Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20135 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20135 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14007-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2799/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/10/2018 R.G.N. 4209/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto dal Comune RAGIONE_SOCIALE Palombara Sabina avverso la sentenza del Tribunale di Tivoli (non di Roma come erroneamente indicato nella sentenza impugnata), che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME e, accertato lo svolgimento di incarichi dirigenziali temporanei conferiti ai sensi dell’art. 109 del d.lgs. n. 276/2000, aveva condannato il Comune al pagamento delle differenze retributive, calcolate detraendo dal trattamento spettante al dirigente quanto corrisposto alla dipendente, inquadrata nell’area D, alla quale l’ent e aveva riconosciuto in relazione agli incarichi svolti nel periodo 3 maggio 2005/31 dicembre 2007 la sola retribuzione di posizione;
la Corte distrettuale ha ritenuto infondato il motivo di gravame con il quale l’appellante aveva censurato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, senza confrontarsi con il disposto degli artt. 8 e seguRAGIONE_SOCIALE del CCNL per il personale non dirigente del comparto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, per i comuni di minori dimensioni sprovvisti di figure dirigenziali, riconosce al funzionario la sola indennità di posizione;
ha rilevato che la clausola contrattuale, interpretata nei termini sollecitati dall’ente territoriale, si porrebbe in contrasto con il citato art. 52 che riconosce il diritto a percepire l’intera retribuzione prevista in relazione alle mansioni superiori e non consente alla contrattazione collettiva di derogare al principio; 3. ha escluso la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
denunciata sul rilievo che era stata accolta la sola domanda subordinata, limitata al periodo luglio 2006/dicembre 2007, a differenza di quella risarcitoria, formulata a titolo principale, che aveva ad oggetto l’arco temporale maggio 2005/dicembre 2007 e ha ritenuto che dalla lettura dell’intero ricorso emergesse che le richieste si riferivano, a prescindere dal titolo risarcitorio o retributivo, al periodo di svolgimento delle mansioni superiori, in relazione al quale la condanna era stata pronunciata;
4. per la cassazione della sentenza il Comune di Palombara Sabina ha proposto ricorso sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese con controricorso NOME COGNOME; 5. entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., il Comune ricorrente denuncia la violazione dell’art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, degli artt. 8, 10 e 11 del CCNL 31 marzo 1999 per il personale del comparto RAGIONE_SOCIALE, dell’art. 36 Cost., dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 e assume, in sintesi, che la sentenza impugnata non ha considerato la disciplina, normativa e contrattuale, dettata per gli RAGIONE_SOCIALE territoriali minori sprovvisti di figure dirigenziali, ai quali è stato consRAGIONE_SOCIALEto di conferire le funzioni di cui all’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000 ai responsabili degli uffici o dei servizi, a prescindere dalla qualifica posseduta, corrispondendo agli stessi non l’intero trattamento previsto per i dipendRAGIONE_SOCIALE in possesso della qualifica dirigenziale bensì le sole retribuzioni di posizione e di risultato;
il ricorrente aggiunge che le clausole contrattuali invocate e
non applicate dalla Corte territoriale non si pongono in contrasto con l’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 né con l’art. 36 Cost., perché lo svolgimento di mansioni superiori deve essere compensato ma ciò non implica l’automatica applicazione dell’intero trattamento economico previsto per la qualifica superiore, essendo sufficiente la corresponsione di un compenso aggiuntivo, che nella specie era stato riconosciuto in conformità a quanto previsto dalla contrattazione collettiva;
2. la seconda critica, ricondotta ai vizi di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., lamenta la «violazione dell’art. 112 c.p.c. – illegittimo esercizio del potere di riqualificazione del titolo della domanda giudiziale proposta in via principale dalla sig.ra COGNOME -violazione del diritto di difesa del Comune di Palombara di Sabina»;
il ricorrente ribadisce che la domanda principale riguardava il risarcimento del danno e si riferiva all’arco temporale 3 maggio 2005/31 dicembre 2007, mentre quella subordinata aveva ad oggetto le differenze retributive maturate dal 1° luglio 2006 al 31 dicembre 2007 ed evidenzia che il Tribunale di Tivoli aveva riconosciuto il «diritto alle differenze retributive spettanti in relazione al trattamento economico per le mansioni di dirigente comunale secondo il RAGIONE_SOCIALE applicabile per il periodo dal 3 maggio 2005 al 31 dicembre 2007, detratto quanto percepito a titolo di indennità di posizione»;
deduce che, così pronunciando, il primo giudice aveva evidentemente accolto la domanda subordinata, non quella principale, e rispetto alla prima aveva violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, perché le differenze retributive erano state domandate solo per il periodo luglio 2006/dicembre 2007;
aggiunge che la diversa formulazione delle due domande aveva tenuto conto della applicabilità della disciplina dettata in tema di prescrizione, in quanto il credito retributivo, soggetto al termine breve quinquennale, era parzialmente prescritto, a differenza della pretesa risarcitoria, alla quale si applica il regime ordinario della prescrizione decennale;
precisa ancora che, proprio in ragione della limitazione operata dalla parte ricorrente, l’eccezione di prescrizione non era stata sollevata dal Comune;
addebita, quindi, alla Corte territoriale di avere erroneamente respinto il terzo motivo di appello, perché al giudice non è consRAGIONE_SOCIALEto modificare il titolo della domanda e perché, nel ritenere ammissibile la riqualificazione, il giudice d’appello aveva finito per violare non solo l’art. 112 cod. proc. civ. , ma anche il diritto di difesa dell’ente che, ove la pretesa retributiva fosse stata fatta valere per l’intero arco temporale indicato nella domanda principale, ne avrebbe eccepito la parziale prescrizione;
è infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dalla difesa della controricorrente;
è consolidato, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento, inaugurato da Cass. S.U. nn. 21558 e 23329 del 2009, secondo cui gli oneri previsti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., quanto alla specifica indicazione ed al deposito dei contratti collettivi, non si estendono al contratto disciplinato dal d.lgs. n. 165/2001, in ragione della sua particolare natura, derivante dal procedimento formativo, dal regime di pubblicità, dalla sottoposizione a controllo contabile della compatibilità dei costi previsti (cfr. fra le tante Cass. n. 19718/2023 e Cass. n. 18793/2022);
è stato conseguentemente affermato che il contratto collettivo
nazionale di lavoro nel pubblico impiego contrattualizzato è conoscibile ex officio dal giudice, il quale procede con mezzi propri, secondo il principio iura novit curia , al suo reperimento, anche a prescindere dall’iniziativa di parte (fra le più recRAGIONE_SOCIALE Cass. n. 7641/2022 e Cass. n. 6394/2019);
4. il primo motivo di ricorso è fondato, perché la Corte territoriale non ha svolto alcun accertamento sulla previsione in pianta organica della posizione dirigenziale e non ha valutato la disciplina dettata dal d.lgs. n. 267 del 2000, alla luce della quale devono essere lette le clausole della contrattazione collettiva invocate dal Comune ricorrente;
il giudice d’appello si è, quindi, discostato dal principio di diritto enunciato da questa Corte, la quale, in plurime pronunce (cfr. fra le tante Cass. n. 12106/2022, Cass. n. 19039/2022, Cass. n. 22579/2023), ha affermato che, ai sensi degli artt. 109, comma 2, e 110 del d.lgs. n. 267 del 2000, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, le relative funzioni possono essere conferite a dipendRAGIONE_SOCIALE con qualifica non dirigenziale, a cui vanno riconosciute, secondo i criteri dettati dalla contrattazione collettiva per il personale non dirigenziale del comparto RAGIONE_SOCIALE, in aggiunta al trattamento fondamentale previsto per la qualifica di inquadramento, una retribuzione di posizione, graduata in relazione alla natura dell’incarico attribuito, e una retribuzione di risultato, quantificata in misura percentuale rispetto a quella di posizione, e corrisposta all’esito della valutazione positiva annuale, senza che trovi applicazione l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 (cui conseguirebbe il riconoscimento del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio previsto per il personale con qualifica dirigenziale dai CCNL per il personale dirigenziale dell’area II) , sia perché le funzioni direttive svolte
non possono essere ritenute estranee al profilo di inquadramento, sia perché le maggiori responsabilità assunte vengono retribuite in virtù delle previsioni della contrattazione collettiva;
il principio enunciato dalle citate pronunce è stato affermato in continuità, con quello, più generale e risalente nel tempo, secondo cui un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macro-organizzazione adottati dall’amministrazione pubblica, perché in tutte le versioni succedutesi nel tempo, il d.lgs. n. 29/1993, prima, e successivamente il d.lgs. n. 165/2001 hanno riservato alle amministrazioni il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, di individuare quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, di determinare la dotazione organica;
si è, pertanto, affermato, sia con riferimento all’organizzazione statale che in relazione agli RAGIONE_SOCIALE pubblici non economici, anche territoriali, che ove manchi l’istituzione dell’ufficio dirigenziale il giudice non può sostituirsi all’amministrazione e valutare la sostanza delle attribuzioni, per qualificare di natura dirigenziale l’attività svolta dal soggetto preposto alla direzione dell’ufficio che viene in rilievo (cfr. Cass. n. 33401/2019; Cass. 23874/2018; Cass. 350/2018; Cass. n. 10320/2017 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
4.1. con specifico riferimento agli RAGIONE_SOCIALE territoriali minori è stato evidenziato che il d.lgs. n. 165/2001, in relazione ai poteri organizzativi propri dei Comuni e delle Province, rinvia al d.lgs. n. 267/2000, non solo attraverso l’espresso richiamo contenuto nell’art. 70, comma 3, ma anche nel prevedere, all’art. 27, che le regioni a statuto ordinario e le altre
pubbliche amministrazioni «nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’art. 4 e del presente capo i propri ordinamRAGIONE_SOCIALE, tenendo conto delle relative peculiarità»;
ai Comuni la modifica costituzionale dell’art. 114 Cost. e la legge n. 131/2003, che alla stessa ha dato attuazione, hanno riconosciuto autonomia statutaria e regolamentare e pertanto gli stessi, seppure tenuti in relazione ai poteri organizzativi al rispetto dei principi fondamentali sui quali si fonda la disciplina dettata dal d.lgs. n. 165/2001 (primo fra tutti quello della necessaria distinzione fra attività di indirizzo politico ed attività di gestione), ai sensi dell’art. 89 del d.lgs. n. 267/2000, «disciplinano, con propri regolamRAGIONE_SOCIALE, in conformità allo statuto, l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi … » ed esercitano la potestà regolamentare in tema di «b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi; … c) princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici; … e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva» ( art. 89, comma 2, T.U.E.L.), con i soli limiti che derivano, una volta assicurato il rispetto dei principi generali già richiamati e delle disposizioni dettate dal T.U.E.L., «dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti» ( art. 89, comma 5, T.U.E.L.,);
l’art. 109 del richiamato d.lgs. n. 267/2000 consente espressamente al comma 2 il conferimento delle funzioni dirigenziali di cui all’art. 107 ai responsabili degli uffici e dei servizi, indipendentemente dal loro inquadramento funzionale, ed il successivo art. 110, al comma 2, ribadisce la distinzione fra Comuni che nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi hanno previsto la dirigenza ed RAGIONE_SOCIALE territoriali che hanno adottato atti di macro-organizzazione che quella
qualifica non richiedono, e sulla base di detta distinzione disciplina in maniera diversificata le due ipotesi, quanto alle condizioni richieste per l’affidamento degli incarichi a professionalità esterne;
il secondo comma dell’art. 109 T.U.E.L., una volta letto in combinato disposto con il successivo art. 110 ed alla luce dell’ampia potestà regolamentare dell’ente in tema di organizzazione degli uffici, consente, quindi, al Comune di non istituire rispetto ad una determinata funzione, seppure implicante l’esercizio dei poteri/doveri di cui all’art. 107 T.U.E.L., la posizione dirigenziale e di assegnare la stessa al personale con qualifica non dirigenziale nel rispetto dei criteri dettati dal regolamento e dalla contrattazione collettiva;
4.2. quest’ultima è intervenuta nella specifica materia che qui viene in rilievo e con l’art. 15 del CCNL 22.1.2004 ha previsto che « negli RAGIONE_SOCIALE privi di personale con qualifica dirigenziale, i responsabili delle strutture apicali secondo l’ordinamento organizzativo dell’ente, sono titolari delle posizioni organizzative disciplinate dagli artt. 8 e seguRAGIONE_SOCIALE del CCNL del 31.3.1999»;
la posizione organizzativa, ai sensi del richiamato art. 8 del CCNL 1999, implica, per quel che qui rileva, lo svolgimento di funzioni di direzione di unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa remunerato dalle parti collettive con il trattamento accessorio di cui all’art. 10, che si modella su quello previsto per il personale dirigenziale, e prevede l’attribuzione, in aggiunta al trattamento fondamentale previsto per la qualifica di inquadramento, della retribuzione di posizione, graduata i n relazione alla natura dell’incarico attribuito, e della retribuzione di risultato, quantificata in
misura percentuale rispetto a quella di posizione e corrisposta all’esito della valutazione positiva annuale;
4.3. il ruolo centrale della contrattazione nel sistema dell’impiego pubblico contrattualizzato è stato costantemente rimarcato dalla giurisprudenza costituzionale che nella riserva alla contrattazione collettiva della definizione del trattamento economico ha ravvisato uno dei principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica che, in quanto tale, limita la potestà legislativa delle RAGIONE_SOCIALE, anche a statuto speciale, (cfr. fra le tante Corte Cost. n. 16/2020 e le pronunce richiamate in motivazione);
facendo leva sulla peculiare natura della contrattazione disciplinata dal d.lgs. n. 165/2001 e sulla funzione alla stessa assegnata dal legislatore, questa Corte da tempo ha affermato che il principio espresso dall’art. 45 del richiamato decreto, secondo il quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendRAGIONE_SOCIALE parità di trattamento contrattuale, opera solo nell’ambito del sistema previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamRAGIONE_SOCIALE migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete (cfr. fra le tante Cass. n. 6553/2019; Cass. n. 32157/2018; Cass. n. 12334/2018; Cass. n. 19043/2017);
4.4. dai richiamati principi si è, dunque, discostata la Corte territoriale la quale, come già evidenziato in premessa, non ha
svolto alcun accertamento in ordine all’organizzazione data ai propri uffici dal Comune ricorrente e non ha verificato se gli incarichi conferiti alla COGNOME fossero riconducibili alla previsione dell’art. 109, comma 2, T.U.E.L. e se fosse stata o meno fatta corretta applicazione della disciplina contrattuale che, in tal caso, prevede il conferimento della posizione organizzativa corrispondente all’incarico attribuito (cfr. anche Cass. n. 30978/2022);
5. è fondato anche il secondo motivo di ricorso;
d all’esame dell’originario atto introduttivo, trascritto dal ricorrente nelle parti rilevanti (pag. 18 e 19 del ricorso per cassazione) e che questa Corte ha il potere/dovere di valutare direttamente essendo stato dedotto un error in procedendo (cfr. Cass. S.U. n. 8077/2012 e fra le tante più recRAGIONE_SOCIALE Cass. n. 41465/2021 e Cass. n. 134/2020), emerge che la COGNOME aveva formulato due distinte domande, legate da nesso di subordinazione, ed aveva chiesto, in via principale ed a titolo risarcitorio, l’applicazione della contrattazione collettiva nazionale dettata per il personale dirigenziale degli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il periodo 3 maggio 2005/31 dicembre 2007, ed in via subordinata il pagamento a titolo retributivo delle differenze maturate, da calcolare sulla base della medesima contrattazione, ma limitatamente al periodo (non prescritto in ragione dell’applicazione del termine quinquennale ex art. 2948 n. 4 cod. civ.) 1° luglio 2006/31 dicembre 2007;
entrambi i giudici del merito hanno accolto la domanda subordinata, riconoscendo la fondatezza della pretesa retributiva ex art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, ma, nonostante l’espressa limitazione della stessa (in ragione della quale non era stata formulata alcuna eccezione di prescrizione dal Comune resistente), hanno liquidato le differenze per l’intero
periodo di asserito svolgimento delle mansioni superiori, e la Corte d’appello ha giustificato la pronuncia rilevando che la qualificazione del titolo, risarcitorio o retributivo, non è vincolante per il giudice;
così ragionando la Corte distrettuale è incorsa nella denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. , perché il potere del giudice di qualificare l’azione, va esercitato nel rispetto del principio del monopolio della parte quanto alla formulazione della domanda, sicché non può il giudice sostituire la domanda proposta con una diversa né può attribuire un bene ulteriore rispetto a quello domandato;
con specifico riferimento, in tema di impiego pubblico contrattualizzato, al rapporto fra azione di adempimento dell’obbligo retributivo e azione di risarcimento del danno questa Corte ha già affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che «le causae petendi dell’azione di adempimento e di quella risarcitoria sono tra loro differRAGIONE_SOCIALE e non si può affermare né che il giudice sia libero di attribuire alla domanda ‘ il significato che vuole ‘ , perché egli è vincolato da quanto chiesto dalla parte, né che, ‘dedotto l’inadempimento all’obbligo contrattuale di pagare certe somme, ne resti implicitamente proposta la diversa domanda di pagamento a titolo risarcitorio delle stesse somme ‘» (Cass. n. 10613/2023 che richiama sul punto Cass. n. 2859/2022) e viceversa;
nella fattispecie, pertanto, poiché l’azione di adempimento dell’obbligo retributivo era stata espressamente limitata al periodo luglio 2006/dicembre 2007, diversamente da quella risarcitoria estesa anche all’arco temporale maggio 2005/giugno 2006, la sentenza impugnata è incorsa nella denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nel riconoscere le differenze anche per il periodo in relazione al
quale la domanda subordinata accolta non era stata formulata; 6. in via conclusiva meritano accoglimento entrambi i motivi di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto enunciati nei punti che precedono e provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione;
7. non sussistono le condizioni processuali richieste dall’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, alla quale demanda anche di provvedere al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 maggio 2024 Il Presidente NOME COGNOME