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico’, l’art. 9 preclude ogni incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti per gli anni 2011, 2012, 2013 (comma 1); cristallizza l’ammontar e complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale all’importo dell’anno 2010 (comma 2 -bis), salvo riduzione in ragione della riduzione del personale in servizio (si v., Cass., n. 6930 del 2021); tali norme costituiscono disposizioni statali di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica che si applicano a tutte le Amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione e integrano disposizione inderogabili di finanza pubblica che prevalgono sulla diversa disciplina dettata dai contratti collettivi (si v., Cass., n. 5138 del 2022);
11. i l Giudice delle Leggi ha più volte affermato che nell’ambito dell’impiego pubblico privatizzato l’autonomia collettiva può venire compressa o, addirittura, annullata nei suoi esiti concreti e ciò non solo quando introduca un trattamento deteriore rispetto a quanto previsto dalla legge, ma anche quando sussista l’esigenza di salvaguardia di superiori interessi generali (sentenze n. 219 del 2014, n. 40 del 2007, n. 393 del 2000, n. 143 del 1998, n. 124 del 1991, n. 34 del 1985, sentenza n. 178 del 2015, sentenza n. 169 del 2017, come illustrato da Cass., n. 5138 del 2022); si è comunque precisato (sentenza n. 65 del 2016) che il meccanismo legislativo dei tagli lineari non impone di effettuare riduzioni di identica dimensione in tutti i settori, ma di intervenire in ciascuno di questi, limitandosi ad individuare un importo complessivo di risparmio e lasciando alle Regioni il potere di decidere l’entità dell’intervento in ogni singolo ambito;
12. le disposizioni statali di contenimento della spesa relativa al personale delle Amministrazioni pubbliche hanno superato il vaglio di costituzionalità (cfr. Corte Cost. n. 200 del 2018 e la giurisprudenza richiamata in motivazione) e soltanto il regime di sospensione della contrattazione collettiva, di cui al comma 17 dell’art. 9 d.l. n. 78 del 2010 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo ma, unicamente, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza n. 178 del 2015; c on quest’ultima decisione la Corte ha osservato, quanto al d.l. n. 78 del 2010, che lo stesso ‘risponde all’esigenza di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato una crescita incontrollata, sopravanzando l’incremento delle retribuzioni del settore privato’ ed ha conseguentemente escluso l’ipotizzata violazione degli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost. «in quanto il sacrificio del diritto alla retribuzione commisurata al lavoro svolto e del diritto di accedere alla contrattazione collettiva non è, nel quadro ora delineato, né irragionevole né sproporzionato» (Cass., n. 5138 del 2022, cit.);
13. dunque, il comma 2bis dell’art. 9 del medesimo decreto -legge prevede: ‘A decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2014 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenz iale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio (…)’ ; il trattamento accessorio è tradizionalmente collegato alla posizione di lavoro e alla produttività;
i l dato testuale contenuto nell’art. 9, comma 2 -bis, attesta in modo chiaro e non equivocabile che il limite delle risorse disponibili deve essere ‘cristallizzato’ nell’importo corrispondente a quello dell’anno 2010. Il legislatore ha poi stabilito una misu ra volta altresì a ridurre ulteriormente le risorse, già cristallizzate al 2010; la riduzione del numero dei dirigenti in servizio determina la automatica riduzione in misura proporzionale delle risorse; questo significa che,
ove vi siano nel corso di ciascun anno cessazioni dal servizio, le risorse in origine destinate alla remunerazione dei dirigenti cessati dal servizio, gravanti sui Fondi contrattuali dell’Area negoziale della dirigenza medica e veterinaria, devono essere decurtate in relazione alle stesse (si v., Cass. 6930 del 2021, paragrafi 55-61); diversamente, come già affermato dalla sentenza da ultimo richiamata, si avrebbe l’aumento della consistenza delle risorse, atteso il minor numero di lavoratori, rispetto all’ anno 2010, così venendo disattesa la lettera della norma e la sua finalità di risparmio della spesa pubblica;
14. p er dare attuazione alla previsione ‘ridotto in misura proporzionale’ e quindi al criterio indicato dal legislatore, l’ammontare annuo complessivo delle risorse per il trattamento accessorio, come cristallizzato e mano a mano riproporzionato, va quindi suddiviso per il numero dei lavoratori in servizio in ragione della graduazione esistente. Contrasta con la lettera della norma una riduzione operata attraverso un taglio percentuale come quello effettuato dalla A.S.L. in misura del 30%;
15. è indubbio che, se non si sia proceduto ad applicare la ‘cristallizzazione’ al 2010, con riduzione proporzionale alle cessazioni dal servizio, la suddivisione del Fondo può avere portato, negli anni dal 2011 in avanti, al pagamento di somme eccedenti quanto dovuto; tuttavia, non è legittimo che si sia provveduto ad un taglio del 30% della quota variabile per ciascun medico, anche perché, come stabilito da questa S.C. (Cass. n. 6930/2012 cit., punto 64), ‘il trattamento economico complessivamente goduto … non poteva certo aumentare ma nemmeno essere riformato in peius’ ; in mancanza di una tempestiva applicazione della regola di cui all’art. 9, co. 2 -bis cit., l’operazione rideterminativa ex post deve invece seguire le dinamiche normative e contrattuali e quindi procedere attraverso: il ricalcolo dei Fondi secondo il disposto dell’art. 9, co. 2 -bis, depurando gli stessi dalle quote riguardanti il personale cessato; il calcolo di quanto spettante a ciascun medico; la detrazione dal percepito di quanto così calcolato come spettante a ciascun medico; la conseguente
individuazione degli importi che ciascun medico avrebbe dovuto restituire; tale ricalcolo non attiene in sé alla determinazione economica dei Fondi, ma al diritto soggettivo di ciascun medico a che non si determini una riduzione rispetto a quanto spettante nel 2010 e dunque si tratta di pretesa che non esorbita dalla competenza del giudice ordinario; viene in rilievo, infatti, la lesione di diritti soggettivi rispetto ai quali la legittimità del comportamento datoriale è censurata in via del tutto incidentale; come già affermato da questa Corte a Sezioni Unite (in fattispecie relativa al pagamento delle differenze arretrate in relazione alla quote residue di fondi contrattuali), il diritto soggettivo dei ricorrenti, nella prospettazione degli stessi e sulla base delle richieste avanzate, non necessita per assumere consistenza della rimozione provvedimenti di macro organizzazione (Cass., S.U., n. 33365 del 2022); potrà semmai essere valutato se un tale calcolo possa avvenire più semplicemente prendendo a base gli importi della componente variabile di interesse corrisposta annualmente dal 2011 in avanti e detraendo quanto attribuito annualmente per essa nel 2010; la differenza tra il primo importo ed il secondo essendo quanto la ARAGIONE_SOCIALE aveva in ipotesi diritto a recuperare sulla base di una corretta applicazione della normativa; è dunque su tali basi che si deve procedere alla valutazione dell’esistenza o meno di un dare -avere tra le parti;
16. nemmeno può sostenersi che giustifichi il taglio del 30% il generico intento di rivedere le graduazioni; la revisione delle graduazioni in sé riguarda solo le proporzioni, attraverso punteggi ponderati, in cui i Fondi vanno divisi tra gli aventi diritto (v. art. 51 CCNL 26.11.1996) e dunque non ha a che vedere con l’ammontare di tali Fondi; l ‘attuazione di una revisione postula di regola l’avvio di un procedimento identico a quello di originaria graduazione (art. 51, cit. co. 3), se del caso con fissazione di una data ex tunc da cui far decorrere tale rideterminazione; ma se anche si volesse ammettere che il datore di lavoro possa dare corso a misure provvisorie in attesa dell’iter proprio delle nuove graduazioni, ciò dovrebbe evidentemente avvenire richiamando le ragioni di un tale necessità di revisione
dell’assetto ponderale e dando contestualmente avvio al procedimento di revisione; presupposti tutti che nulla hanno a che vedere con la rideterminazione dei Fondi che sta alla base del taglio a forfait del 30% per tutti i dipendenti interessati, quale attuato dalla A.S.L.;
l a Corte d’ Appello, pur avendo correttamente ritenuto legittima la riduzione delle risorse disposta dall’art. 9, comma 2 -bis, del d.l. n. 70 del 2010, ha ritenuto che non sia stata corretta la modalità della riduzione del trattamento accessorio variabile, operata attraverso una trattenuta percentuale del 30%, ma ha poi calcolato il dovuto prendendo a base quanto erogato fino al novembre 2012 e quanto erogato dopo quel mese, determinando la differenza, ma senza mostrare di avere considerato l’avvenuta ri duzione dei Fondi per effetto delle cessazione dal servizio, profilo che va viceversa verificato per avere certezza di una corretta determinazione del dareavere;
18. pertanto, la sentenza di appello deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che nella decisione della controversia si atterrà ai principi sopra indicati, eseguendo le necessarie verifiche contabili; il giudice di appello provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’8/11/ 2024.