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Retribuzione individuale anzianità: no scatti 89-90

La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che riconosceva a un gruppo di dipendenti regionali un incremento della retribuzione individuale anzianità (RIA) per il periodo 1989-1990. La Corte ha stabilito che la normativa applicabile al comparto Regioni ed Enti Locali (d.P.R. 333/1990) non prevedeva alcun ulteriore scatto di anzianità dopo quello relativo al servizio prestato fino al 31 dicembre 1988, a differenza di quanto previsto per altri comparti pubblici. Di conseguenza, la domanda dei lavoratori è stata definitivamente respinta.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Retribuzione Individuale di Anzianità: la Cassazione nega l’incremento 1989-90

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha posto fine a una lunga vertenza riguardante il calcolo della retribuzione individuale di anzianità (RIA) per un gruppo di dipendenti di un’amministrazione regionale. La Suprema Corte ha stabilito che non spetta alcun incremento aggiuntivo, o ‘scatto’, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1989 e il 31 dicembre 1990, ribaltando così le decisioni dei giudici di merito.

I fatti del caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di alcuni dipendenti di un ente regionale, inquadrati nei ruoli della giunta a seguito di un complesso processo di stabilizzazione del personale proveniente da Centri di Formazione Professionale. I lavoratori sostenevano di aver diritto al riconoscimento di differenze retributive a titolo di RIA, in particolare per il biennio 1989-1990, lamentando un trattamento economico inferiore a quello spettante.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente la domanda, mentre la Corte d’Appello aveva confermato il diritto dei lavoratori a vedersi riconosciuto un ulteriore incremento della RIA fino al 31 dicembre 1990. Contro questa decisione, l’amministrazione regionale ha proposto ricorso in Cassazione.

La questione sulla retribuzione individuale anzianità

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione della complessa normativa, sia statale che regionale, che ha disciplinato il passaggio del personale e il calcolo della retribuzione. I giudici di merito avevano ritenuto che ai lavoratori spettasse un ulteriore ‘scatto’ di anzianità per il biennio 1989-1990, basandosi su una lettura estensiva delle norme contrattuali del pubblico impiego.

L’ente regionale, al contrario, ha sostenuto con quattro distinti motivi di ricorso che la normativa specifica applicabile al comparto Regioni ed Enti Locali, in particolare il d.P.R. n. 333 del 1990, non prevedeva alcun incremento retributivo per quel periodo. Tale decreto, infatti, aveva disposto un ultimo e definitivo incremento della RIA con riferimento al servizio maturato fino al 31 dicembre 1988, senza contemplare ulteriori scatti successivi.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha accolto integralmente il ricorso dell’amministrazione regionale, cassando la sentenza d’appello e respingendo la domanda originaria dei lavoratori. La Corte ha chiarito che la decisione dei giudici di merito era errata perché basata sull’applicazione di normative non pertinenti alla fattispecie.

In particolare, la Corte d’Appello aveva implicitamente fatto riferimento a meccanismi di maggiorazione della RIA previsti per altri comparti, come quello dei Ministeri (regolato dal d.P.R. n. 44 del 1990), che non potevano essere estesi ai dipendenti regionali. L’articolo 44 del d.P.R. n. 333 del 1990, norma specifica per il personale degli Enti Locali e delle Regioni, stabiliva chiaramente che l’incremento della RIA era calcolato sul servizio prestato fino al 31 dicembre 1988 e non oltre. Non esisteva alcuna clausola di salvaguardia o norma che consentisse di riconoscere ulteriori scatti per il biennio 1989-1990.

La Suprema Corte ha quindi affermato che ‘nessuno scatto era dovuto per il periodo 1° gennaio 1989 – 31 dicembre 1990, come erroneamente afferma la Corte d’Appello’. La ricostruzione normativa operata dalla Cassazione ha smontato il presupposto logico-giuridico su cui si fondava la pretesa dei lavoratori.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sull’interpretazione delle norme relative alla retribuzione individuale anzianità per i dipendenti del comparto Regioni ed Enti Locali. La decisione ribadisce un principio fondamentale: le normative contrattuali dei diversi comparti del pubblico impiego non sono intercambiabili e i benefici previsti per una categoria non possono essere automaticamente estesi ad altre. Per i lavoratori coinvolti, la sentenza comporta la definitiva reiezione delle loro richieste economiche. Per le amministrazioni pubbliche, rappresenta un importante precedente che cristallizza l’assetto retributivo legato alla RIA, impedendo rivendicazioni basate su interpretazioni analogiche non supportate dalla legge.

Perché la Cassazione ha respinto la richiesta dei dipendenti regionali sull’incremento della RIA?
La Corte ha respinto la richiesta perché la normativa specifica per il personale del comparto Regioni ed Enti Locali (d.P.R. n. 333/1990) non prevedeva alcun ulteriore incremento o ‘scatto’ della retribuzione individuale di anzianità per il servizio prestato dopo il 31 dicembre 1988.

Qual è stato l’errore commesso dalla Corte d’Appello?
L’errore della Corte d’Appello è stato quello di riconoscere il diritto all’incremento per il biennio 1989-1990, applicando erroneamente principi o normative (come quelle previste per il comparto Ministeri) che non erano pertinenti alla categoria dei dipendenti regionali, per i quali vigeva una disciplina specifica e diversa.

La decisione della Cassazione stabilisce che nessun dipendente pubblico aveva diritto a scatti RIA dopo il 1988?
No. La decisione si riferisce specificamente al personale del comparto Regioni ed Enti Locali, regolato dal d.P.R. n. 333/1990. Altri comparti del pubblico impiego, come quello dei Ministeri (regolato dal d.P.R. n. 44/1990), avevano normative diverse che potevano prevedere meccanismi di maggiorazione della RIA anche per periodi successivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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