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Retribuzione per ferie: quali voci includere?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la retribuzione per ferie deve includere tutte le indennità intrinsecamente connesse alle mansioni svolte dal lavoratore. Nel caso specifico, alcuni dipendenti di una società di trasporti hanno ottenuto il ricalcolo della loro paga feriale per includere varie indennità, come quella per l’assenza dalla residenza. La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, affermando che escludere tali voci creerebbe un disincentivo a godere delle ferie, principio contrario alla normativa europea. La valutazione dell’effetto dissuasivo va fatta sulla retribuzione mensile, non annuale.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione per ferie: la Cassazione conferma l’inclusione delle indennità

La corretta determinazione della retribuzione per ferie è un tema cruciale nel diritto del lavoro, con importanti implicazioni sia per i datori di lavoro che per i dipendenti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul punto, ribadendo un principio fondamentale di derivazione europea: la paga durante le vacanze non deve disincentivare il lavoratore dal godere del suo diritto al riposo. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di alcuni dipendenti di un’importante società di trasporti. I lavoratori avevano chiesto al Tribunale di accertare il loro diritto a includere nella base di calcolo della retribuzione feriale alcune indennità specifiche: l’indennità di assenza dalla residenza, l’indennità per scorta vetture eccedenti, il premio per la scoperta di irregolarità e l’indennità di utilizzazione professionale. A loro avviso, l’azienda le aveva illegittimamente escluse, pagando loro una retribuzione per le ferie inferiore a quella ordinaria.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai lavoratori, condannando la società al pagamento delle differenze retributive. La società datrice di lavoro, ritenendo errata la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su molteplici motivi.

Il Principio Europeo e la nozione di retribuzione per ferie

Il cuore della questione giuridica ruota attorno all’interpretazione dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE. Questa norma europea stabilisce che il lavoratore, durante le ferie annuali, ha diritto al mantenimento della propria retribuzione. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che lo scopo è evitare che il lavoratore subisca uno svantaggio economico tale da essere dissuaso dal prendersi le ferie.

Di conseguenza, la retribuzione per ferie deve comprendere non solo la paga base, ma anche qualsiasi importo che sia intrinsecamente collegato allo svolgimento delle mansioni tipiche del lavoratore e che costituisca una parte regolare e continuativa del suo compenso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze dei giudici di merito e basando la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che l’indennità di assenza dalla residenza, essendo una voce diretta a compensare il disagio tipico del personale viaggiante (non avere un luogo fisso di lavoro ed essere costantemente in movimento), è immediatamente collegata alle mansioni. Pertanto, la sua corresponsione in forma continuativa durante l’anno lavorativo impone la sua inclusione nella base di calcolo della retribuzione feriale.

Un punto chiave affrontato dalla Corte è la modalità di valutazione del potenziale “effetto dissuasivo”. La società sosteneva che la valutazione dovesse essere fatta su base annuale. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che l’incidenza dell’effetto dissuasivo deve essere valutata con riferimento alla retribuzione mensile. È nel mese in cui si godono le ferie che il lavoratore non deve subire una decurtazione sensibile del proprio stipendio.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili o infondati gli altri motivi di ricorso. Ad esempio, ha respinto l’argomento basato sulla cosiddetta “clausola di inscindibilità” del contratto collettivo, chiarendo che una clausola contrattuale non può mai derogare a una norma imperativa di legge (come quella che impone l’integrazione automatica del contratto per garantire i diritti del lavoratore), né può trasformare una nullità parziale in una nullità totale del contratto.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale a tutela del diritto al riposo dei lavoratori. La retribuzione per ferie deve essere onnicomprensiva, includendo tutte quelle voci retributive che, pur essendo variabili, sono corrisposte con regolarità e sono strettamente legate alla natura della prestazione lavorativa. Escluderle significherebbe penalizzare economicamente il lavoratore proprio nel momento in cui esercita il suo diritto irrinunciabile alle ferie. Per le aziende, soprattutto quelle con personale viaggiante o con strutture retributive complesse, questa ordinanza rappresenta un ulteriore monito a verificare attentamente la correttezza delle basi di calcolo utilizzate per la paga feriale, al fine di evitare contenziosi e condanne al pagamento di differenze retributive.

L’indennità di assenza dalla residenza va inclusa nel calcolo della retribuzione per le ferie?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che questa indennità, essendo diretta a compensare un disagio tipico e continuativo dell’attività lavorativa del personale viaggiante, è immediatamente collegata alle mansioni e deve quindi essere inclusa nella base di calcolo della retribuzione feriale.

Come si valuta se la mancata inclusione di una voce retributiva ha un “effetto dissuasivo” sul godimento delle ferie?
La valutazione dell’effetto dissuasivo deve essere fatta con riferimento alla retribuzione mensile e non a quella annuale. Una decurtazione significativa dello stipendio nel mese in cui si usufruisce delle ferie è sufficiente a creare un disincentivo.

La clausola di “inscindibilità” di un contratto collettivo può impedire l’applicazione di una norma di legge più favorevole al lavoratore?
No. La Corte ha stabilito che la clausola di inscindibilità non può impedire il meccanismo di integrazione automatica del contratto previsto dalla legge (art. 1339 c.c.) quando si tratta di applicare norme imperative. Tale clausola sarebbe a sua volta nulla se utilizzata per eludere una norma inderogabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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