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Retribuzione posizioni organizzative: la P.A. deve pagare

Un dipendente pubblico, comandante della polizia provinciale, ha citato in giudizio l’ente locale per la non corretta corresponsione dell’indennità di posizione organizzativa. La Corte di Cassazione ha stabilito che la discrezionalità della Pubblica Amministrazione nella valutazione delle posizioni non è assoluta, ma deve rispettare i principi di correttezza e buona fede. L’omissione di una corretta valutazione (pesatura) e la corresponsione di un importo inferiore a quello dovuto possono configurare un inadempimento e dar diritto al lavoratore a un risarcimento per perdita di chance, anche se ha accettato un contratto individuale con importi inferiori.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione posizioni organizzative: la discrezionalità della P.A. non è assoluta

La corretta determinazione della retribuzione posizioni organizzative nel pubblico impiego è un tema cruciale che bilancia la discrezionalità della Pubblica Amministrazione e i diritti dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi fondamentali, stabilendo che l’ente pubblico non può agire in modo arbitrario, ma deve rispettare i canoni di correttezza e buona fede, pena il risarcimento del danno.

I fatti del caso

Un dipendente di un Libero Consorzio Comunale, con la qualifica di comandante del corpo di polizia provinciale, si è rivolto al tribunale lamentando una gestione scorretta della sua indennità di posizione organizzativa (p.o.). In particolare, contestava tre aspetti:

1. L’illegittima sospensione dell’indennità in alcuni periodi per la presunta ‘assenza di proroga e rinnovo dell’incarico’, nonostante avesse continuato a svolgere le sue funzioni.
2. La mancata valutazione e ‘pesatura’ della sua posizione per diversi anni (dal 2004 al 2009), periodo in cui l’ente si era limitato a dividere le risorse disponibili in parti uguali tra tutte le posizioni, senza alcuna differenziazione basata sulla reale responsabilità.
3. La corresponsione, dal 2010 al 2013, di un’indennità significativamente inferiore a quella determinata da una successiva e tardiva ‘pesatura’, a causa di una presunta insufficienza del fondo per il personale.

La Corte d’Appello aveva parzialmente respinto le richieste del lavoratore, sostenendo che la ripartizione delle risorse fosse un atto di macro-organizzazione insindacabile dal giudice e che il dipendente avesse accettato gli importi inferiori firmando i contratti individuali senza riserve. Il lavoratore ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del dipendente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame. La Cassazione ha ritenuto fondati i motivi del ricorso, delineando i limiti della discrezionalità della Pubblica Amministrazione in materia.

Le motivazioni e la retribuzione posizioni organizzative

La Corte ha chiarito che, sebbene l’individuazione e la graduazione degli incarichi rientrino nell’attività discrezionale dell’Amministrazione, tale potere non è assoluto. Il datore di lavoro pubblico, al pari di quello privato, è tenuto a rispettare i principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).

La Corte ha specificato che una mera divisione aritmetica delle risorse disponibili, senza alcuna reale valutazione delle diverse posizioni, non costituisce una legittima ‘graduazione’, ma ne è la negazione. Questo comportamento viola l’obbligo della P.A. di attivare e completare un corretto iter di valutazione. Tale inadempimento non legittima il lavoratore a chiedere l’adempimento forzato, ma gli dà il diritto di chiedere il risarcimento del danno per ‘perdita della chance’, ovvero per aver perso la concreta possibilità di ottenere una retribuzione superiore se la valutazione fosse stata eseguita correttamente.

Inoltre, la Corte ha smontato la tesi secondo cui l’accettazione del contratto individuale con un importo inferiore precluderebbe ogni successiva richiesta. Se l’importo concordato è in contrasto con la disciplina collettiva o con gli atti regolamentari interni che stabiliscono un sistema di ‘pesatura’ più favorevole, la firma del dipendente non sana l’illegittimità. Il giudice di rinvio dovrà quindi verificare se l’indennità fissata con la ‘pesatura’ fosse stata legittimamente determinata. In caso affermativo, il lavoratore avrà diritto all’importo maggiore, nonostante l’accettazione. In caso contrario, potrà comunque far valere la sua pretesa risarcitoria.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei dipendenti pubblici con incarichi di responsabilità. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Discrezionalità limitata: La P.A. non può usare la propria discrezionalità organizzativa per agire in modo arbitrario o per eludere gli obblighi derivanti dalla contrattazione collettiva.
2. Diritto alla valutazione: I dipendenti hanno diritto a un processo di valutazione trasparente e basato su criteri oggettivi per la determinazione della retribuzione posizioni organizzative.
3. Risarcimento del danno: L’inerzia o l’inadempimento della P.A. nel completare questo processo può fondare una richiesta di risarcimento per perdita di chance.
4. Valore del contratto individuale: L’accettazione di un contratto individuale non preclude la possibilità di contestare importi retributivi inferiori a quelli dovuti in base a norme di rango superiore.

Una Pubblica Amministrazione può decidere arbitrariamente l’importo dell’indennità per una posizione organizzativa?
No. Sebbene la P.A. goda di discrezionalità nell’organizzazione, deve esercitarla nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede e delle norme della contrattazione collettiva. Una divisione meramente aritmetica delle risorse, senza una reale valutazione del peso delle diverse posizioni, è illegittima.

Cosa può fare un dipendente se l’ente non effettua per anni la corretta valutazione della sua posizione?
Il dipendente può agire in giudizio per chiedere il risarcimento del danno per ‘perdita della chance’. Non può pretendere che il giudice si sostituisca all’amministrazione nel determinare l’indennità, ma può chiedere di essere risarcito per aver perso la possibilità di ottenere una retribuzione maggiore se la valutazione fosse stata compiuta correttamente e tempestivamente.

Se un dipendente firma un contratto individuale accettando un’indennità inferiore a quella che gli spetterebbe, perde il diritto di reclamare la differenza?
Non necessariamente. Secondo la Corte, la firma del contratto non sana l’illegittimità se l’importo è in contrasto con quanto previsto dalla disciplina collettiva o dai regolamenti interni sulla ‘pesatura’ delle posizioni. Il giudice deve valutare se la procedura di determinazione dell’indennità è stata seguita correttamente, e in caso affermativo, al lavoratore spetta l’importo superiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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