Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4799 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 4799  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17460-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente – ricorrente incidentale nonché contro
RAGIONE_SOCIALE;
ricorrente principale – controricorrente incidentale avverso  la  sentenza  n.  4/2020  della  CORTE  D’APPELLO  di CAMPOBASSO, depositata il 03/04/2020 R.G.N. 272/2017;
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.17460/2020
COGNOME.
Rep.
Ud.22/01/2025
CC
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 3 aprile 2020, la Corte d’Appello di Campobasso, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Campobasso, che sulla domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la declaratoria di nullità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa in virtù dei quali era intercorso tra le parti un rapporto di lavoro avente viceversa natura subordinata derivandone il diritto dell’istante alla conversione a tempo indeterminato del rapporto dal primo contratto di collaborazione (17.9.2007) o in subordine dal primo dei contratti reiterati (1.11.2008), con riammissione presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE datrice nelle mansioni e con l’inquadramento assegnato in categoria D profilo collaboratore amministrativo e condanna dell’RAGIONE_SOCIALE medesima al pagamento delle differenze retributive maturate nel periodo di servizio ovvero, in subordine il diritto al risarcimento del danno ex art. 32 l. n. 183/2010 e, sempre in subordine, il riconoscimento delle differenze retributive maturate ai sensi dell’art. 2126 c.c., aveva dichiarato l’illegittimità dell’impiego dell’istante sulla base dei contratti di collaborazione per contrasto con l’art. 7 d.lgs. n. 165/2001, dichiarato la natura subordinata del rapporto, riconosciuto il diritto al risarcimento del danno ex art. 32 l. n. 183/2010 nella misura di dieci mensilità, ma rigettato la domanda di attribuzione delle differenze retributive maturate per il periodo di servizio ex art. 2126 c.c., confermando per il resto la sentenza del Tribunale, accoglieva la domanda di riconoscimento del trattamento economico spettante in relazione alla riconosciuta natura subordinata del rapporto ex
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art.  2126  c.c.,  quantificato  alla  stregua  dell’espletata  CTU  in euro 46.230,83;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale proposto dall’istante sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE, infondato nel merito l’appello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE essendo stati i contratti di collaborazione conclusi in violazione del d.lgs. n. 165/2001 e la prestazione resa in regime di subordinazione risultando pertanto corretta la pronunzia del primo giudice intesa a riconoscere a fronte dell’inammissibilità della richiesta conversione del rapporto la pretesa al risarcimento del danno avanzata in via subordinata dall’istante, fondato viceversa il ricorso principale dell’istante e così dovute ex art. 2126 c.c. le differenze tra quanto percepito e quanto spettante in relazione alla natura subordinata del rapporto;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la COGNOME che, a sua volta, propone ricorso incidentale articolato su due motivi, cui, resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, 2222 c.c., e 110, comma 6, l. 267/2000, lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla natura subordinata del rapporto; che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2126 e 2697 c.c., l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale in ordine all’applicabilità nella specie del l’art. 2126 c.c. in difetto di prova della natura subordinata del rapporto e dell’effettivo espletamento da parte della COGNOME delle mansioni di collaboratore amministrativo di categoria D;
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che,  con  il  terzo  motivo,  rubricato  con  riferimento  al  vizio  di omesso  esame  di  un  fatto  decisivo  per  il  giudizio,  l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale la mancata considerazione delle dichiarazioni della stessa COGNOME attestante, a detta dell’RAGIONE_SOCIALE  ricorrente,  l’insussistenza  degli  indici sintomatici della subordinazione;
che, dal canto suo, la COGNOME ricorrente incidentale con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2126 c.c., imputa alla Corte territoriale il non aver ricompreso nella  pronunzia  di  condanna  dell’RAGIONE_SOCIALE  ex  art.  2126  c.c. la domanda relativa alla regolarizzazione della posizione previdenziale  in  relazione  alla  prestazione  resa  in  regime  di subordinazione;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c., 4, comma 1, D.M. n. 55/2014 e 336 c.p.c., lamenta la non conformità a diritto della statuizione resa dalla Corte territoriale in punto spese di lite per aver liquidato le spese relative al secondo grado in misura inferiore ai minimi tariffari previsti per lo scaglione riferito al valore della controversia e per non aver proceduto ad un nuovo regolamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio sulla base de ll’esito complessivo della causa;
che tutti gli esposti motivi del ricorso principale, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili, atteso che le censure sollevate dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale si risolvono nella mera confutazione della valutazione circa gli elementi di fatto relativi all’aver la COGNOME svolto in regime di subordinazione una prestazione equiparabile a quella di un dipendente collaboratore amministrativo di categoria D operata dalla Corte territoriale nel suo discrezionale apprezzamento del materiale istruttorio e come tale non sindacabile in questa sede;
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che  parimenti  inammissibile  è  il  primo  motivo  del  ricorso incidentale, non potendo la condanna alla regolarizzazione della posizione  previdenziale  essere  pronunziata  in  questa  sede  in difetto della vocatio in ius dell’RAGIONE_SOCIALE, quale parte del rapporto previdenziale;
che, di contro, il secondo motivo si rivela meritevole di accoglimento, sebbene limitatamente alla censura relativa alla spese di lite attribuite con riguardo al secondo grado di giudizio, dal momento che, tenuto conto del valore della causa (euro 46.230,83) e dello scaglione tariffario relativo (da euro 26.000,00 a euro 52.000,00), l’importo liquidato (euro 1.800,00) è inferiore ai minimi di tariffa pari a euro 3.500,00 (detratta la fase istruttoria che non si deduce essere stata svolta in sede di appello), non potendo, viceversa, trovare accoglimento la domanda di rideterminazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio in relazione al complessivo esito della causa, per risultare le spese di lite del giudizio di primo grado, in quanto rideterminate con decreto del Tribunale di CampobassoSezione lavoro del 25.10.2017 per essere adeguate alla tariffa applicabile in euro, 5.000,00 (da 3.920,00), congruamente liquidate alla luce del principio di soccombenza sostanzialmente piena già in primo grado, così che le spese complessivamente liquidate, come qui rideterminate, devono ritenersi correttamente attribuite;
che pertanto il secondo motivo del ricorso incidentale va accolto nei termini  di cui in motivazione,  inammissibili  il  ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa, che non abbisogna di ulteriori accertamenti in fatto, decisa nel merito con la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio come rideterminate in dispositivo
nonché  al  pagamento  delle  spese  del  presente  giudizio  di legittimità liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibili il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, ridetermina in euro 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori , ponendole a carico dell’RAGIONE_SOCIALE, le spese del secondo grado di giudizio e condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 22 gennaio 2025.
La Presidente (NOME COGNOME)