Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3969 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3969 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31260-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo STUDIO RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 31260/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 08/01/2025
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 480/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/09/2020 R.G.N. 570/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
con sentenza del 29/9/2020 la Corte d’appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Livorno che aveva rigettato la domanda di NOME COGNOME, dipendente del Comune di Marciana Marina, Cat. D, titolare di P.O. Area Amministrativa nonché della responsabilità dell’UO Tributi unità collocata nella diversa Area Contabile, di cui altro dipendente era titolare di specifica P.O. -, volta al riconoscimento del trattamento accessorio per quest’ultimo incarico perché di particolare responsabilità;
la Corte distrettuale, sgombrato il campo dalle eccezioni processuali del lavoratore appellante, ritenendole infondate e comunque superate a seguito della ratifica (o convalida) dell’organo responsabile con efficacia sanante (art. 182 cod. proc. civ.) per quanto riguarda i l conferimento dell’incarico , conferito all’avv. COGNOME a proporre opposizione a decreto ingiuntivo, rilevava, nel merito, che la disciplina collettiva vigente (artt. 10 e 17 del c.c.n.l. del 31.3.1999 Comparto Enti Locali) escludeva in modo categorico, in mancanza di una espressa previsione contrattuale, il cumulo tra il trattamento economico del titolare di incarico di P.O., di carattere ‘assorbente e onnicomprensivo’ , ed altri compensi aggiuntivi, pur se riferiti a
funzioni estranee alla stessa P.O. (come nella specie, trattandosi di incarico rientrante nell’Area Contabile);
evidenziava che l’adeguatezza della retribuzione era desumibile dall’applicazione (quanto al trattamento economico) del c.c.n.l. cit., sicché nessun contrasto con l’art. 36 Cost. era predicabile (peraltro si trattava nella specie di cumulo di compensi aggiuntivi rispetto alla retribuzione base);
non poteva parlarsi di contratto nullo perché, nella vicenda in esame, i plurimi incarichi (titolarità di P.O., responsabilità ulteriori extra P.O.) erano tutti pienamente legittimi, discutendosi esclusivamente della possibilità – da escludere – di cumulare i compensi o se operasse, invece, l’assorbimento dei compensi aggiuntivi in quelli attribuiti grazie alla P.O.;
non conferente era poi il richiamo alla nuova contrattazione collettiva che, nel prevedere un’eccezione al divieto del cumulo, si riferiva al caso di conferimento di due distinte P.O. (una piena e una solo ad interim );
avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di otto motivi illustrati da memoria, resistititi dal Comune con controricorso assistito da memoria.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all’art. 21 septies della legge n. 241/1990, per l’omessa espressione nella delibera comunale della volontà di opporre il decreto ingiuntivo, donde l’inammissibilità dell’originaria opposizione ex art. 645 cod. proc. civ.;
con il secondo motivo si lamenta (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all’art. 7 del d.lgs. n. 267/2000,
all’art. 3 , commi 13, all’art. 21 septies e octies della legge n. 241/1990 e all’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001, e si insiste nell’ affermare che vi sia omessa motivazione del provvedimento che deliberava sulla volontà di resistere al ricorso per decreto ingiuntivo, con conseguente inammissibilità dell’opposizione;
con il terzo motivo si deduce (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all’art. 7 d.lgs. n. 267/2000, agli artt. 4, 30 comma 1, 36 commi 1 e 2 lett. a) del d.lgs. n. 50/2016, all’art. 192 del d.lgs. n. 267/2000 e all’art. 63 d.lgs. n. 165/2001; si lamenta in particolare l’omesso rispetto delle procedure di legge e di regolamento per l’attribuzione degli incarichi legali con conseguente inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo;
con il quarto motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all’art. 3 commi 13, all’art. 21 septies e octies della legge n. 241/1990, all’art. 7 e 192 del d.lgs. n. 267/2000, all’art. 4, 30 comma 1, 36 commi 1 e 2 lett. a) del d.lgs. n. 50/2016, all’art. 63 d.lgs. n. 165/2001 e all’art. 182 cod. proc. civ., per l’omessa sanatoria e rinnovazione degli atti illegittimi, con conseguente inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo;
con il quinto si deduce (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 182 cod. proc. civ., per essere la Corte territoriale passata ad esaminare il merito della lite malgrado l’inottemperanza ex adverso all’ordine del giudice di regolarizzazione degli atti;
con il sesto si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento agli artt. 8 e 10 commi 1 e 2 del c.c.n.l. del 31.3.1999 Comparto Enti Locali, recante «Revisione del sistema di classificazione del personale», e dell’art. 17 comma 2 lett. f) del c.c.n.l. Enti Locali del 1.4.1999 (Normativo 1998-2001 economico 1998-1999), nonché degli artt. 1363, 1369 cod. civ. e dell’art. 36 Cost., per avere la Corte territoriale male interpretato la disciplina contrattuale e ritenuto, errando, sussistente un divieto di cumulo tra compenso per P.O. e compenso per ulteriori responsabilità estranee alla P.O.;
con il settimo motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all’art. 36 Cost. e all’art. 2126 cod. civ., per avere la Corte di merito omesso di riconoscere la retribuzione dovuta (quanto meno) ai sensi dell’ art. 2126 cod. civ.: norma (questa) che consentirebbe di attribuire i compensi in caso di assegnazione di incarico affetta da nullità;
dal difetto di remunerazione accessoria aggiuntiva dovrebbe inferirsi il divieto di assegnazione di nuovi incarichi non retribuiti a chi è già titolare di P.O. (altrimenti, secondo parte ricorrente, vi sarebbe contrasto con l’art. 36 Cost. che impone la ‘corrispondenza’ della retribuzione all’ampiezza degli incarichi), sicché l’atto di attribuzione della (nuova) responsabilità dell’UO Tributi sarebbe in sé nullo con diritto a vedersi riconosciuta la retribuzione ex art. 2126 cod. civ.;
con l’ottavo, ed ultimo, motivo, formulato ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e degli accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento agli artt. 8 e 10 commi 1 e 2 del c.c.n.l. Enti Locali del 31.3.1999 e dell’art.
17 comma 2 lett. f) del c.c.n.l. Enti Locali del 1.4.1999, nonché degli artt. 1362 cod. civ., e 36 Cost., avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto esistente il divieto di cumulo tra compenso per P.O. e compenso per ulteriori responsabilità estranee alla P.O.;
il principio del divieto di cumulo applicato dal giudice d’appello ed esteso a funzioni estranee alla P.O. era smentito dal c.c.n.l. del 21.5.2018 il quale, sebbene inapplicabile alla fattispecie, consentiva comunque, in caso di seconda P.O. ad interim , di attribuire un ulteriore importo «la cui misura può variare dal 15% al 25% del valore economico della retribuzione di posizione prevista per la P.O. oggetto di incarico ad interim »;
i primi cinque motivi ruotano tutti intorno ai vizi processuali dell’opposizione a decreto ingiuntivo («per difetto di valida e motivata delibera di procedere a giudizio e valida scelta del difensore e conferimento della procura») e sono affetti da evidenti profili di inammissibilità;
i primi tre, pur deducendo un preteso error in procedendo , tuttavia non riferiscono di una conseguente nullità della sentenza come invece sarebbe stato doveroso in relazione all’enunciata censura : cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 17931/2013, mentre il quarto e il quinto motivo fanno espresso riferimento alla delibera n. 171/2017, di ratifica delle precedenti determine n. 148 e n. 149, di cui non riportano però in atti il contenuto neanche nei passaggi salienti;
senonché, il requisito imposto dal richiamato art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. deve essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo , rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di
procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);
la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di riportare nel ricorso, nelle parti essenziali, gli atti rilevanti, non essendo consentito il mero rinvio per relationem , perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del ‘ fatto processuale ‘ , deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);
10. il sesto motivo è infondato;
10.1 il fulcro della questione è se il titolare di P.O. possa ricevere il trattamento accessorio aggiuntivo di cui all’art. 17, comma 2, lett. f), del c.c.n.l. dell’1.4.1999, nel caso sia investito di ulteriori compiti di responsabilità estranei alle funzioni e agli incarichi rientranti nella P.O.;
10.2 occorre muovere dalla ricognizione del dato normativo e contrattuale;
la disciplina delle posizioni organizzative trova fondamento nell’art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 29/93, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n 396/1997, con il quale il legislatore aveva previsto che “per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione … sono stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto”;
la disposizione è stata integralmente trasfusa nell’art. 40 del d.lgs. n. 165/2001 e sulla stessa il legislatore è intervenuto con il d.lgs. n. 150/2009 che ha modificato il terzo comma del richiamato art. 40, prevedendo che «nell’ambito dei comparti di contrattazione possono
essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità»;
10.2 per quanto qui interessa, l’art. 10 del c.c.n.l. di comparto del 31.3.1999, cui rinvia anche l’art. 15 del c.c.n.l. 22.1.2004, stabilisce che:
«1. Il trattamento economico accessorio del personale della categoria D titolare delle posizioni di cui all’art. 8 è composto dalla retribuzione di posizione e dalla retribuzione di risultato. Tale trattamento assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario, secondo la disciplina del CCNL per il quadriennio 1998 – 2001.
L’importo della retribuzione di posizione varia da un minimo di L. 10.000.000 ad un massimo di L. 25.000.000 annui lordi per tredici mensilità. Ciascun ente stabilisce la graduazione della retribuzione di posizione in rapporto a ciascuna delle posizioni organizzative previamente individuate
L’importo della retribuzione di risultato varia da un minimo del 10% ad un massimo del 25% della retribuzione di posizione attribuita. Essa è corrisposta a seguito di valutazione annuale.
Il valore complessivo della retribuzione di posizione e di risultato non può essere comunque inferiore all’importo delle competenze accessorie e delle indennità assorbite ai sensi del comma 1»;
si tratta, allora, di vedere se tale previsione contrattuale contenuta nell’art. 10 comma 1 cit. (« Tale trattamento assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario
escluda ogni forma di compenso aggiuntivo») precluda a chi, come l’COGNOME, è titolare di P.O., per cui era stata già riconosciuta una retribuzione di posizione e di risultato in misura massima e non suscettibile di ulteriori incrementi, di cumulare altri compensi per incarichi di responsabilità ad essa estranei;
dallo storico di lite emerge, infatti, che il Comune con delibera n. 107/2015 aveva inteso inizialmente retribuire le diverse funzioni nell’UO Tributi – salvo ripensamento successivo , in autotutela, con delibera n. 86/2017 – con le speciali indennità del Fondo di Istituto di cui all’art. 15 -17 c.c.n.l. 1.4.1999 Enti Locali;
l’art. 15 c.c.n.l. , cit., recante «Risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività», prevede (comma 1) che «Presso ciascun ente, a decorrere dal 1.1.1999, sono annualmente destinate alla attuazione della nuova classificazione del personale, fatto salvo quanto previsto nel comma 5, secondo la disciplina del CCNL del 31.3.1999, nonché a sostenere le iniziative rivolte a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, le seguenti risorse:
k) le risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione di prestazioni o di risultati del personale, da utilizzarsi secondo la disciplina dell’art. 17»;
mentre al comma 5 stabilisce che «In caso di attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione finalizzati ad un accrescimento di quelli esistenti, ai quali sia correlato un aumento delle prestazioni del personale in servizio cui non possa farsi fronte attraverso la razionalizzazione delle strutture e/o delle risorse finanziarie disponibili o che comunque comportino un incremento stabile delle dotazioni organiche, gli enti, nell’ambito della programmazione annuale e triennale dei fabbisogni di cui all’art. 6 del d.lgs. 29/93, valutano anche l’entità delle
risorse necessarie per sostenere i maggiori oneri del trattamento economico accessorio del personale da impiegare nelle nuove attività e ne individuano la relativa copertura nell’ambito delle capacità di bilancio»;
a sua volta, l’art. 17 del c.c.n.l. cit., recante «Utilizzo delle risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività», dispone, al comma 1, che «Le risorse di cui all’art. 15 sono finalizzate a promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia degli enti e delle amministrazioni e di qualità dei servizi istituzionali mediante la realizzazione di piani di attività anche pluriennali e di progetti strumentali e di risultato basati su sistemi di programmazione e di controllo quali-quantitativo dei risultati»; e al comma 2 prevede che: «In relazione alle finalità di cui al comma 1, le r isorse di cui all’art. 15 sono utilizzate per: f) compensare altresì specifiche responsabilità affidate al personale della categoria D, che non risulti incaricato di funzioni dell’area delle posizioni organizzative secondo la disciplina degli articoli da 8 a 11 del CCNL del 31.3.1999 in misura non superiore a £. 3.000.000 lordi annui per le Regioni e 2.000.000 per gli altri Enti; »;
10.3 orbene, la pretesa di vedersi corrispondere compensi ulteriori ( id est , quelli di cui all’art. 17 co mma 1 lett. f del c.c.n.l. cit.) rispetto a quelli accessori già previsti dall’art. 10 c.c.n.l. non ha alcun fondamento alla luce del principio di onnicomprensività del trattamento dei titolari di P.O («Tale trattamento assorbe tutte le competenze accessorie e le indennità previste dal vigente contratto collettivo nazionale, compreso il compenso per il lavoro straordinario»), non diversamente, peraltro, da quanto questa Corte ha affermato, in un settore di disciplina diverso ma non dissimile, con
riguardo alla dirigenza medica, dove si è precisato che il principio di ‘ onnicomprensività ‘ non consente di riconoscere altri compensi in ragione della pluralità di incarichi o funzioni che la medesima amministrazione attribuisca al medesimo dirigente (cfr. Cass. n. 27668 del 2018, in cui si ribadisce che «Nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in ragione del quale il trattamento economico dei dirigenti remunera tutte le funzioni e i compiti loro attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa»; v. Cass. 8 febbraio 2018, n. 3094, rispetto al caso di conferimento di una reggenza, nonché Cass. 30 marzo 2017 n. 8261 e Cass. 5 ottobre 2017 n. 23274);
pur non rinvenendosi nella giurisprudenza di legittimità affermazioni analoghe in ordine al divieto di cumulo di compensi per chi sia titolare di P.O., non sono mancate pronunce che indirizzano in tal senso, come Cass. n. 26227 dell’8 settembre 2023 che, in ipotesi di duplicazione di P.O., ha espresso l’avviso che sia consentita al più all’amministrazione, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità che le compete, la facoltà di procedere a «una ulteriore pesatura di sintesi» che viene comunque rimessa alla discrezionalità dell’organo di espressione ultima della volontà datoriale , con ciò appalesando l’impossibilità di operare un cumulo del trattamento economico previsto per il titolare di P.O. con altro diverso trattamento;
non a caso anche l’Aran, nell’esprimere il suo orientamento applicativo (parere RAL n. 1888 in atti), ha rilevato con indicazione inequivoca, seppure priva di carattere vincolante e/o valenza di interpretazione autentica, che «l’art.10 CCNL del 31.3.1999 ha affermato che la retribuzione di posizione e di risultato spettante al personale incaricato
delle posizioni organizzative assorbe e ricomprende ogni trattamento accessorio», sicché tenuto conto del carattere assorbente e onnicomprensivo del trattamento economico previsto, i dipendenti incaricati di P.O. possono percepire, in aggiunta allo stesso, solo quegli emolumenti espressamente previsti e specificamente ammessi dalla contrattazione collettiva nazionale;
vero è che nello stesso parere si puntualizza, come pure evidenzia il ricorrente, che «se, invece, ‘l’indennità di funzione’ non si identifica con la retribuzione di posizione dei titolari di posizione organizzativa ma con quella di specifiche responsabilità, di cui all’art. 17, comma 2, lett. f, del CCNL de ll’1.4.1999, allora il conferimento di altra indennità della stessa tipologia per il nuovo incarico sarà possibile ma solo nei limiti consentiti dalla regola generale in materia di cumulo di più trattamenti economici accessori in capo al medesimo lavoratore»;
ma trattasi all’evidenza di situazione che non viene affatto in considerazione nel caso in esame, in cui l’COGNOME (com’è incontestato fra le parti) è già titolare di posizione organizzativa, sicché a lui non possono riconoscersi ulteriori indennità di funzione per il principio di onnicomprensività sopra richiamato e per l’espressa previsione di esclusione contenuta nell’art. 17 comma 2 c.c.n.l. cit., il quale ultimo consente bensì di «compensare altresì specifiche responsabilità affidate al personale della categoria D», purché tale personale «non risulti incaricato di funzioni dell’area delle posizioni organizzative secondo la disciplina degli articoli da 8 a 11 del CCNL del 31.3.1999»;
11. segue, pertanto, dalle considerazioni già indicate il rigetto anche degli ultimi due motivi di ricorso, posto che, per il settimo mezzo, non è di certo predicabile alcuna situazione di frizione con l’art.
36 Cost., non essendo qui revocata in dubbio l’adeguatezza del complessivo trattamento retributivo ma lamentandosi, piuttosto, il mancato riconoscimento di una singola voce del trattamento accessorio;
12. non v’è luogo neanche a invocare l’applicazione dell’art. 2126 cod. civ.;
questa Corte ha più volte affermato che l’attribuzione dei trattamenti economici è riservata alla contrattazione collettiva, sicché non è sufficiente, a tale scopo, neanche un atto deliberativo della P.A., ma occorre, a pena di nullità, la piena conformità di tale atto alla contrattazione collettiva (Cass. nn. 11645/2021; 17226/2020); si è anche detto che nel pubblico impiego possono essere riconosciute remunerazioni delle prestazioni solo se in linea con le previsioni ed allocazioni di spesa e che l’accord o incoerente con esse è invalido (Cass. 21 febbraio 2022, n. 5679) e rende pertanto ripetibili eventuali pagamenti eseguiti sulla sua base (Cass. 9 maggio 2022, n. 14672);
vero è che in più recenti arresti si è aggiunto che il dipendente che abbia eseguito con il consenso della P.A. di appartenenza, prestazioni, rese nell’ambito del rapporto di lavoro oltre il normale orario, ha diritto ex art. 2126 cod. civ ., in relazione all’art. 2108 c od. civ. ed alla luce degli artt. 35 e 36 Cost., al pagamento della retribuzione a lui dovuta per il lavoro straordinario svolto (Cass., Sez. L, n. 18063, 25696 e 27842/2023);
senonché, un siffatto principio, anche da ultimo ribadito (Cass. n. 17912/2024) non giova in alcun modo all’COGNOME atteso che, ricoprendo costui un incarico di posizione organizzativa, vedrebbe comunque assorbite in seno al trattamento economico previsto dall’art. 10 c.c.n .l. cit. tutte le competenze accessorie ivi «compreso il compenso per il lavoro straordinario»;
13. da disattendere è, infine, anche l’ottavo (ed ultimo) motivo, ove si richiama un c.c.n.l. che lo stesso ricorrente non esita ad ammettere essere inapplicabile ratione temporis alla fattispecie e che non prevede, oltretutto, l’ipotesi che qui viene in rilievo (P.O. + indennità per specifiche responsabilità, di cui all’art. 17, comma 2, lett. f, del c.c.n.l. dell’1.4.1999), ma solo quella, ben diversa, della possibilità di attribuire una maggiorazione, con apprezzamento (si noti) discrezionale del datore di lavoro pubblico, per l’incarico aggiuntivo ove affidato ad interim ;
14. conclusivamente, il ricorso dev’essere rigettato, con addebito delle spese di legittimità (liquidate in dispositivo) alla parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in €. 4.000,00 per compensi, €. 200,00 per esborsi, oltre 15% di rimborso spese forfettario ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione