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Retribuzione onnicomprensiva: no a compensi extra

Una dirigente pubblica ha ricevuto un compenso aggiuntivo per un incarico specifico. L’ente pubblico ha successivamente richiesto la restituzione della somma, invocando il principio della retribuzione onnicomprensiva. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto dell’ente alla restituzione, stabilendo che lo stipendio del dirigente copre tutte le funzioni assegnate e che la buona fede del percipiente non è sufficiente a bloccare la richiesta di rimborso di un pagamento non dovuto.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Onnicomprensiva: Stop ai Compensi Extra per i Dirigenti Pubblici

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio cardine del pubblico impiego privatizzato: la retribuzione onnicomprensiva del dirigente. Questa regola stabilisce che lo stipendio già copre tutte le mansioni e gli incarichi affidati dall’amministrazione di appartenenza, chiudendo la porta a compensi aggiuntivi. La sentenza chiarisce anche che la buona fede del dipendente non è sufficiente a impedire la restituzione di somme percepite indebitamente.

I Fatti del Caso: Un Compenso Extra Revocato

Il caso ha origine dalla vicenda di una dirigente, avvocato presso un’Azienda Sanitaria Provinciale, che aveva ricevuto un compenso aggiuntivo di oltre 26.000 euro per aver svolto il ruolo di Segretario in una commissione di gara d’appalto. Anni dopo, l’Azienda Sanitaria revocava tale compenso, qualificandolo come un “indebito oggettivo” e ne chiedeva la restituzione.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla dipendente, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, sostenendo che il compenso non era dovuto in virtù del principio di onnicomprensività dello stipendio dirigenziale. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Retribuzione Onnicomprensiva

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della dirigente, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che il principio della retribuzione onnicomprensiva, sancito dall’art. 24 del D.Lgs. n. 165/2001, è un pilastro del rapporto di lavoro dirigenziale con la Pubblica Amministrazione.

Questo significa che il trattamento economico fondamentale e accessorio del dirigente è pensato per remunerare la totalità delle funzioni e dei compiti a lui attribuiti, compresi quelli che possono sembrare aggiuntivi o specifici, come la partecipazione a commissioni o gruppi di lavoro.

Il Principio di Onnicomprensività e l’Irrilevanza della Buona Fede

La Cassazione ha chiarito che qualsiasi incarico conferito al dirigente dalla propria amministrazione, o su designazione di questa, rientra nell’alveo delle sue funzioni e, pertanto, è già coperto dalla sua retribuzione. Non è possibile, quindi, erogare compensi extra per tali attività.

Un punto cruciale della decisione riguarda la restituzione delle somme percepite. La Corte ha ribadito che, quando un pagamento è oggettivamente non dovuto (c.d. indebito oggettivo), la Pubblica Amministrazione ha il diritto-dovere di chiederne la restituzione, ai sensi dell’art. 2033 del codice civile. In questo scenario, la buona fede del dipendente che ha ricevuto le somme è irrilevante per quanto riguarda l’obbligo di restituire il capitale. Essa può influire, al massimo, sulla decorrenza degli interessi.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato indirizzo giurisprudenziale. L’atto con cui un ente pubblico assegna un incarico e ne stabilisce il compenso ha natura privatistica, legata alla gestione del rapporto di lavoro. Se questo atto è in contrasto con norme imperative di legge, come quelle sulla retribuzione onnicomprensiva, esso è nullo. Di conseguenza, la Pubblica Amministrazione non solo può, ma deve agire per ripristinare la legalità violata, recuperando le somme indebitamente pagate.

La Corte ha inoltre specificato che anche i compensi provenienti da terzi (nel caso di specie, i fondi provenivano dalla Regione) devono essere corrisposti all’amministrazione di appartenenza del dirigente. Queste somme confluiscono poi nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio di tutta la dirigenza, e non possono essere liquidate direttamente al singolo dipendente.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza un principio fondamentale per la gestione delle risorse pubbliche e la trasparenza. Per i dirigenti pubblici, ciò significa che la loro retribuzione è definita in modo onnicomprensivo e non può essere integrata da compensi per singoli incarichi interni. Per le Amministrazioni, emerge il chiaro dovere di recuperare le somme erogate in violazione di tale principio. La buona fede del percipiente, sebbene possa essere considerata per definire modalità di restituzione non eccessivamente gravose (come la rateizzazione), non estingue l’obbligo di restituire quanto non dovuto.

Un dirigente pubblico può ricevere compensi extra per incarichi specifici conferiti dalla sua amministrazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il principio della retribuzione onnicomprensiva stabilisce che lo stipendio del dirigente già remunera tutte le funzioni e i compiti a lui attribuiti dall’amministrazione di appartenenza o su sua designazione.

Se un dipendente pubblico riceve un pagamento non dovuto in buona fede, è tenuto a restituirlo?
Sì. La Corte ha stabilito che in caso di indebito oggettivo (pagamento senza una valida causa legale), l’obbligo di restituzione sussiste a prescindere dalla buona fede di chi ha ricevuto la somma. La buona fede rileva solo ai fini della decorrenza degli interessi e può essere considerata per definire modalità di restituzione che non siano eccessivamente onerose.

Cosa succede se un compenso per un incarico svolto da un dirigente pubblico è pagato da un ente terzo?
Anche in questo caso, il compenso non spetta direttamente al dirigente. Le somme devono essere corrisposte all’amministrazione di appartenenza del dirigente, la quale le farà confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio di tutta la dirigenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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